“Voi non siete dimenticati”: è questo il messaggio che i vescovi del Coordinamento delle Conferenze episcopali a sostegno della Chiesa in Terra Santa (Holy Land Coordination, Hlc), composto da presuli di Usa, Ue, Canada e Sud Africa, lasciano al termine della loro visita, che si chiude oggi, 14 gennaio, alle comunità cristiane di Gaza, Betlemme e ai rifugiati iracheni e siriani in Giordania.
I vescovi determinati a dare voce a chi non ha voce
Come riferisce l’agenzia Sir che riprende il comunicato finale della visita, iniziata
il 7 gennaio, i vescovi scrivono: “Portiamo via le nostre esperienze e le storie che
abbiamo ascoltato, e siamo determinati a dare voce ai senza voce. La violenza in corso
rende ancor più urgente che ci si ricordi e si assistano tutti, specialmente quelli
ai margini, che cercano di vivere nella giustizia e nella pace”.
Abitanti di Gaza vivono in una prigione
Il ricordo dei vescovi va a coloro che, nella guerra di Gaza del 2014, hanno perso
la casa e sono rimasti traumatizzati. Nonostante qualche “segno di speranza”, si legge
nel testo, “il blocco continua a rendere la loro vita disperata e vivono effettivamente
in una prigione. La capacità di tanti cristiani e musulmani nel sostenersi a vicenda
in questa situazione” è, per i presuli, “un segno visibile di speranza e, in un momento
in cui molti cercano di dividere le comunità, un esempio per tutti noi”.
Muro del Cremisan viola il diritto internazionale
“Voi non siete dimenticati” è anche per la comunità cristiana di Beit Jala, dove “la
confisca della terra e l’espansione del Muro di separazione nella valle di Cremisan
da parte di Israele, in violazione del diritto internazionale, minano ulteriormente
la sua presenza in Terra Santa”. “Presenteremo la vostra grave situazione a livello
nazionale e internazionale” ribadiscono i vescovi che da sempre hanno avuto a cuore
la vicenda di Cremisan.
Israele deve vivere in sicurezza ma l'occupazione corrode gli animi di
tutti
Riguardo al conflitto israelo-palestinese, nel testo viene ribadito “il diritto di
Israele a vivere in sicurezza” come anche il fatto che “l’occupazione continua a corrodere
l’anima di entrambi, occupanti e occupati”. “I leader politici di tutto il mondo –
rimarcano i vescovi – devono mettere maggiore energia nella ricerca di una soluzione
diplomatica per porre fine a quasi 50 anni di occupazione e per risolvere il conflitto
in corso in modo che i due popoli e le tre fedi possano vivere insieme in giustizia
e pace”.
In Giordania, l’incontro con i rifugiati cristiani fuggiti all’Is
Momento focale della visita di questo anno è stato l’incontro con i rifugiati cristiani
fuggiti in Giordania per sfuggire ai militanti dell’Isis. In questi giorni i vescovi
hanno avuto modo di parlare con i rifugiati e ascoltare le loro storie. “Per la maggior
parte, il ritorno a casa non è più un’opzione. La Giordania – scrivono i presuli –
sta lottando per far fronte a quasi un quarto della sua popolazione ora composta da
rifugiati. Gli sforzi della Chiesa locale e delle Ong nell’aiutare tutti i rifugiati
– cristiani e musulmani – sono significativi e lodevoli, ma la comunità internazionale
deve fare di più per alleviare le loro sofferenze e lavorare per la pace in tutta
la regione”.
Rispettare libertà di religione e di coscienza di tutti i popoli
Un ultimo ricordo è dedicato ai sacerdoti, alle comunità religiose e ai laici della
Chiesa in Giordania, definita “vivace e in crescita” sebbene i cristiani “siano timorosi
dell’estremismo crescente nella regione. “Si spera – conclude il messaggio – che l’entrata
in vigore, il 1.mo gennaio, dell’Accordo globale tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina,
ci offra un modello di dialogo e di cooperazione tra gli Stati che rispetti e preservi
la libertà di religione e la libertà di coscienza per tutti i popoli”. (I.P.)
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