La Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb) ha consegnato alla Corte Suprema una nota a sostegno del ricorso presentato dalle Piccole Sorelle dei Poveri per ottenere la totale esenzione dall’obbligo di fornire ai propri dipendenti piani assicurativi sanitari comprensivi di copertura per la contraccezione. Il documento è stato presento l’8 gennaio nell’ambito della causa “Zubik contro Burwell” che i giudici supremi dovranno esaminare quest’anno
Il ricorso delle religiose già respinto da un tribunale nel luglio 2015
Come è noto, l’estensione della copertura sanitaria obbligatoria anche alle pratiche
abortive e contraccettive è uno dei punti più contestati dai vescovi dell’Affordable
Care Act, la riforma sanitaria del Presidente Obama, in quanto considerata lesiva
della libertà religiosa e di coscienza. Il Ministero della Salute americano ha esonerato
da tale obbligo solo le Chiese e organizzazioni confessionali che impiegano prevalentemente
personale adibito ad attività religiose, ma non altre ong di carattere confessionale
che svolgono attività sociali e di assistenza. Per queste ultime è prevista una soluzione
di compromesso, in base alla quale esse sono comunque obbligate a notificare formalmente
al Ministero che non intendono offrire tali servizi ai propri dipendenti, i quali
saranno quindi affidati a soggetti terzi. Per le Piccole Suore dei Poveri e altre
organizzazioni religiose, questa soluzione basta. Di qui il ricorso per ottenere l’esonero
anche dall’obbligo di presentare la notifica, in mancanza della quale la normativa
prevede pesanti multe. Un ricorso respinto lo scorso luglio dalla Corte di Appello
del 10° Circuito e che adesso è giunto alla Corte Suprema.
In gioco non solo la libertà religiosa, ma l’interesse della società
Nella nota presentata l’8 gennaio, la Conferenza episcopale sostiene le ragioni delle
religiose, affermando che la copertura obbligatoria delle pratiche contraccettive
lede non solo la libertà religiosa, ma tutta la società. Secondo i vescovi, le pesanti
multe previste dalla normativa rischiano di mandare in rovina le organizzazioni che
vogliono restare fedeli ai propri principi, “un risultato – affermano – che non giova
a nessuno: né alle organizzazioni, né ai donatori, né agli utenti, né ai loro dipendenti”.
Inoltre, essi ricordano gli importanti contributi dati dalle organizzazioni caritative
cattoliche e da altre charities religiose che assistono milioni di persone ogni anno
negli Stati Uniti. (L.Z.)
All the contents on this site are copyrighted ©. |