2016-01-11 14:59:00

Oltre 100 migranti morti nel Mar Rosso: migliaia di vittime ogni anno


Sono 112 i corpi recuperati morti nel mar Rosso davanti alla regione autonoma del Somaliland, al nord della Somalia: profughi etiopi e somali in fuga per una vita migliore. La loro barca è andata a picco, 75 sono stati salvati dalla Guardia Costiera. Altri - s’ignora quanti - sono dispersi. Tre i membri dell’equipaggio arrestati. I fatti risalgono a venerdì scorso, ma sono passati quasi inosservati sulla stampa. Come mai? Roberta Gisotti lo ha chiesto a Christopher Hein, portavoce e consigliere strategico del Consiglio italiano rifugiati (Cir):

R. – C’è nella stampa, nei media in generale e certamente non solo in Italia, una forte tendenza a considerare solo le notizie che riguardano il nostro continente e quindi anche di pensare che la rotta dalla Libia, dal Nord Africa verso la Sicilia sia l’unica rotta marittima dei rifugiati, dei richiedenti asilo, dei migranti, senza considerare che situazioni simili le vediamo già da anni, dalla costa somala verso lo Yemen, anche se a volte sono poi le stesse persone, gli stessi rifugiati somali, eritrei o etiopi che arrivano pure in Europa occidentale: certamente non si fermano in Yemen, quando riescono ad arrivare sani e salvi. Purtroppo, quest’ultima tragedia non è la prima e non sarà neanche l’ultima.

D. – Si stima quanti siano questi profughi, che attraversano il Mar Rosso?

R. – Si parla, per l’anno 2015, di oltre 80 mila persone che attraversano il Golfo di Aden e quindi il Mar Rosso, partendo appunto dalla costa somala inclusa la costa del Somaliland, a Nord della Somalia. Quindi, si tratta di un numero comunque impressionante di persone, anche se certamente ancora una volta non paragonabile a quello dell’attraversamento del Mediterraneo.

D. – Questi profughi hanno come prima meta lo Yemen. Sappiamo che lo Yemen nel 2015 è stato – e lo è tuttora – attraversato da un sanguinoso conflitto interno…

R. – Lo Yemen certamente non è un Paese in grado di accogliere i rifugiati, in questo periodo, e non è neanche l’obiettivo di quelli che attraversano il Mar Rosso, quanto piuttosto lo è quello di transitare attraverso lo Yemen per raggiungere l’Arabia Saudita e poi da lì o verso il nord – anche verso Israele, dove infatti ne sono arrivati tanti – oppure più a ovest, verso Egitto, Libia e poi Italia.

D. – Quindi, aumentano i rischi e le traversie per questa povera gente…

R. – Certamente. Questa del Mar Rosso è soltanto la prima parte di un viaggio lunghissimo che queste persone fanno, che in parte preferiscono la via marittima alla via terrestre, il deserto di 3.000 chilometri per arrivare alla costa libica del Mediterraneo.

D. – Parliamo giustamente di questi profughi, ma forse la comunità internazionale fa poco per le cause che motivano queste persone a lasciare i loro Paesi...

R. – Prendiamo ad esempio la Somalia: è un Paese con un conflitto interno da ben 25 anni, dove negli anni Novanta c’è stato un tentativo da parte della comunità internazionale, anche con l’invio dei caschi blu dell’Onu. Una missione miseramente fallita. Dopodiché, ci sono state tante conferenze internazionali, c’è effettivamente adesso un governo provvisorio non ancora democraticamente eletto per la Somalia, però la situazione interna – anche a causa del terrorismo islamista – è sempre disastrosa.

D. – Comunque, bisogna prendere atto che le popolazioni non sono più disponibili a restare imprigionate a vita in situazioni disumane…

R. – Certamente. Innanzitutto, i giovani che hanno anche le capacità per affrontare un viaggio così lungo e così rischioso, e che poi non vedono altra scelta che questa, perché l’altra scelta sarebbe finire per anni e anni in campi profughi in Kenya o in Etiopia dove non hanno libertà di movimento, dove non possono lavorare, dove non possono farsi una nuova vita. C’è certamente anche una responsabilità della comunità internazionale, che si accontenta dell’invio di aiuti umanitari, però non insiste nei Paesi di prima accoglienza, nell’Africa Orientale, affinché le persone abbiano una vera alternativa per rimanere lì in attesa che finalmente possano tornare in patria.








All the contents on this site are copyrighted ©.