2016-02-21 13:33:00

L'incontro tra Francesco e Kirill in un convegno di Civiltà Cattolica


Lo storico incontro e l’abbraccio tra Papa Francesco e il patriarca di Mosca Kirill, lo scorso 12 febbraio a Cuba, rappresentano una tappa intermedia nel cammino delle due Chiese, le cui relazioni hanno radici nel passato. Di questo evento, ricordato anche da Papa Francesco all’Angelus, si è discusso ieri in una tavola rotonda organizzata dalla rivista dei Gesuiti “Civiltà Cattolica”. Il servizio di Elvira Ragosta:

Una tappa preparata a lungo, quella che ha portato all’abbraccio fraterno tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill, e simbolica anche perché avvenuta a Cuba, isola-ponte tra Nord e Sud e tra Est e Ovest, e che ha avuto come cornice una sala dell’aeroporto cubano, un “non luogo antropologico” del Nuovo Mondo, sottolinea padre Antonio Spadaro, direttore di “Civilità Cattolica”, e una tappa intermedia, appunto, all’interno di un cammino aperto al futuro nel dialogo tra cattolici e ortodossi:

R. - I cristiani – in questo caso, appunto, i cattolici e gli ortodossi – hanno preso consapevolezza, insieme, della peculiarità di questo momento. In fondo è la storia, le urgenze della storia, che hanno fatto sì che il Vescovo di Roma e il Patriarca di Mosca si siano incontrati. Quindi è proprio questa storia, una storia fatta anche di persecuzioni – e quindi questa testimonianza comune del sangue – che ha fatto nascere l’esigenza di un “‘ecumenismo del sangue”, che è un ecumenismo di base, che porta i cristiani a unirsi, al di là di tutte le differenze.

D. – E al di là di tutte le differenze, si è ricordato quanto l’incontro sia stato più importante della Dichiarazione, seguita poi…

R. – La Dichiarazione evidentemente è una tappa importante, però l’incontro – cioè l’abbraccio – è veramente l’evento storico. Il fatto che questi due grandi leader cristiani si siano abbracciati è una sorta di icona, è diventato un segno, un segno profetico, di speranza, per tutti gli uomini di buona volontà. Il documento è importante, ma evidentemente è frutto di una mediazione. Lo slancio profetico, però, sono quelle mani che, oltre che scrivere, si sono anche abbracciate.

Sulla conversazione fraterna tra Papa Francesco e il patriarca Kirill si sofferma padre David Nazar, rettore del Pontificio Istituto Orientale, che sottolinea l’importanza di questa porta aperta verso il futuro delle relazioni tra le due Chiese e il profondo significato ecumenico dell’incontro:

R. – La porta è già aperta: non si può tornare più nel passato! La sola possibilità è quella di avanzare la conversazione.

D. – Una fraternità tra cristiani che, dal punto di vista spirituale, come lei sottolineava, esiste già, anche se ci sono delle differenze teologiche…

R. – Sì, è vero. Quando parliamo di ecumenismo molto spesso pensiamo a dei leader che creano un ecumenismo giuridico. Io direi che questo è, invece, l’ultimo punto. La fraternità cristiana è molto più importante di una unificazione – diciamo - giuridica. E si vede come in altri Paesi– ad esempio in Canada, in Inghilterra e negli Stati Uniti – una collaborazione ecumenica faccia molto cose, con la possibilità di avere una comunità internazionale cristiana, che può parlare dei problemi globali. Potrebbe essere una cosa meravigliosa, ma senza una unificazione giuridica..

Un incontro importante, ricorda padre Germano Mariani, docente di Teologia orientale e Missiologia, che ha visto i due protagonisti alzarsi insieme dalla nebbia delle difficoltà che permangono tra le due Chiese, ma che ha consentito loro di guardare oltre le creste di queste difficoltà:

R. – Guardare il Medio Oriente, guardare l’Europa, guardare la famiglia e la famiglia è uno dei punti chiave su cui sia gli ortodossi che i cattolici si stanno orientando per vedere se è possibile lavorare insieme. Dunque credo che sia molto importante il guardare fuori, insieme, per poter immaginarsi una possibile area di collaborazione.

D. – Una necessità storica, dunque?

R. – Una necessità, certamente. Io credo in Papa Francesco un desiderio forte, un incontro voluto, cercato, senza condizioni come dicevo e quindi anche una esigenza interiore  in un certo senso, sana, quella dell’incontro;  e l’altra certamente le condizioni esterne, quelle storiche, che in questo momento stiamo vivendo nel Mediterraneo, in Europa, in Eurasia… Credo che tutti questi focolai di guerra, più o meno indentificati o in avvenire, siano stati certamente una delle motivazioni per questo incontro. Probabilmente la più importante.








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