2015-12-27 09:10:00

Guido Reni e i Carracci tornano a Bologna dai Musei Capitolini


Guido Reni e i Carracci. In mostra a Palazzo Fava a Bologna oltre trenta opere provenienti dai Musei Capitolini. Si tratta di capolavori di indiscussi protagonisti della pittura italiana attivi nel capoluogo emiliano tra la fine del 16.mo e l’inizio del 17.mo secolo. Anche per questo l’esposizione, in corso fino al prossimo 13 marzo, rappresenta un atteso ritorno. Lo spiega al microfono di Paolo Ondarza il curatore Sergio Guarino:

R. – E' un ritorno di queste opere che riesce a fare il punto su quella che è stata la ricerca artistica a Bologna e in Italia in un secolo cruciale, cioè fra la metà del Cinquecento e la metà del Seicento. C’è un rapporto fra Bologna e Roma molto intenso: Bologna era la seconda città dello Stato Pontificio, i fermenti culturali erano notevoli e lo scambio con Roma era continuo. E’ facile accorgersi quanto gli stessi bolognesi abbiano imparato venendo a Roma, Roma capitale della cristianità, Roma centro della memoria dell’antico. Forse, quello che emerge ancora una volta, pur parlando di quadri bolognesi, è come Roma sia stata sempre una città plurale, una città in grado di accogliere diverse esperienze e di riunirle in un’unica sintesi.

D. – Tra le opere presenti in mostra, vuole raccontarcene una che, secondo lei, meglio sintetizza lo spirito di chi ha concepito questa esposizione così importante?

R. – L’opera più significativa è “L’anima beata” di Guido Reni. Un dipinto che Reni esegue poco prima di morire, nel 1642, a Bologna: raffigura un giovane alato, che però non è un angelo, e che si rivolge al cielo in una estasi molto consapevole, in una estasi umana. C’è un abbandono alla volontà divina, un abbandono alla luce del cielo che scende dall’alto. Il giovane è in piedi su un globo ed è quindi una iconografia unica, che non ha precedenti. Un quadro complicato da certi punti di vista, eppure assolutamente semplice: Guido Reni ci dice che la ricerca di Dio è difficile, è angosciosa, può complicare la vita di un uomo, ma che alla fine si arriva all’approdo della verità. E questo lo dice con la sua pittura.

D. – Il carattere religioso di queste oper,e una volta di più, testimonia le radici cristiane della nostra cultura, specificatamente in questo anno giubilare…

R. – Non va dimenticato che un grosso impulso alla ricerca artistica bolognese fu la pubblicazione da parte dell’arcivescovo di Bologna, Gabriele Paleotti, del 'Discorso sopra le immagini sacre e profane', che è stato un po’ il testo su cui i pittori bolognesi hanno lavorato e pensato. Quindi, la consapevolezza della ricerca religiosa che c’è nelle opere, nelle opere bolognesi, è particolarmente importante. Credo che un’ultima opera che si possa segnalare agli ascoltatori di Radio Vaticana sia proprio un San Francesco di Annibale Carracci, che è un’opera delicatissima della metà degli anni ottanta: un San Francesco che adora il Crocifisso, che è stato restaurato due anni fa, prima di essere spedito in America Latina in occasione della mostra organizzata per la Giornata mondiale della Gioventù. Quindi è stato un po’ l’omaggio, il primo omaggio pittorico che Roma, a suo tempo, già due anni fa, ha potuto fare a Papa Francesco.








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