2016-01-15 13:14:00

Diocesi Roma: al via sesta edizione delle Letture teologiche


“La Misericordia di Dio nell’arte”. E’ questo il filo conduttore della sesta edizione delle Letture teologiche promosse dalla diocesi di Roma, e iniziate ieri sera nell’Aula della Conciliazione del palazzo Lateranense. Al centro del primo dei tre incontri, è stato il Mosè di Michelangelo, conservato nella basilica di San Pietro in Vincoli, nella capitale. Il servizio di Marina Tomarro:

Una figura carica di tensione pronta ad uno scatto di impeto, ma che con la sua fede riesce a trasformare la sua ira in misericordia verso il popolo che ha peccato, ma che egli comunque ama e guida verso la terra promessa. E’ questo il sentimento che trapela dalla maestosa scultura del Mosè realizzata intorno al 1515 da Michelangelo Buonarroti. Il commento di padre Jean Paul Hernandez cappellano all'Università La Sapienza di Roma

R. - Io credo che il Mosè di Michelangelo parli molto anche al cuore dell’uomo di oggi perché c’è una tensione dentro questa pietra, sprigiona una tensione che forse è la tensione che ha attraversato la vita di Michelangelo o che Michelangelo ha rivisto nella vita di Mosè. Questa tensione è quella di un uomo lacerato, un uomo che da una parte ascolta Dio, la Parola di Dio e dall’altra sta con un popolo che non ascolta. Nella statua del Mosè di Michelangelo vediamo questo volto che sta per esplodere in ira ma che si trattiene: in ira perché il popolo ha costruito il Vitello d’oro, aspettando sotto il Sinai. Allora cosa fare con questo popolo? Castigarlo, distruggerlo, abbandonarlo? Questo verrebbe da fare. Invece si trattiene e piano piano questa energia negativa dell’ira diventa un’energia positiva di chiedere a Dio il perdono. Un po’ già come immagine di quello che Gesù Cristo farà, di prendersi carico del nostro peccato. In realtà l’ira se è ira per amore è già un prendersi carico del disordine che è il peccato.

D.  – La figura di Mosè è una delle più alte dell’Antico Testamento ma qual è il messaggio che trasmette all’uomo di oggi?

R. – Credo che Mosè è soprattutto l’uomo che ha imparato ad ascoltare e non più a vedere o guardare. E’ emblematico per questo racconto della sua vocazione nel capitolo 3 dell’Esodo, quando Mosè vede il Roveto ardente vuole andare a controllare, cioè a possedere con lo sguardo. Invece Dio, a un certo momento, cambia il codice di comunicazione e fa passare dal guardare all’ascoltare. Mosè si rende conto che Dio lo puoi ascoltare soltanto perché poi ascoltando riconosci intanto che è vivo e inoltre se tu ascolti, accetti di essere secondo nell’evento di comunicazione e dunque chi ascolta è secondo a Dio.

E milioni sono le persone che ogni anno arrivano da ogni parte del mondo, per ammirare quest’opera d’arte e di fede, custodita nella basilica di San Pietro in Vincoli. Ascoltiamo Marco Bussagli docente all’ Accademia delle Belle Arti a Roma

R. – Attrae perché sembra vivo. Come dice la leggenda, la martellata di Michelangelo, che l’abbia data o no, non credo, ma comunque è la sintesi di questo: “Perché non parli?”.  “Perché non parli” è proprio questa capacità di avere il marmo, dice Vasari, il marmo che sembra pennello, che sembra fatto col pennello. E’ morbido, non c’è assolutamente nessun ostacolo per la realizzazione di vari materiali che vanno dalle vesti fruscianti ai peli della barba, ai capelli, agli occhi che ti fulminano con quello sguardo straordinario.








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