2016-01-19 14:25:00

Rapporto Onu sull'Iraq: violenze dell'Is sono sconcertanti


Nuovo rapporto dell’Onu sulla situazione in Iraq, nei territori dominati dal sedicente Stato Islamico: nel 2015 ci sono stati oltre 18 mila morti tra i civili, 2,3 milioni gli sfollati e sono circa 3500 le persone rese schiave dall’Is, soprattutto donne e bambini. Le Nazioni Unite parlano di “violenza sconcertante”, “barbarie” e “genocidio”. Stefano Pesce ha intervistato al riguardo Paolo Rozera, direttore generale di Unicef Italia:

R. – Questo rapporto fa luce sul tema delle violenze che vengono perpetrate nei confronti di civili; violenze fatte in modo sistematico, in  modo particolare da regimi che basano il loro potere sulla violenza. In questo caso si parla delle zone occupate dall’Is.

D. – Si parla di 3500 persone rese schiave, tra queste soprattutto donne e bambini che hanno un destino tragico …

R. – Sì, è così. Noi sappiamo ed abbiamo evidenza come Unicef di situazioni che si verificano ad esempio in Siria, dove le donne sono spesso costrette ad attraversare il confine con la Giordania per partorire, perché se una donna va in un ospedale controllato dall’Is e con lei anche il marito, questo viene subito arruolato; se ci va il figlio grande viene preso per essere arruolato. Se va senza marito viene messa a disposizione di qualsiasi altro uomo che milita nell’Is dichiarandola "vedova di guerra". Quindi è una situazione di schiavitù.

D. – Per i bambini – se vogliamo – il destino è ancora peggiore: per i maschi c’è l’indottrinamento, per le bambine lo stupro sistematico e la morte …

R. – Sì. Questa è la realtà di questo rapporto che ci dà questi numeri; questo è ciò che continua ad accadere in questi posti – Iraq, Siria - che sono controllati da queste persone che basano la loro potenza sul fanatismo. Questo fanatismo fa molto leva sulla disperazione delle persone e quindi sulle condizioni di vita che sono al limite dell’accettabile da parte delle popolazioni. In queste situazioni le donne, le bambine sono assolutamente poco considerate.

D. – Come si sviluppa l’azione dell’Unicef all’interno di questi territori dove, secondo l’Onu, viene perpetrato un vero e proprio genocidio?

R. – Principalmente quello di strappare donne e bambini a questo genocidio, perché è una cosa assolutamente inammissibile. Quindi dobbiamo riuscire a creare - facendo un grosso lavoro di diplomazia, di convincimento con le parti in causa - delle zone libere, degli spazi liberi per donne e bambini affinché possano vivere con un minimo di tranquillità rispetto alle condizioni di vita o di sfruttamento. Non è facile: è un lavoro molto lungo e molto minuzioso. È un lavoro di convincimento su quanto sia importante riuscire a determinare qual è il migliore interesse per il bambino.

D. – Siete anche presenti in numerosi campi profughi che raccolgono quei 2,3 milioni di sfollati di cui parla il rapporto dell’Onu …

R. – Sì, siamo presenti ovunque. Tra l’altro recentemente sono andato a visitare i campi di accoglienza in Libano, i cosiddetti “campi informali”, dove i profughi provenienti dalla Siria rappresentano un terzo della popolazione attuale del Libano. Quindi la situazione è molto pesante; queste persone vivono in situazioni tra l’altro molto gravi soprattutto in questo periodo, dove le temperature scendono sotto lo zero, dove c’è la neve. Sono condizioni inumane. Noi cerchiamo di migliorare queste situazioni dando servizi igienici, permettendo l’accesso alla scuola. Con il governo libanese abbiamo fatto degli ottimi accordi per permettere ai bambini – almeno quelli della scuola elementare – di poter accedere alle scuole; stiamo aiutando i bambini profughi siriani e quelli poveri libanesi.








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