2016-02-29 13:50:00

Caso Vendola. Livia Turco: mercificazione, figlio non è diritto


Fa discutere in Italia il caso Nichi Vendola. L’ex governatore della Regione Puglia ha annunciato la nascita del piccolo Tobia Antonio, che sarebbe nato dal “seme” del suo compagno Eddy Testa, da una donna californiana che ha fornito l’ovulo e da una donna indonesiana che l’ha partorito. La notizia arriva a pochi giorni dall’approvazione in Senato della legge sulle unioni civili e va ad intrecciarsi con il dibattito sull’annunciato ddl sulle adozioni. “Sorpresa e turbata” si dice Livia Turco, del Pd, storica esponente della sinistra italiana, oggi presidente della Fondazione “Nilde Iotti: le donne, la cultura, la società”. Paolo Ondarza l’ha intervistata:

R. – Nichi Vendola è una persona a cui voglio bene, perché è un "compagno" con tutto il senso che ha avuto questa parola in una grande storia politica, che ha vissuto con grande riserbo la sua omosessualità. Ha degli ideali forti: di giustizia, di eguaglianza, di riconoscimento della dignità femminile… E io rispetto profondamente il suo desiderio di paternità. E’ un uomo con forti valori di sinistra, è coerente con i valori della sinistra: in questo caso, lo sento un po’ meno coerente. Non riesco a condividere la sua scelta. Mi ha turbata, perché credo che ne venga in qualche modo stravolto il senso della maternità, della paternità e soprattutto del corpo femminile, così come io l'ho imparato dal femminismo.

D. – Perché lei è contraria all’utero in affitto?

R. – La maternità è una relazione umana, d’amore… Questa relazione umana in qualche modo viene stravolta, perché il figlio non lo crescerà la madre, perché il figlio lo cresceranno altri, perché c’è una distinzione tra “crescere” e “generare”. Il “generare” resta un mistero, una relazione specialissima con la creatura che si porta in grembo. Ci possono essere donne che generano e poi, per disperazione, nell’impossibilità di crescere il figlio lo lasciano in ospedale, ma è una cosa diversa, questa. Qui ci troviamo di fronte alla scelta di generare per altri: mi sembra che sia uno stravolgimento dell’identità, della differenza femminile e anche del valore della generazione.

D. – Nichi Vendola ha detto: “Uso provocatoriamente questo mio sogno contro la pigrizia della politica sul tema dei diritti civili”…

R. – Contesto a Vendola l’espressione “diritti civili”, perché avere un figlio non è un diritto: avere un figlio è una responsabilità e credo che ci sia una cultura dei diritti, albergata nella sinistra ma che non è figlia della sinistra; una cultura che ha banalizzato i diritti, che ha dimenticato che c’è prima di tutto una umanità. Perché “diritto” può anche significare “egoismo”, “egocentrismo”, “solipsismo”… Io preferisco parlare di dignità della persona, preferisco parlare di responsabilità: le sento molto di più parole della sinistra e le sento molto di più appropriate a quando si parla di maternità e di paternità. Io, per esempio, sono a favore delle adozioni da parte delle coppie omosessuali, se il giudice – come è già successo – valuta che l’interesse del minore sia stare con “quella” coppia. Ma il “crescere” è diverso dal “generare”; il mettere al mondo un figlio non è un diritto, non appartiene alla categoria dei diritti.

D. – Ritiene che quella per la maternità surrogata, quindi, non sia una battaglia della sinistra?

R. – Assolutamente non è una battaglia di sinistra…

D. – Lui parla di “una bellissima storia d’amore”…

R. – …ci sarà una bellissima storia d’amore, però resta il fatto che chi ha generato, ha generato un figlio che altri cresceranno, che non sarà figlio di quella donna. Nichi Vendola giustamente rivendica un suo desiderio personale, una sua vicenda personale. Però, questa vicenda personale diventerà simbolo e questo simbolo rischia di avvalorare una pratica che, se per alcuni, pochi, è storia d’amore, è dono, per la stragrande maggioranza è mercificazione e sfruttamento. E io mi sento di chiedere a quelli e a quelle che invece dicono di viverla come “dono” e come “storia d’amore” che in nome di una causa più generale, dovrebbero rinunciare, e non diventare complici di un fenomeno che invece è sfruttamento e mercificazione. Costa molto dire queste cose, perché sto parlando di una scelta di una persona e sulle scelte delle persone non sono mai abituata a sindacare; però, quando le scelte hanno questo rilievo pubblico e vengono da queste persone pubbliche, le persone si sottopongono anche a un giudizio. Quindi mi dovrà scusare Nichi Vendola se mi sono permessa di parlare della sua scelta: lo faccio con molto e profondo rispetto.








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