2015-12-28 14:04:00

Taizé, a Valencia l’incontro dei giovani. Frère Alois: aprirsi all'altro


E’ iniziato oggi a Valencia, in Spagna, “l’Incontro europeo dei giovani” che si concluderà il prossimo primo gennaio. L’evento, promosso dalla Comunità ecumenica di Taizé, riunisce diverse decine di migliaia di giovani  in una nuova tappa del “pellegrinaggio di fiducia sulla terra”, iniziato da Frère Roger alla fine degli anni 70. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Sono 30mila i giovani che hanno deciso di trascorrere la fine dell’anno in preghiera con la comunità ecumenica di Taizé. Il gruppo più numeroso proviene dalla Polonia. In un messaggio inviato ai giovani riuniti a Valencia, Papa Francesco esorta le nuove generazioni a diventare “oasi di misericordia” in particolare “per i numerosi migranti che hanno così bisogno di essere accolti”. Ai giovani di Taizé sono arrivati messaggi da tutti i leader delle Chiese cristiane. Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, ricorda che “l’anno appena concluso è stato scosso dall’odio”. “Il terrorismo - aggiunge - si combatte cambiando lo sguardo dei nostri occhi verso gli altri e rispondendo alla paura con l’amore”. L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, leader spirituale della Comunione anglicana, augura ai giovani di essere “segno di speranza” per l’umanità. “Possano i giovani - sottolinea - scoprire il perdono e la comunione per rafforzare la loro fiducia cristiana ed essere testimoni al servizio nel mondo”.

“In tutto il mondo – si legge nella riflessione di Frère Alois, priore della Comunità di Taizè rivolta ai giovani riuniti a Valencia - nuove difficoltà, legate alle migrazioni, ecologiche, sociali, sono una sfida per credenti di differenti religioni ed anche per non credenti”. Ascoltiamo Frère Alois, appena tornato da un viaggio ad Homs, in Siria. L’intervista è di Marie Duhamel:

R. - Une grande partie de la ville, nous le savons, est détruite mais c’est inimaginable...
Una grande parte della città è distrutta ma lo scenario è inimmaginabile: quando lo vediamo, il cuore soffre. C’è qualche famiglia che torna per cercare di vivere nei propri appartamenti distrutti senza acqua, senza elettricità. E’ tutto in rovina… Allo stesso tempo davanti alla cattedrale greco-cattolica si è celebrato il Natale per i bambini. I giovani hanno preparato dei regali. In Siria c’è il grande dramma dei bambini, ci sono molte iniziative per loro.

D. – Nonostante le difficoltà lei ha sentito che la festa della natività è stata di luce e fonte di speranza?

R.  – C’est difficile parce que ils sont epuisés, decouragés les gens…
E’ difficile perché le persone sono veramente stanche e scoraggiate. E’ piuttosto la Chiesa e le feste che sostengono il popolo ed è la celebrazione del Natale che risveglia una piccola speranza per una speranza più profonda. I giovani che ho incontrato mi hanno chiesto: “Dov’è Dio? Perché questa violenza? Perché così tanto tempo?” Sono 4, 5 anni che questa violenza non si ferma. Le parole più forti, sono state quelle di un giovane: "Dite in occidente che noi vogliamo vivere insieme. La maggioranza dei giovani vuole vivere insieme tra differenti religioni, tra musulmani e cristiani, ma la nostra voce non è ascoltata, la voce delle armi è più forte". Allora quando sentiamo questo, ci chiediamo: cosa possiamo fare? Diamo un aiuto materiale ma certo è insufficiente… Penso che questo sia un appello rivolto a noi tutti: quello di restare in questa fiducia, nella fede che Dio è amore. Ma dobbiamo vivere questo, dobbiamo mostrare questo attraverso la nostra vita. Dobbiamo mostrare che Dio è amore e che il Signore non vuole la violenza. Penso che sia un appello anche per noi che siamo qui: vivere questo amore di Dio ancora più radicalmente e adesso l’Anno della misericordia ci invita a questo.

D.  – Tanti siriani sono dovuti fuggire dal loro Paese e bisogna accoglierli. Il Papa ha inviato un messaggio ai giovani di Taizè chiedendo loro di essere delle "oasi di misericordia". Che ne pensa del messaggio?

R.  – Ça nous va droit au coeur, droit au coeur…
Va dritto al nostro cuore, dritto al cuore: aprirci all’altro, non lasciarci ipnotizzare dalla paura. Certo, questa situazione con un numero così grande di rifugiati non è facile e la paura è comprensibile. Ma non possiamo lasciarci ipnotizzare dalla paura. Dobbiamo aprirci all’altro. A Taizé concretamente abbiamo accolto una famiglia irachena, giovani sudanesi. Ci può aiutare a ritornare all’essenziale, a sapere che la misericordia, l’amore, la fraternità, la fraternità vissuta attraverso il mostrarsi cristiani con tutti gli uomini e le donne di buona volontà possono aprire un avvenire per le nostre società. L'avvenire non è invece il ripiegamento nella paura.

Sono più di 1.000 i giovani italiani arrivati a Valencia per l’incontro promosso dalla Comunità di Taizè. Amedeo Lomonaco ha raccolto la testimonianza di uno di loro, Vittorio:

R. - Per me essere qui è la risposta migliore che posso dare all’idea che sta nascendo adesso: quella di chiudere le frontiere, di chiuderci in noi stessi. Siamo tutti qui per una cosa sola: pregare per la pace nel mondo e dare una testimonianza concreta del fatto che questo è possibile.

D. – Cosa si impara dalla preghiera e dal confronto con giovani provenienti da vari Paesi e con esperienze diverse?

R. – L’insegnamento più grande che ho appreso io in questi anni è quello che sono tante le maniere con le quali ci possiamo avvicinare a Dio. Ma la cosa più importante è che il fine è uno solo: è quello di essere in grado di costruire un mondo migliore a partire da oggi. L’insegnamento è questo: sia che tu sia ortodosso o protestante o cattolico c’è la possibilità di costruire tutti insieme un futuro migliore con un fine comune. 








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