2016-01-11 12:38:00

Papa: ascoltare grido dei migranti vincendo cultura dello scarto


Un accorato appello in difesa della dignità umana e in particolare dei migranti che sfuggono da guerre e miseria in cerca di un futuro di speranza. E’ questa la cifra del lungo, appassionato discorso che Francesco ha rivolto nel tradizionale incontro di inizio anno con il Corpo Diplomatico, nella Sala Regia del Palazzo Apostolico. Il Papa ha incoraggiato le nazioni e le organizzazioni internazionali a risolvere le situazioni di crisi e conflitto ed ha ribadito che per costruire la pace, sconfiggere la miseria e proteggere l’ambiente bisogna vincere l’indifferenza e “ribaltare la cultura dello scarto”. La Santa Sede intrattiene oggi rapporti diplomatici pieni con 180 Paesi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Ancora oggi udiamo il grido di Rachele che piange i suoi figli
Anche oggi come duemila anni fa, “udiamo il grido di Rachele che piange i suoi figli perché non sono più”. Tra le mura della Sala Regia, di fronte agli ambasciatori di tutto il mondo, Francesco fa idealmente riecheggiare il pianto di una madre per la morte dei propri figli:

“E’ la voce delle migliaia di persone che piangono in fuga da guerre orribili, da persecuzioni e violazioni dei diritti umani, o da instabilità politica o sociale, che rendono spesso impossibile la vita in patria”. È il grido, riprende, “di quanti sono costretti a fuggire per evitare le barbarie indicibili praticate verso persone indifese, come i bambini e i disabili, o il martirio per la sola appartenenza religiosa”.

Non fare diventare “normalità” la morte dei migranti
Come allora, soggiunge, “udiamo la voce di Giacobbe che dice ai suoi figli” di lasciare la propria terra per conservarsi “in vita e non morire”. È la voce, dice il Papa, “di quanti fuggono dalla miseria estrema, per l’impossibilità di sfamare la famiglia o di accedere alle cure mediche e all’istruzione, dal degrado senza prospettive di alcun progresso, o anche a causa dei cambiamenti climatici e di condizioni climatiche estreme”. Purtroppo, avverte Francesco, “è noto come la fame sia ancora una delle piaghe più gravi del nostro mondo, con milioni di bambini che ogni anno muoiono a causa di essa”. Ed esprime il suo rammarico nel “constatare che spesso questi migranti non rientrano nei sistemi internazionali di protezione in base agli accordi internazionali”:

“Come non vedere in tutto ciò il frutto di quella cultura dello scarto che mette in pericolo la persona umana, sacrificando uomini e donne agli idoli del profitto e del consumo? E’ grave assuefarci a queste situazioni di povertà e di bisogno, ai drammi di tante persone e farle diventare normalità. Le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se non servono ancora – come i nascituri –, o non servono più – come gli anziani”.

Rovesciare la cultura dello scarto, nessuno venga dimenticato
Siamo “diventati insensibili – prosegue – ad ogni forma di spreco, a partire da quello alimentare, che è tra i più deprecabili, quando ci sono molte persone e famiglie che soffrono fame e malnutrizione”. Auspica dunque la buona riuscita del Primo Vertice Umanitario Mondiale, convocato nel maggio prossimo dall’Onu:

“Occorre un impegno comune che rovesci decisamente la cultura dello scarto e dell’offesa della vita umana, affinché nessuno si senta trascurato o dimenticato e altre vite non vengano sacrificate per la mancanza di risorse e, soprattutto, di volontà politica. Purtroppo, oggi come allora, sentiamo la voce di Giuda che suggerisce di vendere il proprio fratello (cfr Gen 37,26-27). È l’arroganza dei potenti che strumentalizzano i deboli, riducendoli ad oggetti per fini egoistici o per calcoli strategici e politici”.

Fermare traffico di persone, basta bambini morti in mare
“Laddove è impossibile una migrazione regolare – riprende – i migranti sono spesso costretti a scegliere di rivolgersi a chi pratica la tratta o il contrabbando di esseri umani, pur essendo in gran parte coscienti del pericolo di perdere durante il viaggio i beni, la dignità e perfino la vita”:

“In questa prospettiva, rinnovo ancora l’appello a fermare il traffico di persone, che mercifica gli esseri umani, specialmente i più deboli e indifesi. E rimarranno sempre indelebilmente impresse nelle nostre menti e nei nostri cuori le immagini dei bambini morti in mare, vittime della spregiudicatezza degli uomini e dell’inclemenza della natura”.

Mettere fine al commercio degli armamenti
“Chi poi sopravvive e approda ad un Paese che lo accoglie – sottolinea – porta indelebilmente le cicatrici profonde di queste esperienze, oltre a quelle legate agli orrori che sempre accompagnano guerre e violenze.” Francesco rimarca che molti migranti “non lascerebbero mai il proprio Paese se non vi fossero costretti”. Tra questi, rammenta, “vi sono numerosi cristiani che sempre più massicciamente hanno abbandonato nel corso degli ultimi anni le proprie terre, che pure hanno abitato fin dalle origini del cristianesimo”. Il pensiero del Papa va proprio ai cristiani del Medio Oriente desiderosi di contribuire, come cittadini a pieno titolo, al benessere spirituale e materiale delle rispettive Nazioni”. Gran parte delle cause delle migrazioni, rileva, “si potevano affrontare già da tempo. Si sarebbero così potute prevenire tante sciagure o, almeno, mitigarne le conseguenze più crudeli”:

“Anche oggi, e prima che sia troppo tardi, molto si potrebbe fare per fermare le tragedie e costruire la pace. Ciò significherebbe però rimettere in discussione abitudini e prassi consolidate, a partire dalle problematiche connesse al commercio degli armamenti, al problema dell’approvvigionamento di materie prime e di energia, agli investimenti, alle politiche finanziarie e di sostegno allo sviluppo, fino alla grave piaga della corruzione”.

No ad aiuti condizionati da imposizione ideologie
Le politiche migratorie, riprende, “dovrebbero da un lato aiutare effettivamente l’integrazione dei migranti nei Paesi di accoglienza” dall’altro, “favorire lo sviluppo dei Paesi di provenienza” con politiche “solidali, che però non sottomettano gli aiuti a strategie e pratiche ideologicamente estranee o contrarie alle culture dei popoli cui sono indirizzate”. Il Papa fa riferimento alle situazioni drammatiche che si vivono alla frontiera tra Messico e Stati Uniti, ma si sofferma in particolare su quanto sta accadendo in Europa con un “imponente flusso di profughi – molti dei quali hanno trovato la morte nel tentativo di raggiungerla – che non ha precedenti nella sua storia recente, nemmeno al termine della seconda guerra mondiale”.

L’Europa non abbandoni il suo spirito, accolga chi fugge
I migranti che vengono dall’Asia e dall’Africa, sottolinea il Papa, “vedono nell’Europa un punto di riferimento per principi come l’uguaglianza” e “l’inviolabilità della dignità”. Tuttavia, i massicci sbarchi sulle coste del Vecchio Continente “sembrano far vacillare il sistema di accoglienza” e “sono sorti non pochi interrogativi sulle reali possibilità di ricezione e di adattamento delle persone”. “Altrettanto rilevanti – constata Francesco – sono i timori per la sicurezza, esasperati oltremodo della dilagante minaccia del terrorismo internazionale”:

“L’attuale ondata migratoria sembra minare le basi di quello ‘spirito umanistico’ che l’Europa da sempre ama e difende. Tuttavia, non ci si può permettere di perdere i valori e i principi di umanità, di rispetto per la dignità di ogni persona, di sussidiarietà e di solidarietà reciproca, quantunque essi possano costituire, in alcuni momenti della storia, un fardello difficile da portare. Desidero, dunque, ribadire il mio convincimento che l’Europa, aiutata dal suo grande patrimonio culturale e religioso, abbia gli strumenti per difendere la centralità della persona umana e per trovare il giusto equilibrio fra il duplice dovere morale di tutelare i diritti dei propri cittadini e quello di garantire l’assistenza e l’accoglienza dei migranti”.

Italia non affievolisca suo senso di ospitalità
Il Papa non manca di esprimere gratitudine a quanti Stati, Organizzazioni umanitarie hanno favorito la dignitosa accoglienza dei migranti e cita in particolare il Libano, la Giordania, la Turchia e la Grecia:

“Una particolare riconoscenza desidero esprimere all’Italia, il cui impegno deciso ha salvato molte vite nel Mediterraneo e che tuttora si fa carico sul suo territorio di un ingente numero di rifugiati. Auspico che il tradizionale senso di ospitalità e solidarietà che contraddistingue il popolo italiano non venga affievolito dalle inevitabili difficoltà del momento, ma, alla luce della sua tradizione plurimillenaria, sia capace di accogliere ed integrare il contributo sociale, economico e culturale che i migranti possono offrire”.

È importante, afferma ancora, che le nazioni “in prima linea nell’affrontare l’attuale emergenza non siano lasciate sole”, “non si possono, infatti, pensare nell’attuale congiuntura soluzioni perseguite in modo individualistico dai singoli Stati, poiché le conseguenze delle scelte di ciascuno ricadono inevitabilmente sull’intera Comunità internazionale”. “Nell’affrontare la questione migratoria – ammonisce – non si potranno tralasciare, infatti, i risvolti culturali connessi, a partire da quelli legati all’appartenenza religiosa”.

Fondamentalismo trova terreno nel vuoto di valori
“L’estremismo e il fondamentalismo – è il suo avvertimento – trovano un terreno fertile non solo in una strumentalizzazione della religione per fini di potere, ma anche nel vuoto di ideali e nella perdita d’identità – anche religiosa –, che drammaticamente connota il cosiddetto Occidente”. Da tale vuoto, riconosce, “nasce la paura che spinge a vedere l’altro come un pericolo ed un nemico, a chiudersi in sé stessi, arroccandosi su posizioni preconcette. Il fenomeno migratorio pone, dunque, un serio interrogativo culturale, al quale non ci si può esimere dal rispondere”:

“L’accoglienza può essere dunque un’occasione propizia per una nuova comprensione e apertura di orizzonte, sia per chi è accolto, il quale ha il dovere di rispettare i valori, le tradizioni e le leggi della comunità che lo ospita, sia per quest’ultima, chiamata a valorizzare quanto ogni immigrato può offrire a vantaggio di tutta la comunità. In tale ambito, la Santa Sede rinnova il proprio impegno in campo ecumenico ed interreligioso per instaurare un dialogo sincero e leale che, valorizzando le particolarità e l’identità propria di ciascuno, favorisca una convivenza armoniosa fra tutte le componenti sociali”.

Non si può mai uccidere nel nome di Dio
Francesco sottolinea inoltre che la “convivenza pacifica tra appartenenti e religioni diverse” è possibile “laddove la libertà religiosa è riconosciuta”. D’altra parte, soggiunge “ogni esperienza religiosa autenticamente vissuta non può che promuovere la pace”. Il Papa non manca poi di ricordare i suoi viaggi apostolici, tutti all’insegna della costruzione di ponti di pace. Ricorda che a Filadelfia ha ribadito l’importanza della famiglia, “prima scuola di misericordia” oggi “minacciata dai crescenti tentativi da parte di alcuni di ridefinire la stessa istituzione del matrimonio”. In particolare poi si sofferma sull’apertura della Porta Santa nella Cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana:

“Laddove il nome di Dio è stato abusato per commettere ingiustizia, ho voluto ribadire, insieme con la comunità musulmana della Repubblica Centroafricana, che «chi dice di credere in Dio dev’essere anche un uomo o una donna di pace», e dunque di misericordia, giacché non si può mai uccidere nel nome di Dio. Solo una forma ideologica e deviata di religione può pensare di rendere giustizia nel nome dell’Onnipotente, deliberatamente massacrando persone inermi, come è avvenuto nei sanguinari attentati terroristici dei mesi scorsi in Africa, Europa e Medio Oriente”.

Pace per la Siria e per i popoli che soffrono a causa della guerra
Francesco ricorda dunque con soddisfazione l’accordo sul clima raggiunto alla Conferenza di Parigi e chiede che gli “impegni assunti non rappresentino solo un buon proposito ma costituiscano per tutti un effettivo obbligo” per salvaguardare la nostra Terra. Ancora, auspica la soluzione politica del conflitto in Siria come della crisi israelo-palestinese. Pace chiede anche per la Libia e gli altri Paesi del Medio Oriente. Francesco incoraggia la distensione nella regione del Golfo Persico, dopo l’accordo sul nucleare iraniano mentre esprime preoccupazione per il recente esperimento nucleare condotto nella penisola coreana. Speranze di riconciliazione il Papa le esprime infine per i tanti Paesi africani che soffrono a causa delle violenze. Nell’Anno Santo della Misericodia, Francesco ribadisce che la sfida che ci aspetta è “vincere l’indifferenza per costruire insieme la pace”. La Santa Sede, conclude Francesco, “non smetterà mai di lavorare perché la voce della pace possa essere udita fino agli estremi confini della terra”.








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