2016-02-24 12:41:00

Siria. Assad conferma la tregua. l'Is avanza verso Aleppo


In Siria, il regime di Assad si è detto pronto a rispettare il cessate-il-fuoco concordato per il 27 febbraio prossimo, mentre in video conferenza i leader di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania hanno ribadito il loro impegno per una transizione politica nel Paese. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

Febbrile il lavoro delle cancellerie di tutto il mondo per arrivare al cessate-il-fuoco mediato tra Russia e Stati Uniti per sabato prossimo in Siria. Il regime guidato da Bashar al Assad si è detto pronto a rispettare la tregua ad eccezione della lotta contro i jihadisti del sedicente Stato islamico (Is), al Nusra e le organizzazioni ad essi collegate. Oggi conferme in tal senso sono venute dal Cremlino, che ha riferito di una telefonata tra il presidente russo, Putin, e l'omologo siariano, Assad. Lo scenario attuale in Siria vede i bombardamenti della coalizione internazionale contro i ribelli assieme all’offensiva di terra dell’esercito siriano in quasi tutto il nord del Paese. In questo quadro di devastazione, l’Is avanza anche verso Aleppo. Oltre 270 mila i morti in cinque anni di conflitto, migliaia gli scomparsi, 11 milioni i profughi interni ed esterni al Paese. E ieri in videoconferenza il presidente Usa, Barack Obama, il premier britannico, David Cameron, il presidente francese, Francois Hollande, e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, hanno fatto il punto sulla crisi, ribadendo il loro impegno per una transizione politica, sottolineando l'importanza della missione Nato e il coordinamento tra Grecia e Turchia per gestire il flusso dei migranti verso l'Europa.

Sulla tregua di sabato abbiamo raccolto il commento di Pietro Batacchi, direttore di Rivista Italiana Difesa:

R. – E’ una tregua a metà, se non a un quarto: nel senso che uno dei nodi del contendere – che è stato tale negli ultimi mesi – è stato proprio quello di identificare che cosa sia terroristico oppure no. Non dimentichiamoci che, oltre appunto allo Stato islamico e ad al-Nusra, che rappresenta il braccio ufficiale di al-Qaeda in Siria, ci sono altri gruppi radicali che, soprattutto nella provincia di Idlib, intorno ad Aleppo, combattano al fianco di al-Nusra e che sono altrettanto radicali, ma che sono supportati da Turchia e da Arabia Saudita: mi riferisco in particolare ad al-Aralsham. Per cui, se nell’intenzione di Assad c’è quella di continuare a combattere questi gruppi, credo che si vada poco lontano. Come si può andare poco lontano se i ribelli siriani continuano a chiedere come precondizione per negoziare l’uscita di scena di Assad, che adesso non è una opzione credibile.

D. – Secondo lei, ci sono anche delle realtà sotterranee che tengono vivo questo conflitto, oltre alla complessità che si riesce a vedere?

R. – Questo è un conflitto che si gioca su più livelli, quello locale e poi quello regionale e internazionale. Quello regionale con il grande conflitto tra Arabia Saudita, Iran e in parte Turchia e quello internazionale con la contrapposizione tra Occidente e Russia e soprattutto tra Turchia e Russia, che oggi è probabilmente una delle variabili più importanti per leggere e capire il conflitto siriano.

D. – Ieri, la telefonata tra Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e Germania: si è parlato anche di una transizione politica in Siria. Che significa, questo, concretamente?

R. – Ho la sensazione che, in qualche misura, i Paesi europei e l’Occidente restino prigionieri delle proprie scelte compiute soprattutto nel 2013 e negli scorsi anni, quando si pensava che Assad dovesse cadere da un momento all’altro e si faceva dell’uscita di scena di Assad il punto centrale di ogni approccio e di ogni politica sulla Siria. Oggi non è così. Assad ha recuperato terreno, è stato rafforzato dall’intervento russo e non si può parlare come ho detto – almeno in questo momento – di uscita di scena di Assad. Si può parlare di un percorso, un percorso politico che in qualche misura può portare nel prossimo futuro e nei prossimi mesi anche alla sua uscita di scena. Ma pensare che la questione siriana si risolva se Assad se ne va, sarebbe un errore. Questa guerra che si avvia a entrare nel quinto anno è un conflitto feroce e soprattutto di una complessità senza precedenti.








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