Papa Francesco ha incontrato stamani nella Sala Regia in Vaticano il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per il tradizionale scambio di auguri di inizio anno. Di seguito pubblichiamo il discorso del Papa:
Mondo travagliato ma amato da Dio
Eccellenze, Signore e Signori, vi porgo un cordiale benvenuto a questo appuntamento
annuale, che mi offre l’opportunità di presentarVi gli auguri per il nuovo anno, consentendomi
di riflettere insieme con Voi sulla situazione di questo nostro mondo, benedetto e
amato da Dio, eppure travagliato e afflitto da tanti mali. Ringrazio il nuovo Decano
del Corpo Diplomatico, Sua Eccellenza il Signor Armindo Fernandes do Espírito Santo
Vieira, Ambasciatore di Angola, per le amabili parole che mi ha indirizzato a nome
dell’intero Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, mentre desidero ricordare
in modo speciale – a quasi un mese dalla scomparsa – i compianti Ambasciatori di Cuba,
Rodney Alejandro López Clemente, e della Liberia, Rudolf P. von Ballmoos.
Impegno Santa Sede per la trasparenza finanziaria
L’occasione mi è gradita anche per rivolgere un particolare
pensiero a quanti partecipano per la prima volta a questo incontro, rilevando con
soddisfazione che, nel corso dell’ultimo anno, il numero di Ambasciatori residenti
a Roma si è ulteriormente accresciuto. Si tratta di un significativo segno dell’attenzione
con la quale la Comunità internazionale segue l’attività diplomatica della Santa Sede.
Ne sono una ulteriore prova gli Accordi internazionali sottoscritti o ratificati nel
corso dell’anno appena concluso. In particolare, desidero qui citare le intese specifiche
in materia fiscale firmate con l’Italia e gli Stati Uniti d’America, che testimoniano
l’accresciuto impegno della Santa Sede in favore di una più ampia trasparenza nelle
questioni economiche. Non meno importanti sono gli accordi di carattere generale,
volti a regolare aspetti essenziali della vita e dell’attività della Chiesa nei vari
Paesi, quale l’intesa siglata a Díli con la Repubblica Democratica di Timor Est.
Libertà religiosa e convivenza pacifica tra religioni
Parimenti, desidero richiamare lo scambio degli Strumenti
di Ratifica dell’Accordo con il Ciad sullo statuto giuridico della Chiesa cattolica
nel Paese, come pure l’Accordo firmato e ratificato con la Palestina. Si tratta di
due accordi che, unitamente al Memorandum d’Intesa tra la Segreteria di Stato e il
Ministero degli Affari Esteri del Kuwait, dimostrano, tra l’altro, come la convivenza
pacifica fra appartenenti a religioni diverse sia possibile, laddove la libertà religiosa
è riconosciuta e l’effettiva possibilità di collaborare all’edificazione del bene
comune, nel reciproco rispetto dell’identità culturale di ciascuno, è garantita.
Chi crede in Dio è uomo e donna di pace
D’altra parte, ogni esperienza religiosa autenticamente
vissuta non può che promuovere la pace. Ce lo ricorda il Natale che abbiamo da poco
celebrato e nel quale abbiamo contemplato la nascita di un bambino inerme, «chiamato:
Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace» (cfr Is
9,5). Il mistero dell’Incarnazione ci mostra il vero volto di Dio, per il quale potenza
non significa forza e distruzione, bensì amore; giustizia non significa vendetta,
bensì misericordia. È in questa prospettiva che ho inteso indire il Giubileo straordinario
della Misericordia, inaugurato eccezionalmente a Bangui nel corso del mio viaggio
apostolico in Kenya, Uganda e Repubblica Centroafricana. In un Paese lungamente provato
da fame, povertà e conflitti, dove la violenza fratricida degli ultimi anni ha lasciato
ferite profonde negli animi, lacerando la comunità nazionale e generando miseria materiale
e morale, l’apertura della Porta Santa della Cattedrale di Bangui ha voluto essere
un segno di incoraggiamento ad alzare lo sguardo, a riprendere il cammino e a ritrovare
le ragioni del dialogo. Laddove il nome di Dio è stato abusato per commettere ingiustizia,
ho voluto ribadire, insieme con la comunità musulmana della Repubblica Centroafricana,
che «chi dice di credere in Dio dev’essere anche un uomo o una donna di pace» , e
dunque di misericordia, giacché non si può mai uccidere nel nome di Dio. Solo una
forma ideologica e deviata di religione può pensare di rendere giustizia nel nome
dell’Onnipotente, deliberatamente massacrando persone inermi, come è avvenuto nei
sanguinari attentati terroristici dei mesi scorsi in Africa, Europa e Medio Oriente.
Visita a Sarajevo
La misericordia è stato come il “filo conduttore”
che ha guidato i miei viaggi apostolici già nel corso dell’anno passato. Mi riferisco
anzitutto alla visita a Sarajevo, città profondamente ferita dalla guerra nei Balcani
e capitale di un Paese, la Bosnia ed Erzegovina, che riveste uno speciale significato
per l’Europa e per il mondo intero. Quale crocevia di culture, nazioni e religioni
si sta sforzando, con esiti positivi, di costruire sempre nuovi ponti, di valorizzare
ciò che unisce e di guardare alle differenze come opportunità di crescita nel rispetto
di tutti. Ciò è possibile mediante un dialogo paziente e fiducioso, che sa far propri
i valori della cultura di ciascuno e accogliere il bene proveniente dalle esperienze
altrui .
Viaggi in Bolivia, Ecuador, Paraguay, Cuba e Stati Uniti
Il mio pensiero va poi al viaggio in Bolivia, Ecuador
e Paraguay, dove ho incontrato popoli che non si arrendono dinanzi alle difficoltà
e affrontano con coraggio, determinazione e spirito di fraternità le numerose sfide
che li affliggono, a partire dalla diffusa povertà e dalle disuguaglianze sociali.
Nel corso del viaggio a Cuba e negli Stati Uniti d’America ho potuto abbracciare due
Paesi che sono stati lungamente divisi e che hanno deciso di scrivere una nuova pagina
della storia, intraprendendo un cammino di ravvicinamento e di riconciliazione.
Incontro delle Famiglie a Filadelfia e viaggi in Sri Lanka e Filippine
A Filadelfia, in occasione dell’Incontro Mondiale
delle Famiglie, come pure nel corso del viaggio in Sri Lanka e nelle Filippine e con
il recente Sinodo dei Vescovi, ho richiamato l’importanza della famiglia, che è la
prima è più importante scuola di misericordia, nella quale si impara a scoprire il
volto amorevole di Dio e dove la nostra umanità cresce e si sviluppa. Purtroppo, conosciamo
le numerose sfide che la famiglia deve affrontare in questo tempo, in cui è «minacciata
dai crescenti tentativi da parte di alcuni per ridefinire la stessa istituzione del
matrimonio mediante il relativismo, la cultura dell’effimero, una mancanza di apertura
alla vita» . C’è oggi una diffusa paura dinanzi alla definitività che la famiglia
esige e ne fanno le spese soprattutto i più giovani, spesso fragili e disorientati,
e gli anziani che finiscono per essere dimenticati e abbandonati. Al contrario, «dalla
fraternità vissuta in famiglia, nasce (…) la solidarietà nella società» , che ci porta
ad essere responsabili l’uno dell’altro. Ciò è possibile solo se nelle nostre case,
così come nelle nostre società, non lasciamo sedimentare le fatiche e i risentimenti,
ma diamo posto al dialogo, che è il migliore antidoto all’individualismo così ampiamente
diffuso nella cultura del nostro tempo.
Indifferenza e cinismo di fronte ai poveri
Cari Ambasciatori, Uno spirito individualista è terreno
fertile per il maturare di quel senso di indifferenza verso il prossimo, che porta
a trattarlo come mero oggetto di compravendita, che spinge a disinteressarsi dell’umanità
degli altri e finisce per rendere le persone pavide e ciniche. Non sono forse questi
i sentimenti che spesso abbiamo di fronte ai poveri, agli emarginati, agli ultimi
della società? E quanti ultimi abbiamo nelle nostre società! Tra questi, penso soprattutto
ai migranti, con il loro carico di difficoltà e sofferenze, che affrontano ogni giorno
nella ricerca, talvolta disperata, di un luogo ove vivere in pace e con dignità.
Grave emergenza migratoria
Vorrei perciò quest’oggi soffermarmi a riflettere
con Voi sulla grave emergenza migratoria che stiamo affrontando, per discernerne le
cause, prospettare delle soluzioni, vincere l’inevitabile paura che accompagna un
fenomeno così massiccio e imponente, che nel corso del 2015 ha riguardato soprattutto
l’Europa, ma anche diverse regioni dell’Asia e il nord e il centro America.
Tutta la Bibbia ci narra la storia di un’umanità in cammino
«Non aver paura e non spaventarti, perché il Signore,
tuo Dio, è con te, dovunque tu vada» (Gs 1,9). È la promessa che Dio fa a Giosuè e
che mostra quanto il Signore accompagni ogni persona, soprattutto chi è in una situazione
di fragilità come quella di chi cerca rifugio in un paese straniero. Invero, tutta
la Bibbia ci narra la storia di un’umanità in cammino, perché l’essere in movimento
è connaturale all’uomo. La sua storia è fatta di tante migrazioni, talvolta maturate
come consapevolezza del diritto ad una libera scelta, sovente dettate da circostanze
esteriori. Dall’esilio dal paradiso terrestre fino ad Abramo in marcia verso la terra
promessa; dal racconto dell’Esodo alla deportazione in Babilonia, la Sacra Scrittura
narra fatiche e dolori, desideri e speranze, che sono simili a quelli delle centinaia
di migliaia di persone in marcia ai nostri giorni, con la stessa determinazione di
Mosè di raggiungere una terra nella quale scorra “latte e miele” (cfr Es 3,17), dove
poter vivere liberi e in pace.
Ancora oggi udiamo il grido di Rachele che piange i suoi figli
E così, oggi come allora, udiamo il grido di Rachele
che piange i suoi figli perché non sono più (cfr Ger 31,15; Mt 2,18). È la voce delle
migliaia di persone che piangono in fuga da guerre orribili, da persecuzioni e violazioni
dei diritti umani, o da instabilità politica o sociale, che rendono spesso impossibile
la vita in patria. È il grido di quanti sono costretti a fuggire per evitare le barbarie
indicibili praticate verso persone indifese, come i bambini e i disabili, o il martirio
per la sola appartenenza religiosa.
E’ la voce di quanti fuggono dalla miseria estrema
Come allora, udiamo la voce di Giacobbe che dice ai
suoi figli «Andate laggiù e comprate [il grano] per noi, perché possiamo conservarci
in vita e non morire» (Gen 42,2). È la voce di quanti fuggono dalla miseria estrema,
per l’impossibilità di sfamare la famiglia o di accedere alle cure mediche e all’istruzione,
dal degrado senza prospettive di alcun progresso, o anche a causa dei cambiamenti
climatici e di condizioni climatiche estreme. Purtroppo, è noto come la fame sia ancora
una delle piaghe più gravi del nostro mondo, con milioni di bambini che ogni anno
muoiono a causa di essa. Duole, tuttavia, constatare che spesso questi migranti non
rientrano nei sistemi internazionali di protezione in base agli accordi internazionali.
Cultura dello scarto mette in pericolo la persona umana
Come non vedere in tutto ciò il frutto di quella “cultura
dello scarto” che mette in pericolo la persona umana, sacrificando uomini e donne
agli idoli del profitto e del consumo? È grave assuefarci a queste situazioni di povertà
e di bisogno, ai drammi di tante persone e farle diventare “normalità”. Le persone
non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere
o disabili, se “non servono ancora” – come i nascituri –, o “non servono più” – come
gli anziani. Siamo diventati insensibili ad ogni forma di spreco, a partire da quello
alimentare, che è tra i più deprecabili, quando ci sono molte persone e famiglie che
soffrono fame e malnutrizione .
Occorre un impegno comune
La Santa Sede auspica che il Primo Vertice Umanitario
Mondiale, convocato nel maggio prossimo dalle Nazioni Unite, possa riuscire, nel triste
quadro odierno di conflitti e disastri, nel suo intento di mettere la persona umana
e la sua dignità al cuore di ogni risposta umanitaria. Occorre un impegno comune che
rovesci decisamente la cultura dello scarto e dell’offesa della vita umana, affinché
nessuno si senta trascurato o dimenticato e altre vite non vengano sacrificate per
la mancanza di risorse e, soprattutto, di volontà politica.
Arroganza dei potenti che strumentalizzano i deboli
Purtroppo, oggi come allora, sentiamo la voce di Giuda
che suggerisce di vendere il proprio fratello (cfr Gen 37,26-27). È l’arroganza dei
potenti che strumentalizzano i deboli, riducendoli ad oggetti per fini egoistici o
per calcoli strategici e politici. Laddove è impossibile una migrazione regolare,
i migranti sono spesso costretti a scegliere di rivolgersi a chi pratica la tratta
o il contrabbando di esseri umani, pur essendo in gran parte coscienti del pericolo
di perdere durante il viaggio i beni, la dignità e perfino la vita. In questa prospettiva,
rinnovo ancora l’appello a fermare il traffico di persone, che mercifica gli esseri
umani, specialmente i più deboli e indifesi. E rimarranno sempre indelebilmente impresse
nelle nostre menti e nei nostri cuori le immagini dei bambini morti in mare, vittime
della spregiudicatezza degli uomini e dell’inclemenza della natura. Chi poi sopravvive
e approda ad un Paese che lo accoglie porta indelebilmente le cicatrici profonde di
queste esperienze, oltre a quelle legate agli orrori che sempre accompagnano guerre
e violenze.
Molti migranti lasciano il proprio Paese perché costretti
Come allora, anche oggi si ode l’Angelo ripetere:
«Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non
ti avvertirò» (Mt 2,13). È la voce che sentono i molti migranti che non lascerebbero
mai il proprio Paese se non vi fossero costretti. Tra questi vi sono numerosi cristiani
che sempre più massicciamente hanno abbandonato nel corso degli ultimi anni le proprie
terre, che pure hanno abitato fin dalle origini del cristianesimo.
Cristiani del Medio Oriente
Infine, anche oggi ascoltiamo la voce del salmista
che ripete: «Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion» (Sal
136 [137],1). È il pianto di quanti farebbero volentieri ritorno nei propri Paesi,
se vi trovassero idonee condizioni di sicurezza e di sussistenza. Anche qui il mio
pensiero va ai cristiani del Medio Oriente desiderosi di contribuire, come cittadini
a pieno titolo, al benessere spirituale e materiale delle rispettive Nazioni.
Cause migrazioni si potevano prevenire
Gran parte delle cause delle migrazioni si potevano
affrontare già da tempo. Si sarebbero così potute prevenire tante sciagure o, almeno,
mitigarne le conseguenze più crudeli. Anche oggi, e prima che sia troppo tardi, molto
si potrebbe fare per fermare le tragedie e costruire la pace. Ciò significherebbe
però rimettere in discussione abitudini e prassi consolidate, a partire dalle problematiche
connesse al commercio degli armamenti, al problema dell’approvvigionamento di materie
prime e di energia, agli investimenti, alle politiche finanziarie e di sostegno allo
sviluppo, fino alla grave piaga della corruzione. Siamo consapevoli poi che, sul tema
della migrazione, occorra stabilire progetti a medio e lungo termine che vadano oltre
la risposta di emergenza. Essi dovrebbero da un lato aiutare effettivamente l’integrazione
dei migranti nei Paesi di accoglienza e, nel contempo, favorire lo sviluppo dei Paesi
di provenienza con politiche solidali, che però non sottomettano gli aiuti a strategie
e pratiche ideologicamente estranee o contrarie alle culture dei popoli cui sono indirizzate.
Migrazioni in America ed Europa
Senza dimenticare altre situazioni drammatiche, tra
le quali penso particolarmente alla frontiera fra Messico e Stati Uniti d’America,
che lambirò recandomi a Ciudad Juárez il mese prossimo, vorrei dedicare un pensiero
speciale all’Europa. Infatti, nel corso dell’ultimo anno essa è stata interessata
da un imponente flusso di profughi – molti dei quali hanno trovato la morte nel tentativo
di raggiungerla –, che non ha precedenti nella sua storia recente, nemmeno al termine
della seconda guerra mondiale. Molti migranti provenienti dall’Asia e dall’Africa,
vedono nell’Europa un punto di riferimento per principi come l’uguaglianza di fronte
al diritto e valori inscritti nella natura stessa di ogni uomo, quali l’inviolabilità
della dignità e dell’uguaglianza di ogni persona, l’amore al prossimo senza distinzione
di origine e di appartenenza, la libertà di coscienza e la solidarietà verso i propri
simili.
Ondata migratoria sembra minare spirito umanistico Europa
Tuttavia, i massicci sbarchi sulle coste del Vecchio
Continente sembrano far vacillare il sistema di accoglienza, costruito faticosamente
sulle ceneri del secondo conflitto mondiale e che costituisce ancora un faro di umanità
cui riferirsi. Di fronte all’imponenza dei flussi e agli inevitabili problemi connessi,
sono sorti non pochi interrogativi sulle reali possibilità di ricezione e di adattamento
delle persone, sulla modifica della compagine culturale e sociale dei Paesi di accoglienza,
come pure sul ridisegnarsi di alcuni equilibri geo-politici regionali. Altrettanto
rilevanti sono i timori per la sicurezza, esasperati oltremodo della dilagante minaccia
del terrorismo internazionale. L’attuale ondata migratoria sembra minare le basi di
quello “spirito umanistico” che l’Europa da sempre ama e difende . Tuttavia, non ci
si può permettere di perdere i valori e i principi di umanità, di rispetto per la
dignità di ogni persona, di sussidiarietà e di solidarietà reciproca, quantunque essi
possano costituire, in alcuni momenti della storia, un fardello difficile da portare.
Desidero, dunque, ribadire il mio convincimento che l’Europa, aiutata dal suo grande
patrimonio culturale e religioso, abbia gli strumenti per difendere la centralità
della persona umana e per trovare il giusto equilibrio fra il duplice dovere morale
di tutelare i diritti dei propri cittadini e quello di garantire l’assistenza e l’accoglienza
dei migranti .
Gratitudine per iniziative di accoglienza
In pari tempo, sento la necessità di esprimere gratitudine
per tutte le iniziative prese per favorire una dignitosa accoglienza delle persone,
quali, fra gli altri, il Fondo Migranti e Rifugiati della Banca di Sviluppo del Consiglio
d’Europa, nonché per l’impegno di quei Paesi che hanno mostrato un generoso atteggiamento
di condivisione. Mi riferisco anzitutto alle Nazioni vicine alla Siria, che hanno
dato risposte immediate di assistenza e di accoglienza, soprattutto il Libano, dove
i rifugiati costituiscono un quarto della popolazione complessiva, e la Giordania,
che non ha chiuso le frontiere nonostante ospitasse già centinaia di migliaia di rifugiati.
Parimenti non bisogna dimenticare gli sforzi di altri Paesi impegnati in prima linea,
tra i quali specialmente la Turchia e la Grecia. Una particolare riconoscenza desidero
esprimere all’Italia, il cui impegno deciso ha salvato molte vite nel Mediterraneo
e che tuttora si fa carico sul suo territorio di un ingente numero di rifugiati. Auspico
che il tradizionale senso di ospitalità e solidarietà che contraddistingue il popolo
italiano non venga affievolito dalle inevitabili difficoltà del momento, ma, alla
luce della sua tradizione plurimillenaria, sia capace di accogliere ed integrare il
contributo sociale, economico e culturale che i migranti possono offrire.
Migrazioni elemento fondante del futuro del mondo
È importante che le Nazioni in prima linea nell’affrontare
l’attuale emergenza non siano lasciate sole, ed è altrettanto indispensabile avviare
un dialogo franco e rispettoso tra tutti i Paesi coinvolti nel problema – di provenienza,
di transito o di accoglienza – affinché, con una maggiore audacia creativa, si ricerchino
soluzioni nuove e sostenibili. Non si possono, infatti, pensare nell’attuale congiuntura
soluzioni perseguite in modo individualistico dai singoli Stati, poiché le conseguenze
delle scelte di ciascuno ricadono inevitabilmente sull’intera Comunità internazionale.
È noto, infatti, che le migrazioni costituiranno un elemento fondante del futuro del
mondo più di quanto non l’abbiano fatto finora e che le risposte potranno essere frutto
solo di un lavoro comune, che sia rispettoso della dignità umana e dei diritti delle
persone. L’Agenda di Sviluppo adottata nel settembre scorso dalle Nazioni Unite per
i prossimi 15 anni, che affronta molti dei problemi che spingono alla migrazione,
come pure altri documenti della Comunità internazionale per gestire la questione migratoria,
potranno trovare un’applicazione coerente alle aspettative se sapranno rimettere la
persona al centro delle decisioni politiche a tutti i livelli, vedendo l’umanità come
una sola famiglia e gli uomini come fratelli, nel rispetto delle reciproche differenze
e convinzioni di coscienza.
Impegno nel dialogo ecumenico e interreligioso
Nell’affrontare la questione migratoria non si potranno
tralasciare, infatti, i risvolti culturali connessi, a partire da quelli legati all’appartenenza
religiosa. L’estremismo e il fondamentalismo trovano un terreno fertile non solo in
una strumentalizzazione della religione per fini di potere, ma anche nel vuoto di
ideali e nella perdita d’identità – anche religiosa –, che drammaticamente connota
il cosiddetto Occidente. Da tale vuoto nasce la paura che spinge a vedere l’altro
come un pericolo ed un nemico, a chiudersi in sé stessi, arroccandosi su posizioni
preconcette. Il fenomeno migratorio pone, dunque, un serio interrogativo culturale,
al quale non ci si può esimere dal rispondere. L’accoglienza può essere dunque un’occasione
propizia per una nuova comprensione e apertura di orizzonte, sia per chi è accolto,
il quale ha il dovere di rispettare i valori, le tradizioni e le leggi della comunità
che lo ospita, sia per quest’ultima, chiamata a valorizzare quanto ogni immigrato
può offrire a vantaggio di tutta la comunità. In tale ambito, la Santa Sede rinnova
il proprio impegno in campo ecumenico ed interreligioso per instaurare un dialogo
sincero e leale che, valorizzando le particolarità e l’identità propria di ciascuno,
favorisca una convivenza armoniosa fra tutte le componenti sociali.
Accordi sul nucleare iraniano e sul clima
Distinti Membri del Corpo Diplomatico, il 2015 ha
visto la conclusione di importanti intese internazionali, le quali fanno ben sperare
per il futuro. Penso anzitutto al cosiddetto Accordo sul nucleare iraniano, che auspico
contribuisca a favorire un clima di distensione nella Regione, come pure al raggiungimento
dell’atteso accordo sul clima nel corso della Conferenza di Parigi. Un’intesa significativa
– quest’ultima – che rappresenta un importante risultato per l’intera Comunità internazionale
e che mette in luce una forte presa di coscienza collettiva circa la grave responsabilità
che ciascuno, individui e nazioni, ha di custodire il creato, promuovendo una «cultura
della cura che impregni tutta la società» . È ora fondamentale che gli impegni assunti
non rappresentino solo un buon proposito, ma costituiscano per tutti gli Stati un
effettivo obbligo a porre in essere le azioni necessarie per salvaguardare la nostra
amata Terra, a beneficio dell’intera umanità, soprattutto delle generazioni future.
2016 carico di sfide
Da parte sua, l’anno da poco iniziato si preannuncia
carico di sfide, e non poche tensioni si sono già affacciate all’orizzonte. Penso
soprattutto ai gravi contrasti sorti nella regione del Golfo Persico, come pure al
preoccupante esperimento militare condotto nella penisola coreana. Auspico che le
contrapposizioni lascino spazio alla voce della pace e alla buona volontà di cercare
intese. In tale prospettiva, rilevo con soddisfazione come non manchino gesti significativi
e particolarmente incoraggianti. Mi riferisco in particolare al clima di pacifica
convivenza nel quale si sono svolte le recenti elezioni nella Repubblica Centroafricana
e che costituisce un segno positivo della volontà di proseguire il cammino intrapreso
verso una piena riconciliazione nazionale. Penso, inoltre, alle nuove iniziative avviate
a Cipro per sanare una divisione di lunga data e agli sforzi intrapresi dal popolo
colombiano per superare i conflitti del passato e conseguire la pace da tempo agognata.
Tutti guardiamo poi con speranza gli importanti passi intrapresi dalla Comunità internazionale
per raggiungere una soluzione politica e diplomatica della crisi in Siria, che ponga
fine alle sofferenze, durate troppo a lungo, della popolazione. Parimenti, sono incoraggianti
i segnali provenienti dalla Libia, che fanno sperare in un rinnovato impegno per far
cessare le violenze e ritrovare l’unità del Paese. D’altra parte, appare sempre più
evidente che solamente un’azione politica comune e concordata potrà contribuire ad
arginare il dilagare dell’estremismo e del fondamentalismo, con i suoi risvolti di
matrice terroristica, che mietono innumerevoli vittime tanto in Siria e in Libia,
come in altri Paesi, quali Iraq e Yemen.
Anno Misericordia porti la pace
Quest’Anno Santo della Misericordia sia anche l’occasione
di dialogo e riconciliazione volto all’edificazione del bene comune in Burundi, nella
Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan. Soprattutto sia un tempo propizio
per porre definitivamente termine al conflitto nelle regioni orientali dell’Ucraina.
è di fondamentale importanza il sostegno che la Comunità internazionale, i singoli
Stati e le organizzazioni umanitarie potranno offrire al Paese sotto molteplici punti
di vista, affinché esso superi l’attuale crisi.
Vincere indifferenza
La sfida che più di ogni altra ci attende è però quella
di vincere l’indifferenza per costruire insieme la pace , la quale rimane un bene
da perseguire sempre. Purtroppo tra le tante parti del nostro amato mondo che la bramano
ardentemente, vi è la Terra che Dio ha prediletto e scelto per mostrare a tutti il
volto della sua misericordia. Il mio augurio è che questo nuovo anno possa sanare
le profonde ferite che separano Israeliani e Palestinesi e permettere la pacifica
convivenza di due popoli che – ne sono certo – dal profondo del cuore null’altro chiedono
che pace!
Impegno della Santa Sede per la pace
Eccellenze, Signore e Signori, a livello diplomatico,
la Santa Sede non smetterà mai di lavorare perché la voce della pace possa essere
udita fino agli estremi confini della terra. Rinnovo pertanto la piena disponibilità
della Segreteria di Stato a collaborare con Voi nel favorire un dialogo costante tra
la Sede Apostolica e i Paesi che rappresentate a beneficio dell’intera Comunità internazionale,
con l’intima certezza che quest’anno giubilare potrà essere l’occasione propizia perché
la fredda indifferenza di tanti cuori sia vinta dal calore della misericordia, dono
prezioso di Dio, che trasforma il timore in amore e ci rende artefici di pace. Con
questi sentimenti rinnovo a ciascuno di Voi, alle Vostre famiglie, ai Vostri Paesi
i più fervidi auguri di un anno pieno di benedizioni. Grazie.
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