2016-01-20 08:05:00

Iraq, strage di civili. Migliaia di morti nella guerra all'Is


In quasi due anni di guerra contro il sedicente Stato islamico, in Iraq, sono morti 19mila civili, migliaia le persone ridotte in schiavitù. Lo rende noto un rapporto delle Nazioni Unite, che non risparmia neanche le forze governative. L’Is intanto conferma in Siria la morte di 'Jihadi John'. Francesca Sabatinelli:

Le pagine del rapporto Onu confermano una conosciuta atroce verità: i civili pagano sempre più il prezzo della guerra, che sia per mano di gruppi jihadisti, o di militari governativi e dei loro alleati. L’Iraq nei suoi quasi due anni di guerra contro l’Is riassume tutte le atrocità possibili: 19mila persone uccise, 3.500 soprattutto donne e minori yazidi ridotti in schiavitù, bambini- soldato uccisi perché in fuga dai combattimenti, oltre 3 milioni di sfollati, di cui un milione di bimbi. La lista degli orrori è lunga, e i numeri potrebbero essere sottostimati, spiegano le Nazioni Unite, che denunciano l’Is, ma anche le gravi violazioni dei diritti umani commesse dalle milizie alleati dell’esercito di Baghdad. In Siria, intanto, mentre lo stesso Is conferma la morte del tristemente famoso boia Jihadi John, annunciata sin dal novembre scorso dai militari Usa, le autorità hanno dichiarato di aver distrutto negli ultimi cinque mesi circa duemila autobotti cariche di petrolio dell’Is diretti in Turchia. Tra cinque giorni a Ginevra dovrebbero partire i colloqui di pace come previsto dal Consiglio di sicurezza Onu, oggi a Zurigo incontro tra il russo Lavrov e l’americano Kerry con al centro anche la questione siriana.

In Iraq la crisi umanitaria è destinata ad aggravarsi con le prossime offensive dell’esercito iracheno contro le postazioni del sedicente Stato islamico. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il rappresentante dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati in Iraq, Bruno Geddo, ricordando che negli ultimi mesi è cresciuto nel Paese il numero di cittadini che hanno urgente bisogno di assistenza:

R. – E’ cresciuto perché c’è stata questa offensiva per riprendere Ramadi dai miliziani del sedicente Stato islamico. La città di Ramadi non è ancora completamente sotto il delle forze governative. Era rimasto un gruppo di civili – qualche migliaia di civili –che ha bisogno di assistenza umanitaria di urgenza. Il problema è che Ramadi è soltanto l’inizio…

D. – Negli ultimi mesi, in Iraq, milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni. Una emorragia, questa, destinata dunque ad aggravarsi con le prossime operazioni dell’esercito per riconquistare altre zone del territorio iracheno…

R. – Assolutamente. A Falluja, che dovrebbe essere il prossimo obiettivo militare, si trovano ancora – secondo nostre informazioni – decine di migliaia di civili. E quindi, quando dovesse essere ripresa con una battaglia che si annuncia molto pesante, dovremo far fronte a dei bisogni umanitari ancora più gravi. Senza poi contare Mosul, la madre di tutte le battaglie, che prima o poi dovrà arrivare. A Mosul c’è un milione e mezzo di residenti. Quindi c’è questo problema di un numero crescente di civili che avranno bisogno della nostra assistenza. E coloro che sono già sfollati – 6 milioni e 200 mila – continuano ad avere bisogno. Nel 2014 il cosiddetto Stato islamico ha preso tutti di sorpresa e quindi la risposta è stata un po’ caotica. E questo si poteva comprendere, ma non potremo farci perdonare una risposta caotica la seconda volta. Adesso tutti quanti sanno che ci sarà un’altra crisi umanitaria. Prima o poi arriverà e dobbiamo essere pronti!

D. – Si può pianificare un’azione con il governo iracheno? La Comunità internazionale deve anche poter dare delle risposte di supporto a queste operazioni…

R. – Sì, abbiamo una unità come Nazioni Unite che si chiama “civile e militare”, che tiene le relazioni fra i due corpi. Ma è chiaro che non possiamo sapere esattamente una data, perché questo diminuirebbe l’efficacia di una strategia militare. Una strategia che giustamente noi non conosciamo. La nostra sfida è di essere pronti, di avere siti e luoghi sufficienti per stabilire campi e sufficiente assistenza da fornire. Noi abbiamo 20 mila tende e 20 mila kit di assistenza umanitaria per le famiglie. Dobbiamo essere pronti, senza sapere precisamente quando accadrà…

D. – Qual è, nello specifico, la situazione umanitaria delle minoranze in Iraq? Penso agli yazidi, ai cristiani…

R. – Gli yazidi si trovano nei campi di sfollati. In generale, la situazione umanitaria è relativamente stabile perché ricevono assistenza e protezione in questi campi. Ma purtroppo la situazione degli yazidi e delle altre minoranze è preoccupante da un altro punto di vista. E’ preoccupante dal punto di vista psicologico: queste minoranze, dopo le atrocità inimmaginabili alle quali sono state sottoposte, non hanno più la fiducia necessaria per convivere con i loro vicini. Sembra che una maggioranza di queste minoranze sia arrivata alla conclusione che per loro l’unica garanzia di salvezza sia la migrazione verso l’Europa.

D. – Dunque diverse zone del territorio iracheno sono controllate da milizie jihadiste che possono anche disporre di ingenti risorse legate non solo al petrolio. Come si può isolare il sedicente Stato islamico dal sistema finanziario internazionale?

R. - Quello che le posso dire è che ci sono stati, da lungo tempo, degli sforzi della coalizione per isolare tutti i finanziamenti ai terroristi. E, più recentemente, camion cisterna che portavano il petrolio in Turchia sono stati annientanti… Secondo le informazioni in mio possesso, grazie a queste azioni di isolamento finanziario, i flussi di finanziamento allo Stato islamico sarebbero in diminuzione.








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