2016-02-16 15:19:00

Nasce a Roma la task force dei "Caschi blu della cultura"


Sono nati a Roma i "Caschi Blu della Cultura", una task force per difendere i beni archeologici patrimonio dell’umanità, perché non si ripetano più le devastazioni di Palmira, Nimrud o Ninive. Nato sotto l’egida dell’Onu, dell’Unesco e del Ministero dei beni e delle attività culturali italiano, lo “Unite for Heritage” (questo il nome ufficiale del progetto) avrà la sua base operativa a Torino e sarà formato da carabinieri e civili italiani con la missione di intervenire in situazioni di guerra e di disastri naturali, con compiti di formazione e supporto ai governi locali, ma anche operativi a protezione del patrimonio minacciato da atti terroristici. Stefano Pesce ha seguito la conferenza stampa di presentazione dove ha intervistato Silvia Costa, presidente della Commissione cultura al Parlamento europeo, tra le ideatrici del progetto “Unite for Heritage”:

R. – Dopo i primi devastanti attacchi intenzionali al patrimonio culturale, per primi chiedemmo in Europa che ci fosse la definizione di crimini contro l’umanità e non di crimini di guerra. Lì parlammo – come li avevamo chiamati nell’ambito della nostra risoluzione dei “Blue Shields” – di “Scudi blu” e il senso era proprio quello di una task force che potesse affiancare, prevenire, dare indicazioni ai siriani e in questo caso agli iracheni archeologi sul posto. Noi abbiamo bisogno di lavorare anche con loro. E questa era un po’ l’idea…

D. – Fattivamente sul campo quale sarà l’operato dei “Caschi blu della cultura”?

R.  – Non sono certamente interventi durante i conflitti. Non è una task force, perché allora ci sono anche i Caschi blu dell’Onu che dovrebbero muoversi… C’è una doppia idea: che i “Caschi blu della cultura” facciano parte integrante dei Caschi blu dell’Onu; e - secondo - che altri Stati membri, nel prossimo Consiglio dei ministri della cultura europei, si pronunciano a favore, anche loro, della creazione di task force nazionali. Quindi cominciamo dall’Europa a dare il buon esempio.

D. – Sarà possibile, secondo lei, evitare in futuro il ripetersi di episodio come Palmira, come Nimrud?

R. – No, finché noi non creeremo gli anticorpi rispetto a  questa visione devastante e devastata dell’umanità. Uccidere le persone e distruggere il loro patrimonio culturale sono due facce della stessa medaglia, perché è l’umanità che viene travolta. Questa credo che sia la prima cosa. L’altra, invece, è quella di sconfiggere insieme chi è portatore di questo tipo di ideologia. Quindi per questa ragione noi abbiamo chiesto che ci sia un rafforzamento nell’ambito delle politiche della difesa e della sicurezza anche del dialogo interculturale.

D. – Avete già un’idea di quali saranno i siti in cui verranno impiegati questi Caschi blu?

R. - Faccio un esempio: qui esiste una associazione che io trovo interessantissima, che è quella dei “Restauratori senza frontiere”. Allora, attraverso questi accordi, bisogna valorizzare tutte quelli reti che ci sono e che stanno aiutando anche chi – magari cercando di nascondersi – sta cercando questo tipo di censimento, questo tipo di prevenzione in loco, come lo fece il povero Khaled Assad, il famoso archeologo ucciso a Palmira. Oggi ci sono molti luoghi a rischio, anche perché si sta allargando sulla Libia e noi sappiamo là cosa ci sia;  purtroppo Aleppo è stata in parte distrutta, ma ci sono lì vicino altri reperti; ci sono sicuramente altre zone, io penso più ai confini, che sono in qualche modo dentro questa cosa. Penso adesso all’Italia che aiuterà per la Diga di Mosul: questo è un altro modo per proteggere. Quindi fare insieme una mappatura, condividerla, avere delle risorse e mettere in protezione prima questi beni potrebbe essere la prima cosa da fare. 








All the contents on this site are copyrighted ©.