Comunicazione e spiritualità sono gli “assi cartesiani” per radicarsi “in un vero cammino di prevenzione” dalla tossicodipendenza: è quanto scrive mons. Pedro Candia, amministratore diocesano dell’Ordinariato militare in Argentina. In questi giorni, il presule ha inviato una lettera aperta a tutti i militari, i cappellani, il personale delle Forze armate e di sicurezza in cui esprime la sua “grande preoccupazione” per “la minaccia della droga che colpisce le famiglie, i politici ed i militari”.
Tossicodipendenza, sintomo di malessere esistenziale e di solitudine
Di qui, il richiamo del presule a cercare di fermare “il flagello” della droga e la
delinquenza provocata “dalle organizzazioni di narcotraffico”. Poi, mons. Candia invita
ad approfondire “cosa ci manca, in quanto persone libere, per vivere davvero in pienezza:
quali punti di riferimento abbiamo nella nostra esistenza – chiede il presule – Quali
sono i valori che ci sostengono nella vita quotidiana?” Si tratta di domande di senso,
spiega l’amministratore diocesano, perché “la tossicodipendenza va considerata come
il sintomo di un malessere esistenziale, di una difficoltà nel trovare il proprio
posto nella società, di una paura del futuro, con la conseguente fuga in una vita
illusoria e fittizia”.
Mondo senza speranza favorisce uso di droghe
Mons. Candia sottolinea che “l’incremento del mercato e del consumo delle droghe dimostra
che viviamo in un mondo senza speranza, carente di proposte valide in campo umano
e spirituale”. Di conseguenza, “tanti giovani pensano che tutti i comportamenti si
equivalgano, non arrivano a distinguere il bene dal male e non hanno il senso dei
limiti morali”. Non solo: la mancanza di comunicazione, il “non detto”, può ulteriormente
aggravare il loro “vuoto esistenziale”. Infatti, spiega il vescovo argentino, “i tossicodipendenti,
quando raccontano la loro esperienza, parlano soprattutto di solitudine: sono arrivati
alla droga per evadere, per nascondere un dolore o dimenticare una sofferenza”.
Comunicazione e spiritualità aiutano a trovare il senso della vita
Il vescovo esorta, quindi, ad una comunicazione “cordiale e profonda” con chi è vittima
della droga, un dialogo che “porti a condividere pensieri e sentimenti che riguardano
la sfera esistenziale”. Naturalmente, anche la spiritualità è quanto mai necessaria
in questo percorso di prevenzione, poiché “essa è sempre stata, per gli uomini, fonte
di motivazione nella ricerca del significato e del senso della vita e unica porta
che apre al trascendente”. E questa apertura – nota ancora mons. Candia – parte dal
riconoscimento della nostra essenza spirituale e dell’esistenza di una dimensione
interpersonale della vita, in cui ci si trova a contatto con gli altri e, soprattutto,
si vive una fondamentale relazione con Dio, segnata dalla sua presenza provvidenziale”.
Atto di coraggio di tutta la società per sconfiggere il narcotraffico
Citando Papa Francesco, poi, mons. Candia sottolinea che “la piaga del narcotraffico,
che favorisce la violenza e semina dolore e morte, richiede un atto di coraggio di
tutta la società (discorso all’Ospedale San Francesco a Rio de Janeiro, il 24 luglio
2013) Infine, il presule annuncia che, a breve, l’Ordinariato militare pubblicherà
un documento orientativo sulla Pastorale con i tossicodipendenti nell’ambito specifico
delle Forze Armate e di sicurezza. (I.P.)
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