2016-02-16 11:18:00

Kosovo. 8° anniversario dell'indipendenza: 2016 anno difficile


Il Kosovo celebral’ottavo anniversario dell’indipendenza dalla Serbia, presentandosi alla ricorrenza con gravi problemi di corruzione e disoccupazione e con migliaia di giovani che tentano la fuga con l'emigrazione. Il malcontento si riflette anche nelle manifestazioni dell’opposizione che sta ostacolando da mesi la classe politica al lavoro su un accordo che prevede l’associazione di comuni serbi in territorio kosovaro. Ma la realtà è ben più complessa, come spiega Francesco Martino corrispondente dal Kosovo, dell’Osservatorio Balcani-Caucaso, nell’intervista di Gabriella Ceraso:

R. – Il Kosovo in questo momento è un Paese che si trova in uno stallo istituzionale, proprio per questo scontro che può essere letto su due piani profondamente intrecciati. C’è la motivazione ufficiale per cui la costituzione di un’associazione di municipalità, secondo l’opposizione, creerà un’area che si contrappone al governo centrale. Al tempo stesso, però, quest’azione di contrasto forte al governo è diretta contro l’élite che oggi amministra il Kosovo, e che viene vista, non soltanto dall’opposizione, come una élite che non è stata capace di rispondere alle grandi aspettative nei confronti di uno Stato che si è reso indipendente 8 anni fa. Molti dei problemi che i kosovari erano costretti ad affrontare prima non sono cambiati. Parliamo soprattutto dello stato dell’economia, del grado di sviluppo sociale del Paese che rimane a livelli - direi - molto preoccupanti .

D. – Dunque una classe politica che sicuramente serve a livello di gestione dei rapporti geopolitici, ma internamente non è capace e per altro quest’anno rischia ancora di più…

R. – Sì,quest’anno dovrebbe partire l’attività della Corte Speciale per i presunti crimini commessi da personaggi di spicco dell’UÇK – l’Esercito di liberazione del Kosovo – durante e dopo il conflitto del 1999. Buona parte della leadership dell’UÇK oggi combacia con la leadership politica. Resta da vedere ora quali nomi verranno inclusi nella lista degli imputati, ma di certo ci saranno riflessi politici importanti quest'anno. Si parla addirittura di una possibile imputazione per Hashim Thaçi, che nel 2008 dichiarò l’indipendenza del Paese.

D. – Guardando alla vita nel Paese: secondo la Banca Mondiale la disoccupazione colpisce circa il 40% della popolazione, e anche secondo gli ultimi dati la fascia dei trentenni soffre…

R. – C' è un dato che credo sia sufficiente a mostrare quanto sia in difficoltà il Paese dal punto di vista economico. Questo lo dimostra già il fatto che, con un picco nell’autunno tra il 2014 e il 2015, decine di migliaia di persone sono fuggite dal Paese, e hanno tentato di raggiungere l’Europa centrale, soprattutto la Germania, chiedendo asilo politico.

D. – Quindi non c’è guerra in Kosovo, ma c’è un’emorragia “come se” ci fosse una guerra?

R. – Si tratta di un fenomeno legato a doppio filo con il fatto che il Kosovo è oggi l’unico territorio dei Balcani che rimane fuori dalla lista bianca di Schengen. I kosovari sono cioè gli unici europei del Sud-Est Europa che ancora devono richiedere un visto per poter entrare nello spazio Schengen. Quindi, sono dal loro punto di vista costretti a fare escamotage diversi, tra cui la richiesta dell’asilo politico. Però, questo fatto che il Kosovo sia l’unico Paese fuori dalla lista bianca la dice lunga anche sul rapporto e sul tipo di fiducia che oggi esiste tra il Kosovo stesso e l’Unione Europea.

D. – Infatti, l’osservazione che viene da fare è: ma a livello di riconoscimento, europeo ed internazionale, a che punto siamo nei confronti di questo Paese?

R. – Cambiamenti radicali negli ultimi anni non ci sono stati. Il grosso problema del Kosovo, che oggi è riconosciuto da più di 100 Paesi a livello internazionale, è che il Paese non può relazionarsi vis-à-vis con l’Unione Europea nel suo complesso, perché cinque Paesi dell’Unione continuano a considerarlo una provincia della Serbia. E quindi c’è bisogno di un atteggiamento particolarmente fluido e flessibile per fare in modo che l’Ue, che pure ha la sua più grande missione all’estero proprio in Kosovo, possa relazionarsi con questo territorio.  








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