2016-01-30 11:58:00

Vescovi del Ciad: promuovere sviluppo integrale


Un invito a riflettere sulle condizioni etiche di uno sviluppo vero e duraturo: lo rivolgono, per il nuovo anno, i vescovi del Ciad, in un messaggio redatto il mese scorso e che si pone in continuità con quello proposto per l’anno 2015 per una rinascita dei valori umani e spirituali. Il Giubileo è un momento favorevole per aprire il cuore e gli occhi per vedere ciò di cui soffre l’uomo ciadiano oggi, sottolineano i presuli tracciando l’attuale profilo del Paese: tanta povertà nei villaggi; scarsa capacità di organizzare l’economia familiare; scuole senza insegnanti e prive di strumenti didattici; centri ospedalieri che mancano di personale specializzato e di farmaci; terre coltivabili in mano a nuovi ricchi e contadini ridotti quasi in schiavitù; luoghi di vita associativa per i giovani inesistenti. Nelle città, sovraffollate a causa dell’esodo dalle zone rurali, manca ancora l’acqua potabile; c’è poca solidarietà e la delinquenza sta trovando terreno fertile mentre aumenta l’insicurezza.

Mancano nel Paese professionalità tecniche
“Prevale un basso livello di vita e manca una prospettiva di futuro”, scrivono i vescovi che denunciano anche l’incapacità, nelle famiglie, di gestire beni materiali e denaro. Scarse sono, poi, nel Paese le competenze tecniche e professionali, tanti giovani scelgono una formazione generica sperando in un pubblico impiego che assicuri loro un avvenire, mentre è necessario personale specializzato, soprattutto da destinare alle infrastrutture primarie, peraltro carenti. Il contributo delle donne nell’economia, inoltre, non è riconosciuto e la loro dignità non è del tutto rispettata.

Occorre una politica che tuteli agricoltura e allevamento e una buona governance per gli investimenti
Nel loro messaggio, i presuli ribadiscono quanto importanti siano per il Ciad agricoltura e allevamento, non supportati, purtroppo, da un’adeguata politica - a sostegno anche dello sviluppo rurale - e da una normativa specifica per allevatori e agricoltori. Per i vescovi “l’assenza di una buona governance, che porta ad appropriazioni indebite e sprechi delle risorse, è una delle grandi cause della povertà”. A rivestire incarichi decisionali sono poi “persone prive di qualifiche e incompetenti” e “molti progetti di sviluppo obbediscono al clientelismo e portano a investimenti inutili”.

Spesso le ong si limitano all’assistenzialismo
Neppure dalle Ong arrivano sostegni utili: più che favorire la promozione umana, infatti, si limitano all’assistentato e non coinvolgono la popolazione in progetti: in questo modo - osserva la Conferenza episcopale - la gente non è motivata a migliorare le proprie condizioni di vita. Alcune organizzazioni, inoltre, sono spesso più preoccupate della loro sopravvivenza e traggono profitto dalle misere condizioni in cui vivono in tanti.

Per i vescovi il vero sviluppo riguarda tutte le dimensioni dell’essere umano
Non manca la corruzione in tutti i settori della vita sociopolitica ed economica e in molti è carente la coscienza professionale e assente il senso del bene comune. A fronte di tutto ciò, i vescovi evidenziano che “un vero sviluppo deve includere anche le dimensioni sociali, culturali e spirituali dell’essere umano”, che non si può “sfruttare la natura in modo egoistico e irrazionale”, che “lo sviluppo deve essere percepito come una lotta contro la povertà in tutte le sue forme, in modo da permettere all’uomo di disporre dei beni necessari per condurre una vita dignitosa”, perché possa “uscire dalla sua ignoranza e gli siano riconosciuti i suoi diritti fondamentali”. “Dobbiamo prendere coscienza del fatto che nessuno può mettersi al nostro posto per uscire dalla povertà – aggiungono nel loro messaggio i presuli – l’aiuto esterno non può mai sostituire l’impegno personale a venir fuori da una situazione di miseria, piuttosto deve sostenere progetti d’investimento capaci di produrre risorse”.

Anche la fede cristiana può contribuire alla crescita del Ciad, soprattutto in quest’Anno della Misericordia

I vescovi aggiungono poi che “è un errore credere che la religione non abbia nulla a che vedere con lo sviluppo. La nostra fede deve essere tradotta in opere”. Infine l’appello, in questo Anno della Misericordia, “a manifestare l’amore di Dio ai piccoli e ai poveri, spesso tenuti al margine dal sistema economico, dalla politica e dalle influenze culturali di oggi”. “Come discepoli di Cristo – concludono i vescovi – siamo chiamati a vivere la carità attraverso le opere di misericordia. Lo sviluppo esige che ci assumiamo con coraggio le nostre responsabilità. Ciascuno deve essere convinto che Dio ha messo in ognuno doni particolari per il servizio del bene comune”. (T.C.)








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