2016-01-18 16:02:00

Card. Vegliò: integrare i migranti fa bene a chi li accoglie


Circa settemila migranti di oltre trenta nazionalità hanno partecipato, la mattina di domenica 17 gennaio, al Giubileo dei Migranti in Vaticano, organizzato, in occasione dell'Anno della Misericordia in coincidenza con la Giornata Mondiale del Migrante. Dopo aver ascoltato la preghiera dell'Angelus presieduta dal Papa in piazza San Pietro, i migranti hanno attraversato la Porta Santa, per poi partecipare alla Santa Messa celebrata, nella Basilica Vaticana, dal card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. Fabio Colagrande ha chiesto al porporato un commento sulla celebrazione:

R. – Io credo sia andata molto bene. Anche il buon Dio è stato benigno… Si diceva – almeno la televisione aveva detto che ci sarebbero state piogge e invece ieri c’era un sole splendido e sono contento poi che tutti i migranti siano stati sistemati in un settore dal quale poter vedere benissimo la finestra del Santo Padre. E dopo il discorso del Santo Padre, via in colonna sono passati per la Porta Santa e hanno preso il loro Giubileo, e c’è stata la Messa. Una Messa molto bella, perché è stata molto varia: c’erano diversi gruppi linguistici, all’offertorio sono state eseguite danze africane che hanno accompagnato i doni… E’ stato molto bello perché c’erano molti migranti che vivono nel Lazio, nelle varie parrocchie. Hanno concelebrato con me due vescovi e un centinaio di sacerdoti incaricati dell’apostolato dei migranti.

D. – Che significato assume per un profugo, per un migrante, il termine “misericordia”?

R. – Questa è una domanda un po’ complicata, ma io ricordo che nel messaggio per la Giornata di ieri il Santo Padre ha messo in evidenza, ha sottolineato tre aspetti. Primo, parlando della misericordia come solidarietà verso il prossimo, sapendo e dicendo che quando si dà anche si riceve. Il secondo aspetto è la cultura dell’incontro per il rispetto e l’assistenza reciproca, guardando alla persona del migrante nel suo insieme, in tutti i suoi aspetti. E ciò racchiude un incontro, una determinazione a intraprendere una strada comune, perché se ci si incontra o si fa la guerra o si fa la pace e noi naturalmente siamo per la pace. Terzo aspetto, il diritto di ciascuno a vivere con dignità: questo è il senso anche della misericordia. E ciò implica anche il diritto a poter rimanere nella propria patria. Si è parlato più volte del diritto di emigrare: certo, ognuno ha il diritto di emigrare. Però, ci sarebbe anche il diritto di stare nella propria patria e non ci stanno è perché ci sono motivi gravi.

D. – Quale messaggio in particolare ha voluto offrire ai migranti nella sua omelia, pronunciata ieri nella Basilica Vaticana?

R. – Io credo che quello che volevo era trasmettere a chi ascoltava un messaggio di speranza: come dice spesso il Papa, di “non farsi rubare la speranza e la gioia di vivere”. Poi, ho voluto anche sottolineare il problema dell’integrazione, che non implica, che non significa “segregazione” e nemmeno “assimilazione”: piuttosto, significa l’opportunità di identificare il patrimonio culturale del migrante e riconoscere i suoi doni, i suoi talenti per il bene comune. Ora, questi migranti vivono nel Lazio, quindi per il bene della Chiesa che è in Roma, per il bene della Chiesa che è nel Lazio, per il bene della Chiesa che è in Italia.








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