2016-02-18 14:01:00

Attentato ad Ankara: accusati i curdi. Nuovo attacco nel sud: 7 morti


La Turchia considera il regime di Damasco  "direttamente responsabile" dell'attentato che ieri sera ad Ankara ha provocato 28 morti e accusa i curdi siriani come esecutori materiali della strage. Immediata la risposta dei leader curdi siriani che rigettano  le accuse e mettono in guardia Ankara su eventuali operazioni di terra in Siria. Il servizio di Marco Guerra:

Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha puntato il dito contro i curdi dell'Ypg e del Pkk, indicandoli come responsabili dell'attentato compiuto ad Ankara. In un discorso trasmesso dalla tv turca, il Capo dello Stato ha dichiarato di non credere alle dichiarazioni dei leader delle due organizzazioni curde, considerate da Ankara alla stregua di gruppi terroristi, che hanno negato qualsiasi coinvolgimento con la strage. Erdogan ha poi fatto sapere che "sono state arrestate 14 persone e ci saranno altri arresti" in relazione all’attacco di ieri sera. E poco prima il premier turco Davutoglu aveva parlato anche di un coinvolgimento di Damasco. Intanto, in mattinata si sono registrate nuove violenze: almeno sette soldati turchi sono rimasti uccisi nell'esplosione che ha colpito un convoglio, nel sud-est del Paese a maggioranza curda. Mentre L'aviazione turca ha condotto una serie di raid contro le basi dei ribelli del Pkk in Iraq. Infine media locali riferiscono di 2000 miliziani dell'opposizione siriana appoggiati da Ankara ed entrati in Siria dalla Turchia per combattere contro i curdi. Sulle accuse avanzate dalla Turchia sentiamo il commento di Alessandro Politi, analista esperto dell’area:

R. – Da una parte, ci sono delle reazioni automatiche che portano ad accusare sempre i curdi. Ma è molto probabile che questa bomba, chiunque l’abbia messa, sia un messaggio dissuasivo per evitare una escalation militare in Siria, quindi per evitare l’invio di truppe di terra. Che alcune persone, poi, mettano le bombe e altre mandino il messaggio in chiaro, è storia comune, non dico solo nel terrorismo, ma nella politica.

D. – La Turchia, da giorni bombardava le postazioni curde in Siria. L’attentato nella capitale turca può essere una risposta?

R. – In linea teorica sì, ma i curdi siriani sanno benissimo che una bomba ad Ankara non cambia assolutamente nulla dal punto di vista politico del governo turco. Mentre un attentatore che ha una posta in gioco molto più alta e anche più mezzi per mettere in atto le sue strategie dissuasive, potrebbe avere maggiore interesse.

D. – Chi può esserci, quindi, veramente, dietro questo attentato?

R. – L’accusa turca è molto immediata, quindi o hanno delle fonti molto buone o è un’intuizione politica che va verificata. Potrebbe essere un attentato siriano, però la scena mediorientale è piena di attentatori che non dicono il loro nome, non mostrano il loro volto, ma le cui bombe o i cui attacchi hanno poi delle conseguenze politiche concrete.

D. – Sullo sfondo delle nuove violenze in Turchia, resta il caos siriano. La guerra civile, oltre confine, è ormai entrata in territorio turco?

R. – No, non per ora. Ci sono degli attentati sanguinosi, ma ancora molto limitati, non c’è una campagna di attentati. E’ precisamente lo scopo di molti di questi attentati o almeno di alcuni: evitare che ci sia un’estensione, un allargamento delle violenze oltre la frontiera turco-siriana, in direzione turca.

D. – Poi ci sono Russia e Stati Uniti che continuano ad appoggiare i miliziani curdi che combattono contro lo Stato Islamico. Questo è destinato a far alzare le tensioni con Ankara. Come se ne esce?

R. – Le tensioni con Ankara ci sono già e dureranno fino a quando ci sarà una guerra civile in Siria e fino a quando soprattutto Ankara non deciderà di trovare una soluzione politica al suo problema curdo all’interno. Più passa il tempo, più si rischia di perdere un’occasione preziosa, di chiudere questo lunghissimo dossier.

D. – Quindi, diciamo che la questione curda è l’ennesimo dossier di questo scacchiere complesso in Siria e in Medio Oriente…

R. – La questione curda è semplicemente la questione della cattiva gestione di una rivendicazione che va dall’identitario al separatista. Sarebbe opportuno seguire l’esempio italiano, che ha già gestito senza troppi problemi tre separatismi. Altrimenti abbiamo le storie infinite, come in Corsica, come nei Paesi Baschi, come in Irlanda del Nord, come nei territori curdi.








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