2015-12-28 12:50:00

Iraq: Ramadi strappata all'Is. L'esperto: cruciale appoggio sunnita


Anche gli ultimi jihadisti hanno lasciato Ramadi, la città a 100 km a ovest di Baghdad, conquistata dal sedicente Stato Islamico (Is) nel maggio scorso. Ad annunciarlo le forze d’elite antiterroriste dell’esercito iracheno, che hanno strappato il controllo del compound governativo ai miliziani, fuggiti dopo giorni di strenua resistenza, durante i quali non hanno esitato a usare ostaggi nelle loro mani come scudi umani. I militari – che hanno già issato la bandiera irachena su quello che era stato il fortino jihadista - devono ora procedere a completare l’operazione per rioccupare l’intero capoluogo della provincia a maggioranza sunnita di Al-Anbar. Secondo alcuni osservatori, quella di Ramadi può essere considerata come un’importante vittoria per le forze irachene in vista di una prossima battaglia per Mosul, la seconda maggiore città dell'Iraq e roccaforte dell'Is nel Paese. Ma è davvero così? Giada Aquilino lo ha chiesto a Dario Fabbri, analista della pubblicazione di geopolitica ‘Limes’:

R. – E’ in atto un’azione militare maggiormente coordinata e maggiormente efficace rispetto al passato, da parte soprattutto delle forze armate irachene. Il che non significa moltissimo, se non fosse altro che in precedenza l’azione sul terreno delle forze armate irachene era pessima e adesso sono riuscite a riconquistare la città di Ramadi. Dobbiamo calcolare che Ramadi era occupata essenzialmente da 4-500 miliziani dello Stato Islamico e ci sono voluti circa 10 mila uomini dell’esercito iracheno per riprenderla. Le forze armate irachene solitamente utilizzano milizie sciite per combattere e loro si limitano ad un ruolo di supporto. Ramadi, che è città quasi esclusivamente sunnita, richiedeva un intervento di un esercito iracheno composto da sunniti - e questo è accaduto - ma non la definirei una grande vittoria.

D. – Come è stata preparata l’operazione dell’esercito?

R. – La fedeltà locale è una fedeltà di tipo tribale. Lo Stato non esiste, lo Stato iracheno è “artificiale” per eccellenza. Ci si rivolge, quindi, ai capi tribù sunniti, ai quali si garantiscono elargizioni anzitutto finanziarie e poi si promette che la città sarà gestita da miliziani o da forze sunnite, non sciite, che sono quelle che invece governano a Baghdad. Ciò che è interessante è che alcuni capi tribù sunniti hanno accettato queste offerte. Dobbiamo calcolare che in tali zone - siamo nella provincia irachena dell’Anbar - lo Stato Islamico è stato considerato un liberatore rispetto al governo di Baghdad e che ancora oggi la grande maggioranza della popolazione di Ramadi è favorevole all’Is, perché è sunnita. Anche per questo quindi ci vuole un rapporto di dieci a uno per riconquistare la città da parte delle forze armate irachene, perché ci si aspetta una resistenza molto forte.

D. – Ora c’è da bonificare il territorio dalle mine. Il prossimo passo nel contrasto all’Is quale sarà?

R. – Purtroppo dobbiamo attenderci degli attacchi suicidi realizzati dai miliziani dello Stato Islamico, per scatenare la reazione delle forze governative, che potrebbero andare a cercarli casa per casa e quindi indurre la popolazione a sollevarsi ancora una volta contro gli sciiti di Baghdad. Per quanto riguarda invece la questione di Mosul, di cui si parla in queste ore, è tutta un’altra storia. Prima che lo Stato Islamico conquistasse Mosul, nella città c’erano 2 milioni di persone. Ci vuole veramente una forza enorme da parte dell’esercito iracheno per riprendere Mosul. Quindi non mi aspetterei grandissimi risultati dopo la presa di Ramadi, ammesso che Ramadi venga bonificata e non lo darei per scontato.

D. – Un anno e mezzo di Califfato: che fase si vive?

R. – Una fase in cui il Califfato resta abbastanza misterioso per le cancellerie internazionali, che non hanno alcuna reale voglia di combatterlo: dal cielo abbastanza e dal terreno per niente, anche se questo sarebbe l’unico modo per sconfiggerlo. E in cui lo Stato Islamico continua a difendere anche facilmente il proprio cuore, che è la regione desertica a cavallo tra Iraq e Siria: al momento non vede all’orizzonte nessuna forza di terra che possa sostituirlo, soprattutto sunnita. Si parla, cioè, di milizie curde, di milizie sciite del governo di Baghdad, tutte forze che - se anche riuscissero a sconfiggere lo Stato Islamico - non sarebbero poi accettate dalla popolazione locale.








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