2016-01-08 14:12:00

Cina: incertezze economiche pesano su fiducia investitori


In recupero le borse cinesi, dopo il giovedì nero le autorità di Pechino autorizzano un’immissione di liquidità per 20 miliardi che permette a Shanghai di chiudere in rialzo dell'1,97%. Ma si prospettano in Cina fughe di capitali all’estero e svalutazione continua dello yuan. Anche le esportazioni, da sempre motore della crescita dello scorso decennio in Cina, sono in calo. Veronica Di Benedetto Montaccini ne ha parlato con Valeria Zanier, ricercatrice di economia politica cinese alla London School of Economics:

R. – Senz’altro una delle maggiori difficoltà, sia nella crisi finanziaria di luglio scorso sia in quella dei primi giorni del 2016, è il calo della fiducia da parte di investitori cinesi nei confronti dell’economia del Paese. Bisogna tener conto del fatto che la Cina è ormai a pieno titolo integrata nell’economia globale e questa sfiducia pesa a livello internazionale.

D. – Queste crisi, che – ricordiamo – vengono dopo una crescita della Borsa del 150%, hanno effetti deflazionistici: cosa significa questa discesa dello yuan?

R. – L’andamento dello yuan da poco tempo è completamente liberalizzato. Il Fondo Monetario Internazionale, subito prima della fine del 2015, ha accettato lo yuan nel paniere delle valute internazionali che sono privilegiate. Sicuramente il crollo della Borsa favorisce anche la svalutazione dello yuan, quindi è qualcosa che ha un effetto immediato e che favorisce una ripresa dell’export cinese che sta andando molto male nell'ultimo anno.

D. – C’è anche una grande difficoltà dell’economia reale e forse la Cina sta cercando di invertire la direzione: da economia delle esportazioni a un modello basato sui consumi interni. Questo cambiamento nella società è possibile secondo lei?

R. – Una restrizione dell’attività manifatturiera è evidente. Allo stesso tempo, però, questo fa parte del programma della leadership per portare avanti una trasformazione del modello cinese. Già all’inizio del decennio scorso, si cerca di passare da un modello “export-led” ad uno “consumer-led”: quindi ad una crescita economica che possa partire direttamente da un maggior consumo all’interno del mercato cinese, invece che dall’esportazione dei prodotti della sua economia. Questa trasformazione necessita però da parte del governo di riformare strutturalmente il sistema economico cinese. C’è ad oggi questo ibrido di economia capitalista ed economia di Stato, nel quale ancora esistono diversi settori che restano oligopoli statali chiusi sia alle aziende straniere sia a quelle private locali. Allo stesso tempo c'è bisogno di riformare alcuni settori particolari, i più altalenanti, come per esempio quello finanziario.

D. – L’incertezza del futuro economico della Cina si lega ad una incertezza politica?

R. – Direi che l’economia cinese ha passato senz’altro degli anni in cui erano necessarie delle riforme, e queste non sono state portate avanti con celerità. Quindi sicuramente la leadership di adesso si trova davanti a degli “aut-aut” per arrivare ad un nuovo modello. Deve essere verificato qual è la volontà di questa leadership di portare avanti queste riforme che diano più potere al mercato e meno alla politica.








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