2016-02-16 14:00:00

Draghi: più investimenti e meno tasse per favorire la ripresa


Presa di posizione contro l’austerità da perte del presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi. Ieri, in un discorso al Parlamento europeo ha invitato i Paesi dell’Unione a sostenere la ripresa attraverso investimenti pubblici e tassazione bassa. Una visione economica che ha fatto volare gli indici delle Borse europee ma che continua ad avere delle resistenze negli Stati membri, malgrado i 300 miliardi di Euro di investimenti potenzialmente disponibili dal "piano Juncker". Per un commento sul discorso di Draghi, ascoltiamo Carlo Altomonte, docente di Politiche economiche all’Università Bocconi di Milano, al microfono di Michele Raviart:

R. – C’è un ostacolo culturale legato al fatto che in Germania prevale l’idea che i bilanci pubblici debbano essere comunque sempre in pareggio e non si debba mettere a rischio la stabilità finanziaria, anche in fasi di rallentamento del ciclo economico. Questo, però, sappiamo ormai essere valido nel medio periodo, ma non nel breve periodo. D’altro canto, posto che io abbia stanziato garanzie per 60 miliardi che ne attivano 300 di spesa pubblica, quali progetti finanzio? Faccio l’autostrada tra Monaco di Baviera e Berlino o il ponte sullo Stretto di Messina? Finanzio le piccole e medie imprese o la ricerca di punta delle grandi? Questo rischia di essere un tema politico. Per cui penso che la chiamata di Draghi sia proprio per dire: “Attenzione! Non perdete tempo nel dibattito politico su dove debbano andare i soldi, iniziate a spenderli”.

D. – Draghi ha sostanzialmente ribadito che la Bce farà tutto quello che è necessario per sostenere eventuali politiche di questo tipo. Che cosa implica a livello pratico?

R. – Sta già facendo tanto e può continuare a farlo almeno da tre punti di vista: può estendere ulteriormente l’orizzonte dei suoi interventi e quindi dire che continuerà a farlo in maniera illimitata temporalmente; potrebbe annunciare un’accelerazione del programma di acquisti e a quel punto però bisogna capire che cosa andrà a comprare, perché verosimilmente non potrà comprare solo debito pubblico, perché gli attivi soprattutto sul debito tedesco sono ormai sotto zero; infine, potrebbe ulteriormente ridurre il tasso di deposito, mandandolo ancora più in negativo. Attualmente, come sappiamo, se una banca vuole depositare dei soldi presso la Bce, deve pagare alla Bce dei soldi per questo servizio. E la Bce, in realtà, potrebbe ulteriormente aumentare quest’onere. 

D. – Il settore bancario – è stato detto – è più resistente agli shock rispetto all’ultima grande crisi del 2008. Quanto influisce la nuova normativa sul salvataggio pubblico delle banche e, in generale, i nuovi provvedimenti sulle banche fatti dall’Europa?

R. – La nuova normativa ha obbligato il settore bancario ad essere magari meno profittevole. Questo lo rende, però, molto più stabile, molto più “tradizionale” in termini di attività. Se una banca va in difficoltà e non riesce a ricapitalizzarsi sul mercato, chi salva la banca saranno i suoi azionisti-obbligazionisti, cioè chi ha investito nella banca stessa. Questa cosa è stata messa in piedi proprio per impedire che fossero i cittadini, con le loro tasse, a salvare il sistema bancario. Quindi le banche si “salvano” da sole. Il problema diventa più complicato quando un sistema bancario è in crisi. A quel punto è difficile immaginare che un sistema bancario, che è in crisi tutto, abbia le risorse necessarie per salvarsi tutto da solo. Quindi lì il rischio ovviamente è che possano venire coinvolti anche parte dei creditori della banca, che sono i depositanti. Non i depositanti, come sappiamo, sotto i 100 mila euro, che sono sempre costituzionalmente garantiti in qualunque Stato membro, ma i depositanti sopra i 100 mila euro.  Questo evidentemente crea un margine di incertezza, che oggi i mercati finanziari stanno in parte scontando e che è figlio del fatto che l’Unione bancaria europea è ancora imperfetta.

D. – Draghi ha detto che la Bce sta valutando la possibilità di togliere dal mercato le banconote da 500 Euro. Perché? Quali sono i rischi?

R. – La scusa ufficiale è che quella è la valuta preferita dai grandi riciclatori di denaro, dalla criminalità, perché nel mondo è la seconda valuta di taglio più importante. Il taglio più importante sono i mille franchi svizzeri. In realtà, se ci pensiamo, se togliamo tutte le banconote da 500 Euro, togliamo via dalla circolazione il 60 per cento della base monetaria. Questa verrebbe sostituita con banconote di valore diverso e questo ci consentirebbe in qualche modo di alterare la velocità di circolazione della moneta - perché le banconote di taglio più piccolo girerebbero più velocemente - e quindi è come se facessimo un’ulteriore politica monetaria espansiva e non convenzionale.








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