2016-01-14 14:35:00

Oms: Liberia e tutta l'Africa Occidentale libera dall'ebola


“Dobbiamo continuare a rimanere vigili”. Con queste parole Peter Graaff, responsabile della risposta all’ebola in seno all'Organizzazione Mondiale della Sanità di Ginevra, ha dichiarato l’Africa Occidentale “libera” dal virus di febbre emorragica, che dal dicembre 2013 ha causato oltre 11 mila vittime. E sono più di 22 mila, secondo l’Unicef, i bambini che a causa della malattia hanno perso almeno un genitore. La Liberia – con una celebrazione ufficiale oggi a Monrovia - è stato l'ultimo Stato ad uscire dall’emergenza, ma nel Paese, come pure negli altri colpiti, Sierra Leone e Guinea, rimane “alto” il rischio di ulteriori focolai, hanno fatto sapere le Nazioni Unite. Giada Aquilino ne ha parlato con don Nicola Ciarapica, missionario salesiano a Monrovia:

R. – Questa è una buona occasione per dire grazie a Dio, che ha mosso tanti animi, tante persone, grandi istituzioni per arrivare a chiudere il capitolo di questa malattia. C’è però ancora da fare, nel senso che la Liberia per due volte è stata dichiarata libera, perché ci sono state alcune ricadute, casi che nessuno si aspettava. C’è bisogno quindi di essere sempre pronti, di avere un gruppo di persone preparate a intervenire immediatamente, in modo che non si moltiplichino eventuali casi in cui si manifesti di nuovo. C’è bisogno inoltre, e questo grazie al contributo di molti è stato fatto, di rimettere a posto le strutture sanitarie, gli ospedali, non solamente per renderli agibili, ma anche per renderli capaci di affrontare casi di questo genere.

D. – La Liberia ha fatto registrare il numero più alto di vittime, circa 4 mila. Come esce il Paese da questa epidemia?

R. – La Libera non era preparata e per molti mesi non ha fatto molto per poter fermare questo male. Adesso, grazie anche all’intervento di grandi istituzioni – della Caritas, dell’America, dell’Europa – ci sono stati non soltanto grandi interventi ma è stata anche fornita la possibilità di creare centri attrezzati. La Liberia ha comunque ancora bisogno di supporto, soprattutto dal punto di vista sanitario.

D. – Ebola è stato dunque un problema sanitario, ma anche economico e sociale. Quali conseguenze nella popolazione, nei sopravvissuti?

R. – A livello nazionale, l’economia sta ripartendo. Chi ne fa ancora molto le spese è la parte più povera, cioè coloro che già prima non avevano grandi mezzi di sopravvivenza. Parlo della popolazione che vive alla giornata, che non ha un lavoro stabile, che non ha soldi da parte e ancora soffre.

D. – Uno dei drammi di questa epidemia è quello dei bambini rimasti orfani. Come si sta intervenendo?

R. – Da parte dello Stato si cerca di avere una sorta di anagrafe delle persone che sono state colpite e dei ragazzi che sono rimasti orfani. Noi, da parte nostra, cerchiamo di aiutare soprattutto le famiglie che hanno accolto questi ragazzi. Ci sono gli orfanotrofi, ma soprattutto famiglie e parenti che accolgono questi bambini come missione. L’anno scorso abbiamo cercato di aiutare 250 famiglie a non lasciare i ragazzi per strada, a farli rientrare a scuola. Quest’anno siamo già riusciti a venire incontro a 150 famiglie, grazie a benefattori, a persone che hanno accettato di aiutarci.

D. – Come si chiama la vostra missione?

R. – Don Bosco Matadi: Matadi è il nome del quartiere di Monrovia, una zona paludosa dove operiamo e dove il 70 per cento delle persone vive in case fatte con fogli ondulati di zinco, non in muratura; si tratta di gente che non ha un lavoro fisso: quello che guadagna nella giornata lo usa per mangiare e il giorno dopo ricomincia…








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