In Grecia cresce il malcontento popolare contro le misure di austerity imposte dal governo Tsipras, in linea con le richieste dell’Unione Europea per fronteggiare la crisi economica. Proprio oggi il presidente della Commissione europea, Claude Juncker, riceve a Bruxelles il capo dell’esecutivo ellenico. Intanto Atene continua a fronteggiare l’emergenza immigrazione di fronte al continuo arrivo di migranti che scelgono la rotta balcanica per raggiungere l’Europa. Sulla situazione greca, Giancarlo La Vella ha intervistato Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana:
R. – La Grecia è un Paese che avrebbe bisogno del consenso della popolazione per affrontare questa crisi, che può richiedere misure molto drastiche e i sacrifici non trovano mai il sostegno della gente che soffre. Tutto questo, inoltre, è aggravato dall’arrivo di queste masse di migranti, un impegno pesantissimo per un Paese in quella condizione. In più, la Grecia avrebbe bisogno di trovare un appoggio dagli altri Paesi europei. Invece si ritrova in questo momento ad essere messo sotto accusa in Europa.
D. - Sganciare anche parzialmente la Grecia dagli impegni europei alleggerirebbe un po’ la situazione?
R. - Il problema è che sembra più probabile il contrario: cioè che l’Europa sganci la Grecia dai privilegi europei; si parla di una sospensione dal Trattato di Schengen, ma questa è una misura molto controversa, perché si teme che, una volta tolto un anello alla catena di Schengen, poi tutta questa possa cedere. Si ha quasi la sensazione che si voglia abbandonare la Grecia al suo destino e, a questo punto, trasformarla in una specie di gigantesco campo profughi, perché gli altri Paesi si attrezzerebbero per chiudere le frontiere e Atene rimarrebbe da sola a fronteggiare l’ondata migratoria.
D. - Di fatto, tutto il peso della crisi sta gravando sulla popolazione. Il tenore di vita è ormai ai minimi. Questo come è potuto avvenire in un Paese che fa parte del panorama europeo?
R. - Credo che la crisi della Grecia stia dentro anche alla grande crisi dell’Europa, nel senso che non è possibile che un Paese con 10 milioni di abitanti non possa essere sorretto e guidato fuori dalla crisi da un’Unione Europea che ha 500 milioni di abitanti e che è probabilmente la zona più benestante del mondo. Credo che l’Europa non è mai stata così divisa. C’è da domandarsi onestamente se l’Unione Europea, come la intendiamo, esista ancora.
D. - Che significato hanno queste proteste contro Tzipras, che era stato il paladino della grande opposizione nei confronti dell’austerity richiesta da Bruxelles?
R. - Tzipras ad un certo punto, circa un anno fa, ha fatto uscire dal governo il ministro Varoufakīs e si è allineato con le ricette della cosiddetta Troika. Da quel momento ovviamente ha dovuto sposare un tipo di impostazione economica basato sull’austerity. Naturalmente manca la controprova, ovvero se l’uscita della Grecia dell’Euro avrebbe prodotto qualche risultato positivo o non avrebbe piuttosto aggravato il disastro. Resta il fatto che Tzipras ha deciso di sposare una politica molto dura verso i cittadini ed ora ne sconta le conseguenze politiche. D’altra parte la sua stessa maggioranza in parlamento è legata a due voti. Quindi la situazione è veramente fragilissima.
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