2016-01-23 14:48:00

Il pastore valdese: cristiani ripartano dalla Parola di Dio


La Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani è collocata quest'anno nel secondo mese di celebrazione dell'Anno Santo della Misericordia, voluto da Papa Francesco. Il pastore Antonio Adamo, della Chiesa valdese di Piazza Cavour a Roma, commenta la circostanza in questa intervista di Fabio Colagrande:

R. – Noi comprendiamo i tempi e le modalità della Chiesa cattolica e delle altre Chiese. E’ chiaro, però, che per noi è sempre il tempo buono per l’annuncio. Certamente, quindi, noi riconosciamo il valore della misericordia, effettivamente in un periodo in cui, nella storia degli uomini e delle donne, di misericordia non ce n’è molta. Quindi, certamente, per il popolo cattolico e anche per gli altri cristiani e cristiane è importante rammentare che noi siamo figli della misericordia, cioè siamo figli della grazia di Dio.

D. – Si è chiuso appena un anno storico, per quanto riguarda il dialogo tra cattolici e valdesi, perché per la prima volta nella storia un Pontefice è entrato in un tempio valdese – è accaduto a Torino – e in quell’occasione il Papa ha detto: “Vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani, che nella storia abbiamo avuto contro di voi”. Cosa ha pensato quando ha ascoltato quelle parole?

R. – Il perdono è una richiesta che si accoglie. Noi come uomini e donne, cristiani e cristiane di questa generazione, possiamo dire per quanto ci riguarda che chiaramente noi ringraziamo il Signore perché c’è questo momento di riconciliazione. E’ chiaro che non possiamo rispondere per chi non c’è più, questo è quasi ovvio. Il principio, però, della richiesta di perdono è anche un richiamo per tutte le Chiese cristiane affinché si rammentino che noi siamo figli di una riconciliazione, che è avvenuta tra il Signore e gli esseri umani attraverso Gesù Cristo. Quindi, noi abbiamo il compito oggi di realizzare questa riconciliazione, innanzitutto tra i cristiani e le cristiane, e poi certamente con l’umanità che ci circonda. Questo segno, quindi, è stato un segno bellissimo e fondamentale, evangelicamente ispirato.

D. – Si parla molto dell’avvicinarsi delle celebrazioni del cinquecentesimo anniversario dell’inizio della Riforma. Lei crede davvero che questo anniversario possa essere un’occasione per rinnovare il dialogo ecumenico?

R. – Io credo di sì. Nel senso che se noi cogliamo qual è stato lo spirito evangelico che ha ispirato Lutero e i riformatori, e non ci attardiamo tanto sugli eventi che riguardano più la rottura, la deflagrazione che poi questo ha avuto nella storia delle Chiese, capiamo che bisogna ripartire dalla Parola di Dio. Perché è da lì che è partito Lutero, che ha agito come un monaco agostiniano, un professore cattolico di teologia. Quindi, dobbiamo partire da quel punto di vista, quello di chi riscopre un rapporto stretto, potente con la Parola di Dio, e ha questo desiderio di coinvolgere la sua Chiesa – in quel caso la Chiesa cristiana cattolica del 500 in cui lui viveva – in questa riflessione, in questo rinnovamento profondo attraverso la Parola di Dio. E quindi noi dobbiamo, secondo me, sottolineare in primo luogo questo momento di ascolto comune della Parola di Dio, al quale quella testimonianza ci richiama. Non è un momento per rinverdire le nostre glorie del passato o per rimpiangere un’occasione perduta. No, noi dobbiamo – la nostra generazione – nel nostro tempo, ripartire da quell’appello: tornare tutti insieme, confrontarsi tutti insieme con la Parola di Dio, per esserne rinnovati intimamente ed esteriormente anche, nel rapporto con il mondo.








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