2016-02-18 19:03:00

14 arresti per l'attentato ad Ankara. Erdogan accusa i curdi-siriani


E’ stato di massima allerta in Turchia all’indomani del sanguinoso attacco ad Ankara che ha provocato la morte di 28 persone e il ferimento di altre 61. Il governo turco punta il dito contro i curdi-siriani del Ypg, schieramento vicino al Pkk, che però respingono le accuse, e ammonisce: gli attentati sono la prova del legame dei curdi con Damasco. Dall’Ue la condanna unanime contro tutti gli atti di terrore. Cecilia Seppia

Il presidente Erdogan aveva promesso il pugno duro contro i responsabili dell’attacco di ieri ad Ankara, e così ha fatto. 14 arresti, in 7 diverse province della Turchia e l’accusa ai curdi-siriani di essere responsabili della strage, accusa subito respinta al mittente. Pkk e Ypg ha detto il capo di stato possono negare finché vogliono ma tutte le informazioni dell’intelligence riconducono a loro, sono delle organizzazioni terroristiche. Altra forte risposta del governo turco è stata la chiusura definitiva ai viaggiatori del valico di frontiera tra Suruc e Kobane. Intanto, a più voci si sollevano lo sdegno e la denuncia della comunità internazionale. Mosca in testa, chiede di far fronte comune contro il terrorismo, mentre da Roma il ministro degli Esteri Gentiloni allarga lo sguardo al clima in Europa e ribadisce: la minaccia contro la quale dobbiamo combattere è ancora più seria.  In tutto il Paese è stato di massima allerta, in particolare ad Istanbul e all’aeroporto internazionale di Ataturk. In mattinata infatti un nuovo attentato sulla strada che collega Diyarbakir e Bingol ha raggiunto un convoglio militare, 2 i poliziotti morti in scontri nel Sud-Est  tra i soldati di Ankara e i militanti del Pkk, bombardati dai jet turchi anche sul fronte iracheno.

Sulle accuse avanzate dalla Turchia sentiamo il commento di Alessandro Politi, analista esperto dell’area, raccolto da Marco Guerra

R. – Da una parte, ci sono delle reazioni automatiche che portano ad accusare sempre i curdi. Ma è molto probabile che questa bomba, chiunque l’abbia messa, sia un messaggio dissuasivo per evitare una escalation militare in Siria, quindi per evitare l’invio di truppe di terra. Che alcune persone, poi, mettano le bombe e altre mandino il messaggio in chiaro, è storia comune, non dico solo nel terrorismo, ma nella politica.

D. – La Turchia, da giorni bombardava le postazioni curde in Siria. L’attentato nella capitale turca può essere una risposta?

R. – In linea teorica sì, ma i curdi siriani sanno benissimo che una bomba ad Ankara non cambia assolutamente nulla dal punto di vista politico del governo turco. Mentre un attentatore che ha una posta in gioco molto più alta e anche più mezzi per mettere in atto le sue strategie dissuasive, potrebbe avere maggiore interesse.

D. – Chi può esserci, quindi, veramente, dietro questo attentato?

R. – L’accusa turca è molto immediata, quindi o hanno delle fonti molto buone o è un’intuizione politica che va verificata. Potrebbe essere un attentato siriano, però la scena mediorientale è piena di attentatori che non dicono il loro nome, non mostrano il loro volto, ma le cui bombe o i cui attacchi hanno poi delle conseguenze politiche concrete.

D. – Sullo sfondo delle nuove violenze in Turchia, resta il caos siriano. La guerra civile, oltre confine, è ormai entrata in territorio turco?

R. – No, non per ora. Ci sono degli attentati sanguinosi, ma ancora molto limitati, non c’è una campagna di attentati. E’ precisamente lo scopo di molti di questi attentati o almeno di alcuni: evitare che ci sia un’estensione, un allargamento delle violenze oltre la frontiera turco-siriana, in direzione turca.

D. – Poi ci sono Russia e Stati Uniti che continuano ad appoggiare i miliziani curdi che combattono contro lo Stato Islamico. Questo è destinato a far alzare le tensioni con Ankara. Come se ne esce?

R. – Le tensioni con Ankara ci sono già e dureranno fino a quando ci sarà una guerra civile in Siria e fino a quando soprattutto Ankara non deciderà di trovare una soluzione politica al suo problema curdo all’interno. Più passa il tempo, più si rischia di perdere un’occasione preziosa, di chiudere questo lunghissimo dossier.

D. – Quindi, diciamo che la questione curda è l’ennesimo dossier di questo scacchiere complesso in Siria e in Medio Oriente…

R. – La questione curda è semplicemente la questione della cattiva gestione di una rivendicazione che va dall’identitario al separatista. Sarebbe opportuno seguire l’esempio italiano, che ha già gestito senza troppi problemi tre separatismi. Altrimenti abbiamo le storie infinite, come in Corsica, come nei Paesi Baschi, come in Irlanda del Nord, come nei territori curdi.








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