2016-01-23 15:44:00

Lagarde: Schengen a rischio per la crisi dei rifugiati


Sulla crisi dei rifugiati l'Unione europea "si gioca la sopravvivenza" stessa di Schengen. Lo ha detto oggi a Davos, la direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, in relazione alla chiusura delle frontiere ipotizzata da alcuni Paesi europei per fermare l’ondata di migranti. Sospendere il Trattato di Schengen sarebbe “preoccupante e rischioso” anche per il ministro dell’Economia italiano, Pier Carlo Paodan, per il quale minerebbe anche la fiducia verso l’Euro. Dall’Austria intanto arriva la minaccia alla Grecia di una “esclusione provvisoria” da Schengen nel caso in cui non rafforzasse i controlli alle sue frontiere. Ipotesi fortemente criticata e definita “pseudo-soluzione” dalla Germania. Francesca Sabatinelli ha intervistato Paolo Oddi, avvocato esperto di diritto degli stranieri, membro dell’Asgi, Associazione studi giuridici sull’immigrazione:

R. – Io non voglio credere che l’Unione Europea crolli sull’immigrazione, voglio essere ottimista. Il Trattato di Schengen ha 30 anni, è uno dei capisaldi dell’Unione, la circolazione interna dell’Ue è fondativa dell’Unione Europea. Voglio davvero augurarmi che le deroghe transitorie che alcuni Paesi hanno adottato siano transitorie nel vero senso della parola e che quindi, anche i controlli che la Francia ha ripristinato, non durino più di tanto perché, naturalmente, il prolungarsi di questi metterebbe in discussione uno degli aspetti fondamentali degli accordi, come la libera circolazione interna, di cui prima di tutto godiamo noi europei, perché poterci muovere in un momento in cui la mobilità intracomunitaria è fondamentale, è utile anche per i nostri ragazzi, per i nostri giovani. L’altro aspetto è questo: siamo di fronte ad un afflusso massiccio, vero, di sfollati, di profughi. Schengen consente che l’Unione possa rinforzare i controlli alle sue frontiere esterne, come la Grecia, l’Ungheria, questi controlli, e il loro rinforzo, sono permessi, sono consentiti. Tuttavia, perché questi controlli non facciano diventare l’Europa una fortezza invalicabile a danno delle persone che cercano protezione e quindi un’Europa senza cuore e senz’anima, in violazione dei suoi stessi dirti fondamentali, queste frontiere esterne non possono impedire l’accesso nei territori Schengen, quindi europei, a coloro che vengono da noi per chiedere protezione. Queste persone per il Diritto comunitario, per la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per la Convenzione di Ginevra, che fanno tutte parte del Diritto comunitario, non possono essere respinte alla frontiera, devono essere accolte e devono poter chiedere protezione sui nostri territori.

D. – Non è già un fallimento dell’Unione Europea l’attuazione dei controlli stabilita da alcuni Paesi?

R. - È sintomo di una crisi. È chiaro che le politiche migratorie europee stanno subendo delle forti tensioni che portano a delle torsioni di alcuni diritti fondamentali che sono presenti nell’ordinamento comunitario europeo, diritti che tutti i Paesi membri devono rispettare. Esistono documenti europei, l’Agenda europea della Commissione del maggio scorso, ci sono le decisioni prese dal Consiglio sulla base di questa Agenda di ricollocazione dei profughi, c’è anche una prospettiva di reinsediamento, di andare a prendere i profughi e, attraverso dei canali umanitari, evitare loro i viaggi terribili che producono tutti questi morti. Ci sono spinte e controspinte. Alcuni Paesi di frontiera sono più sensibili perché si vedono più a ridosso dell’afflusso e quindi tendono a volte a reagire con chiusura, c’è poi in corso una politica che chiede di distinguere tra migranti per motivi economici o profughi, perché i secondi andrebbero comunque accolti dentro i cosiddetti hot spot, che peraltro preoccupano molto noi come Associazione studi giuridici, perché sono luoghi non chiari di reclusione o di trattenimento, dove la cernita, la scelta, viene un po’ affidata alle forze dell’ordine. Certo, siamo in un momento di preoccupazione, però non voglio credere che l’Unione Europea non voglia più tenere conto di 50-60 anni di trattati, di convenzioni, di accordi, di diritti fondamentali, di direttive, di regolamenti, perché mi sembrerebbe davvero uno scenario irrealistico. Voglio continuare ad essere ottimista.

Forte preoccupazione è espressa anche dal Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), Francesca Sabatinelli ha intervistato Christopher Hein, portavoce e consigliere strategico del Cir:

R. – Questo contagio di chiudere le frontiere interne e di ripristinare i controlli è una situazione che ormai riguarda una buona parte del nostro continente. E questo effettivamente è molto preoccupante. Proprio il poter passare da un Paese all’altro in Europa, senza controlli ai confini, senza esibire documenti, senza fare le file, è, soprattutto per i giovani, l’elemento più importante di identificazione con l’idea di ‘Europa’. Quindi, effettivamente, la Lagarde ha ragione: se viene messa in discussione la libera circolazione delle persone nello spazio Schengen, siamo all’inizio di un processo molto, molto preoccupante.

D. – Al di là del fatto che in questo modo si tradirebbe l’idea stessa dell’Europa, dell’essere Europa, ma questa chiusura costituirebbe una soluzione per affrontare la questione migranti?

R. – Non è assolutamente una soluzione, né per i Paesi che decidono per il ripristino dei controlli alle frontiere, né certamente per i rifugiati, né per l’idea dell’Unione Europea stessa. Le persone che fuggono dalla Siria, poi costrette ad andare via anche dai Paesi confinanti, Turchia, Libano, Giordania, e che arrivano quindi in Grecia rischiando la vita, non si lasciano spaventare dai controlli ai valichi di frontiera. Quindi avremo di nuovo un movimento irregolare di moltissime persone all’interno del continente e avremo anche nuove vittime. Non è certamente, dunque, una soluzione per nessuno. E’ semplicemente un annuncio populista da parte di alcuni governi.








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