2016-01-01 10:30:00

Comunità di Taizé: da Valencia appello per un mondo più fraterno


Sono oltre 25 mila i giovani, giunti da tutto il mondo, che in questi giorni hanno partecipato a Valencia, in Spagna, all’Incontro europeo dei giovani promosso dalla Comunità ecumenica di Taizé e conclusosi oggi. Filo conduttore della nuova tappa del “Pellegrinaggio di fiducia sulla terra”, iniziato da Frère Roger alla fine degli anni 70, è stato il tema “Il coraggio della misericordia”. Ascoltiamo Frère David, tra gli organizzatori delle giornate, al microfono di Marina Tomarro:

R. – Penso che molti hanno il desiderio di incontrare altri giovani per cercare insieme come essere cristiani attivi nella nostra società, come vivere la fede nel concreto delle loro vite. Questi incontri, con tutta la loro semplicità, permettono ai giovani di conoscere la realtà di una Chiesa locale – quest’anno qui, a Valencia – di trovare i giovani che vivono la fede nelle loro parrocchie e poi anche ai giovani di tutto il mondo di parlare insieme, di pregare insieme perché questo li aiuta nel loro cammino di fede.

D. – Perché questi incontri sono così importanti?

R. – Penso che sia un segno importante per tutti noi, vedere tanti giovani che si mettono così alla ricerca, che fanno un viaggio che per tanti è lungo, per passare cinque giorni di riflessione, di preghiera insieme, perché vogliono un mondo più umano, più giusto. Il tema di quest’anno è “Il coraggio della misericordia”. Allora, come possiamo vivere la misericordia nel concreto della nostra vita, in un mondo con tanti problemi? Oggi tutti sono così toccati a vedere i migranti che arrivano, queste persone che non possono vivere nel loro Paese: e cosa possiamo fare, noi, per essere segno dell’amore di Dio?

D. – Forti sono stati gli appelli di Frère Alois in questi giorni sulla pace e il perdono. In che modo, poi, questo messaggio può essere applicato nella vita quotidiana da parte di tutti questi giovani?

R. – Frère Alois ha fatto Natale in Siria ed è rimasto colpito nel vedere queste persone che nel mezzo della guerra, della distruzione dicono: “Noi vogliamo vivere insieme, tra persone di diverse religioni – cristiani, musulmani – noi vogliamo vivere insieme. Ma la nostra voce non è abbastanza forte per essere sentita: la voce delle armi parla più forte”. Allora hanno chiesto a Frère Alois di dire ai giovani che sono qui, a Valencia, che possiamo vivere insieme e che tutti noi possiamo compiere gesti concreti per vivere insieme con coloro che sono vicini a noi, per vivere questa misericordia e l’amore di Dio con le persone che sono intorno a noi.

D. – I pellegrinaggi della fiducia sono iniziati proprio con Frère Roger. Cosa rimane dei suoi insegnamenti?

R. – Frère Roger è arrivato a Taizé nel 1940; durante la guerra aveva accolto presso di sé dei rifugiati dalla guerra. Questo è quello a cui noi oggi assistiamo di nuovo: a Taizé noi abbiamo accolto un gruppo di giovani musulmani rifugiati dal Sudan e dall’Afghanistan, abbiamo accolto una famiglia dall’Iraq. E possiamo parlare di questa nostra esperienza di Taizé ai giovani che sono qui e dire loro che tutti noi possiamo fare qualcosa per costruire la pace. Non possiamo stare a guardare passivamente quello che succede nel nostro mondo, ma insieme possiamo costruire un mondo più giusto, più umano. Con il poco che abbiamo possiamo fare qualcosa, possiamo fare molto se ci mettiamo al servizio degli altri.

Tanti sono i giovani giunti dalle diverse diocesi italiane per partecipare al tradizionale incontro di Taizé. Tra loro anche Daniele Vico di Torino. Ascoltiamo la sua esperienza:

R. – Sicuramente è importante la dimensione del viaggio: del viaggio inteso come incontro, come scambio, come condivisione con persone di altre nazionalità, con cui si condivide qualcosa, c’è qualcosa in comune, ovvero la fede. Quindi, io direi comunità, condivisione di fede e conoscenza del mondo, anche, delle persone che ci sono intorno, delle loro esperienze.

D. – Cosa rimane di questi incontri?

R. – Sicuramente la contentezza di avere vissuto un’esperienza di condivisione, di avere conosciuto tante persone e anche di aver potuto prendere un momento di riflessione personale per staccarsi dalla vita quotidiana e cercare di ritrovare un po’ la dimensione della fede, che spesso si perde.

D. – Cosa si racconta agli amici, quando si torna a casa?

R. – Intanto, bisogna trovare il modo di raccontare a chi è lontano da questa realtà. Un capodanno diverso da quelli soliti: si racconta della stessa ospitalità della città, che apre le porte; dei vari eventi, dei workshop che si sono seguiti …

D. – In questi giorni, Frère Alois vi ha invitato a essere uomini e donne coraggiosi: come rispondere a questa sua esortazione?

R. – Credo che nella vita dobbiamo sempre essere coraggiosi e avere il coraggio di osare; non avere paura significa non avere paura di ciò che non si conosce, del diverso. Quindi, questo tipo di incontri sono fatti esattamente per questo, cioè per confrontarsi, per conoscere ciò che c’è intorno a noi, senza avere paura.








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