2016-02-11 16:32:00

Mons. Zuppi: divieto benedizioni nelle scuole è "laicità da laboratorio"


Niente benedizioni pasquali in una scuola bolognese. E’ quanto ha deciso il Tar dell’Emilia-Romagna, accogliendo il ricorso presentato da alcuni insegnanti e genitori. E' stata così annullata la delibera con cui il consiglio d’istituto di Bologna aveva autorizzato le benedizioni pasquali. Per i giudici la scuola “non può essere coinvolta nella celebrazione di riti religiosi”, attinenti “unicamente alla sfera individuale di ciascuno”. Su questa controversa decisione del Tar, Amedeo Lomonaco ha intervistato l’arcivescovo di Bologna mons. Matteo Zuppi:

R. – E’ una decisione che, veramente, lascia un po’ di amaro. Innanzitutto perché la richiesta era stata approvata dal Consiglio di istituto, quindi in assoluta laicità. Il Consiglio d’Istituto aveva approvato a stragrande maggioranza la benedizione che era fuori dall’orario scolastico e riguardava soltanto le persone che la gradivano. Come per tanti aspetti c’è una presenza del fatto religioso anche nell’educazione, quindi nel buon senso si trovano le soluzioni.

D. – C’è anche da dire che questa interpretazione di laicità si fonda sull’assenza di confronto, sulla mancanza di un dialogo, anche su divieti. Anche i valori religiosi vengono sempre più spesso offuscati da spinte secolariste …

R. – A me sembra che questo concetto di laicità sia un concetto di laicità da laboratorio. La laicità seria tiene conto, ovviamente, del contesto, dell’umanesimo, della storia; non c’è nessuna intenzione, da parte della Chiesa di Bologna, di mettere in discussione la laicità. Non vorrei che ci sia un’idea di laicità, al contrario, che dimostri un’avversità, un fattore anti-religioso e questo non sarebbe affatto laico …

D. – Si deve anche ricordare che in Italia, a Natale, in una scuola sono stati vietati presepe e canti natalizi. Recentemente sono state nascoste delle statue per non urtare la sensibilità del presidente iraniano Rouhani. Ora si annullano anche le benedizioni pasquali. Perché questo attacco sempre più forte contro il patrimonio religioso e anche culturale dell’Italia?

R. – Io sarei più cauto. Molte volte ci sono episodi che fanno più rumore, ma non si avverte questo sentimento conflittuale. Certamente, ci sono dei segnali di cui bisogna tener conto, anche perché dovremo sempre di più imparare a vivere al plurale, sempre più imparare a vivere laicamente in una presenza anche – tra l’altro – di diverse religioni. Credo che la laicità in Italia significhi anche non ignorare o escludere il fatto religioso, non ridurlo ad un fatto meramente individuale – questo è il vero pericolo – ma viverlo così com’è, anche, con le interazioni con la vita collettiva, con la società.

D. – In questo contesto, quale risposta possono dare, in particolare, le comunità cristiane?

R. – Quella di continuare nel rispetto delle regole, di continuare a credere che la religione non sia soltanto un fatto individuale, ma pienamente nel rispetto di quella laicità che la Chiesa ha fatto propria e nella quale intende continuare la sua indispensabile - a mio parere - funzione sociale.








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