2016-01-13 14:39:00

Nuovo Family day a Roma: un'iniziativa del laicato cattolico


Slitta al 28 gennaio l’esame in Aula del Senato del ddl Cirinnà sulle unioni civili. Intanto sembra certa la data fissata per un nuovo Family day: il 30 gennaio in Piazza San Giovanni in Laterano a Roma. Non sarà una manifestazione promossa dalla Conferenza episcopale italiana, ma organizzata totalmente dal laicato cattolico, come ha sottolineato il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino che in un’intervista al Corriere della Sera ha espresso la necessità che il tema delle adozioni resti fuori dal dibattito sulle unioni civili. Giampiero Guadagni:

I vescovi sono liberi di partecipare al Family Day  ma sarà una  partecipazione a titolo personale. Così mons Galantino in una intervista al Corriere della Sera. Assodato che la Chiesa non sono solo i vescovi, osserva ancora il segretario generale della Cei, “non lasceremo soli quanti nelle sedi opportune e nel rispetto delle proprie competenze vorranno dare un loro contributo costruttivo”. Quanto poi alle modalità concrete attraverso le quali rendersi presenti, mons. Galantino ricorda  quello che ha detto Papa Francesco: “Cristiani consapevoli non hanno bisogno di vescovi-piloti”. Il segretario generale della Cei definisce il testo attuale del ddl sulle unioni civili un “garbuglio giuridico prima che politico” e si augura “che ci siano parlamentari e pezzi di società che per convinzione personale sappiano prendere iniziative efficaci per impedire soluzioni pasticciate o fughe in avanti fatte passare per conquiste civili”. E in vista dell'approdo in aula a Palazzo Madama del provvedimento, si fa serrato il confronto anche all'interno di partiti e schieramenti. Il punto più contestato riguarda la stepchild adoption, la possibilità di adozione del figlio del partner dello stesso sesso. Stasera si incontrano 30 senatori cattolici del Pd che hanno sottoscritto l'emendamento sull'affido rafforzato. Ma cresce il fronte per lo stralcio del tema dal ddl Cirinnà. Una posizione ufficiale è attesa sempre stasera anche da Forza Italia.

Il Family Day ha spiegato mons. Galantino non sarà una manifestazione promossa dalla Cei, ma dal laicato cattolico: una posizione questa che delinea un nuovo rapporto in Italia tra pastori e laici? Adriana Masotti lo ha chiesto a Paolo Siniscalco, professore emerito all’Università di Roma “La Sapienza” dove ha insegnato “Letteratura cristiana antica e storia del cristianesimo”:

R. – Occorre forse vedere quello che è successo in precedenza: oramai il cammino del laicato in Italia ha tutta una sua storia, che comincia da addirittura oltre 150 anni fa, con la Società della Gioventù cattolica italiana, con l’Opera dei Congressi, col Partito Popolare… Ma il punto di svolta è stato – mi pare – il Concilio Vaticano II e in particolare la Costituzione “Lumen et Gentium”. Qui si passa da una definizione di carattere negativo – il laico non è né chierico né religioso – ad una definizione che individua la ricchezza e la funzione del laicato nella vita della Chiesa. Nella “Lumen et Gentium” si dice che sono tre le grandi vocazioni: da una parte quelle dei membri dell’ordine sacro, dall’altra parte quella dei religiosi e dall’altra ancora quella dei laici. E compito dei laici è proprio il cercare il nome di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio: da qui la grande responsabilità del laico cristiano di affrontare la complessità delle cose del mondo nella luce della Rivelazione.

D. – Venendo all’oggi: il fatto che sia il laicato cattolico a promuovere una manifestazione pubblica e non i vescovi è un fatto positivo?

R. – Direi proprio di sì, anche perché in fondo queste parole del Concilio Vaticano II hanno ancora da essere meglio scoperte e soprattutto applicate alla realtà. Questo può essere un momento, questo può essere un segno di una nuova consapevolezza che lo stesso laicato prende, insieme alla consapevolezza che la gerarchia deve avere dell’importanza del laicato: questo direi che è un punto interessante e molto vivo nel panorama ecclesiale di oggi.

D. – Qualcuno, però, potrebbe dire che da parte della gerarchia in Italia siamo passati dai “valori non negoziabili” di qualche tempo fa al “liberi tutti” di oggi. E’ davvero così?

R. – Direi di no! Bisogna addirittura risalire alla Parola di Gesù: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. E’ qui che nasce una delle grandi scoperte ed anche delle grandi possibilità di una vita civile armoniosa per tutti: da una parte riconoscere, per chi ha fede, Dio e le esigenze di una vita vissuta tenendo conto della trascendenza; dall’altra parte, tener conto delle esigenze della società, della società civile. In questo senso “il dare a Cesare” è il punto fondamentale per la costituzione di una dualità nella vita che la Chiesa deve proporre nella vita comune, nella vita quotidiana; ma l’una cosa non deve minimamente essere di esclusione per l’altra. E per quale fine? Per il bene dell’uomo, per il bene comune.

D. – All’interno del mondo cattolico c’è chi difende il diritto-dovere di scendere in piazza e chi pensa che ci si debba occupare di più di formazione, di educazione. Lei come vede l’esistenza di queste diverse sensibilità?

R. – Mi pare molto chiara la cosa: in fondo il cristiano è un cittadino e in quanto cittadino partecipa alla vita della sua comunità; le comunità sono molte e, partecipando a ciascuna di queste comunità, dice la sua e soprattutto testimonia con la vita quella che è la sua visione, ma rende anche esplicito il suo pensiero. Quindi c’è la testimonianza e c’è anche una manifestazione che può essere quella – diciamo – dello “scendere in piazza”, del fare valere, cioè, quelle che sono le visioni che derivano dall’ispirazione evangelica. Mi pare che questo sia molto, molto chiaro: il cristiano è un cittadino e quindi partecipa alla vita della società.








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