Nepal, otto mesi dal terremoto. Ricostruzione bloccata

"La situazione è assai complicata tanto da far parlare di grave crisi umanitaria. Lo scenario è ancora drammatico anche perché i fondi stanziati dalla comunità internazionale, circa 4mld di dollari per la ricostruzione e per dare dei contributi alle famiglie, non sono stati ancora utilizzati. Soprattutto nei villaggi ci sono grosse difficoltà: mancanza di beni di prima necessità, come il gas per scaldarsi, la benzina per viaggiare. Terreni franati, animali morti". Enrico Crespi, ha lavorato per anni per la cooperazione internazionale nel paese, scrive libri e ha un blog sul Nepal, attualmente collabora con Takecare Nepal, un network di piccole ong italiane impegnate nella ricostruzione nel distretto di Kavre. Ci fa il punto ad otto mesi dal sisma del 25 aprile scorso che ha causato quasi 9000 vittime e 500mila case distrutte.

"L’autorità per la ricostruzione che doveva gestire e programmare i lavori non è di fatto ancora attiva", lamenta Crespi. "Quindi i soldi sono bloccati e l'auspicato incremento del Pil del 4% si è fermato a 1,8%". E ricorda che il Nepal è uno dei paesi più poveri dell’Asia e che "molto di questo stato di cose è dovuto al blocco da circa tre mesi alle frontiere con l’India". 

Simone Galimberti vive da oltre dieci anni in Nepal dove ha fondato Engage, una ong che si occupa di aiutare giovani disabili, che hanno maggiormente risentito del sisma, a trovare uno spazio nella società, già molto depressa, con un alto livello di disoccupazione. "Sono persone che vivono una forte marginalità e un forte disagio", racconta e denuncia come ci sia "pochissimo coordinamento tra le associazioni pure presenti sul territorio. La scala del lavoro è talmente grossa che siamo bloccati. Chi era riuscito ad emergere dalla povertà assoluta qualche anno fa adesso è balzato di nuovo indietro. E il turismo che integrava le fonti di reddito dei contadini (il 10% del Pil) è calato bruscamente".