2016-02-04 13:54:00

Mamma e papà sono fondamentali. La parola agli esperti


Prosegue la discussione al Senato sulle unioni civili, mentre è acceso il dibattito nella comunità scientifica. Il presidente della società italiana di pediatria Corsello ha parlato di “possibili danni per i figli in una famiglia omosessuale”. Di diverso avviso il presidente della società italiana di psichiatria Mencacci secondo il quale” ciò che conta è la capacità affettiva dei genitori. Paolo Ondarza ha intervistato il prof. Alberto Villani, vicepresidente della Società Italiana di Pediatria:

R. – Non sono stati condotti degli studi sufficientemente numerosi e lunghi per poter esprimere un parere definito. Va ribadito però che il professor Corsello, presidente della Società Italiana di Pediatria, ha detto quello che credo sia importante dire, ossia che va salvaguardata la figura del bambino; come pediatri non possiamo da un lato dire, ad esempio, che l’allattamento materno svolge un ruolo fondamentale e poi negare il ruolo della madre. Quindi la madre non può essere importante solo quando allatta o solo quando c’è la gestazione. Da anni ormai, grazie all’epigenetica si è ben compreso che un individuo è quello che è sua madre prima ancora di concepire l’individuo. Quindi è chiaro che nella formazione, nella crescita di un bambino, il ruolo materno e il ruolo paterno sono fondamentali.

D. - E che cosa dire per quanto riguarda la figura paterna?

R. - È difficilmente comprensibile la posizione del presidente degli psichiatri per il semplice fatto che quando un bambino presenta un disturbo del comportamento la prima cosa che viene fatta è il colloquio con i genitori ai quali quasi sempre viene spiegato quello che è il ruolo genitoriale, il ruolo materno, il ruolo paterno e come deve essere impostato il rapporto con il bambino. Quindi per molti dei comportamenti che non rientrano nella norma, il bambino non viene affidato direttamente al terapeuta, ma il primo passaggio fondamentale è proprio il colloquio con i genitori e il chiarire quelli che sono i compiti di ognuno dei due nel processo educativo.

D. - Quindi lei si sente di ribadire la necessità di una figura maschile e femminile, di un papà ed una mamma, per la crescita di un bambino?

R. - Questo senz’altro. Questa è sicuramente la condizione ottimale. Se poi si passa ai casi eccezionali, quelli a cui si fa riferimento, come ad esempio è meglio un bambino accudito con amore in questa situazione piuttosto che un bambino maltrattato in quest’altra, non è questo ciò che è interessante appurare. Noi dobbiamo prevedere per il bambino quella che è la sua situazione ottimale. Quindi senz’altro esiste un ruolo paterno, un ruolo materno, esiste anche addirittura una genetica diversa e innegabilmente questo ha un valore. Questo non significa che come pediatri noi non dobbiamo sempre farci carico di tutti i bambini indipendentemente dalla loro razza, dall’indirizzo politico, da tutti i fattori: come pediatri noi dobbiamo avere amorevole cura del bambino ed offrire a lui il meglio.

D. - Ritiene che all’interno del dibattito, chiaramente acceso, delle ultime giornate si stia tenendo conto dell’apporto della ricerca scientifica?

R. - Bisognerebbe conoscere nel dettaglio tutti i passaggi e tutto ciò che sta avvenendo. Quello che è certo è che non viviamo in una società, e questo non solo in Italia ma direi in molti Paesi, in cui il bambino abbia il massimo del rispetto. Quindi dire che molte delle cose che vengono fatte anche in un Paese civile come l’Italia siano prioritariamente nell’interesse del bambino onestamente ciò non mi sembra che accada. Come pediatri invece abbiamo tutto l’interesse che l’interesse del bambino prevalga sugli altri interessi.

Ascoltiamo ora l’opinione dello psicanalista Giancarlo Ricci, autore del libro “Il padre dov’era. Le omosessualità nella psicoanalisi”.  L’intervista è di Paolo Ondarza:

R. – C’è una differenza tra il concetto di bambino e di figlio. Il “bambino” è piuttosto un oggetto d’amore, un oggetto pensato, progettato, desiderato. Il rischio è che, appunto, nelle coppie omogenitoriali sia considerato un oggetto. Altra cosa è il “figlio”, cioè qualcuno che si situa in un processo di filiazione, che è una filiazione simbolica, rispetto alla quale l’amore è necessario, ma non è sufficiente, nel senso che, certamente, un bambino deve crescere sano e, affettivamente, in una struttura particolare, ma – ripeto – il figlio è un’altra cosa.

D. – Si può stabilire un nesso tra una crescita sana di un bambino e la presenza, all’interno del nucleo familiare in cui vive, di un papà e di una mamma piuttosto che di due papà o di due mamme?

R. – Sì, a mio avviso si possono fare almeno due considerazioni. La prima, che è stata sottolineata da diversi giuristi, è che il figlio che nasce o che viene adottato da una coppia omosessuale perde immediatamente il diritto di avere un padre e una madre come la maggior parte di tutti i figli che nascono. Quindi si presenta una disuguaglianza fin dall’inizio. Evidentemente è una disuguaglianza che poi dovrà essere elaborata dal soggetto, perché riguarda il mito delle origini, riguarda la struttura della parentela, direi che è il cuore del soggetto. Per un individuo è essenziale sapere “da dove vengo”, per capire dove andare.

D. – Questo, quindi, ha delle ricadute esistenziali?

R. – Ha delle ricadute esistenziali soggettive, perché costringe un individuo a fare una fatica immensa per capire la storia delle proprie origini. La seconda considerazione concerne più un aspetto psichico in un processo evolutivo, riguarda l’identità sessuale. E’ evidente che un bambino che vive in una coppia omosessuale incontra diverse difficoltà nella costruzione e nel processo di creazione di una propria identità sessuale, nel senso che, abitualmente, l’identità sessuale di ciascun bambino, di ciascun figlio, si struttura a partire da un confronto con i genitori dello stesso sesso. Secondo alcune associazioni lgbt, se nei figli che crescono in famiglie omogenitoriali c’è una maggiore presenza di omosessualità, non c’è nessun problema… in realtà però il problema c’è e non è facile, non è semplice.

D. – Molti dicono che in tante famiglie in cui ci sono due genitori eterosessuali – un maschio e una femmina – ci sono tanti problemi che ricadono sui figli. Ecco allora che acquista la predominanza il discorso affettivo: ciò che conta è la capacità affettiva dei genitori, indipendentemente dal genere sessuale…

R. – A me sembra sempre ridicola l’obiezione di quelli che dicono “Sì, ma anche nelle famiglie eterosessuali ci sono dei problemi”. Bisogna distinguere: i casi della vita sono infiniti, ma qui stiamo parlando di una norma, cioè di una legge che norma una certa situazione. Allora è molto diverso. Certo, può accadere tutto di tutto, in qualsiasi situazione, ma non bisogna andare a procurare i problemi artificialmente, direi. 

D. – Si sente di dire che queste considerazioni andrebbero tenute in conto nel momento in cui si formula una legge in materia di unioni civili...

R. – Sì, assolutamente, ci vorrebbe un po’ di realismo. Di che cosa stiamo parlando? Di pochi casi, di alcune centinaia di casi per quanto riguarda l’adozione del figliastro, e di poche migliaia di casi per quanto riguarda le unioni civili. E’ evidente quindi che la vera questione ha un’altra natura: è più una questione ideologica e demagogica.








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