2015-12-27 10:00:00

Centro Astalli, mostra a Roma per conoscere il volto dei rifugiati


Una giovane congolese intenta ad impastare il pane, un insegnante libanese fra i suoi alunni, una famiglia siriana riunita in un campo profughi. Sono alcuni tra gli scatti più coinvolgenti della mostra “Rifugiati. Un incontro che apre alla solidarietà”, voluta dal Centro Astalli e allestita nella Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale, a Roma, dove resterà per tutto l’anno giubilare. Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, al microfono di Francesca Di Folco, spiega l’importanza del far conoscere per immagini, i volti e le storie di profughi e rifugiati, 60 milioni in tutto il mondo, in occasione del Giubileo della Misericordia:

R.  – Credo che sia una iniziativa importante far conoscere i volti delle persone e le loro storie, perché siamo abituati molto spesso alle percentuali, ai numeri, ma dietro queste percentuali e questi numeri ci sono storie drammatiche, che vengono spesso lasciate in secondo piano. Allora, nell’Anno della Misericordia, volevamo porre l’attenzione su questi volti, su queste persone. Allora una mostra fotografica, il far vedere dei volti, ci aiuta in qualche modo a rendere presenti queste persone.

D.  – La mostra si compone di scatti emblematici, per ognuno un nome, una storia, una vita e il desiderio di restituire ai protagonisti la dignità di uomini…

R. – Sì, questo è un po’ l’intento, anche perché queste persone che scappano da guerre e da persecuzioni molto spesso vedono negata la loro dignità e allora, attraverso questi scatti, cerchiamo invece di restituire a queste persone un volto, una storia, perché si parli di questi luoghi, di questi persone, per fare in modo che in questi Paesi torni a essere tutelata la vita delle persone, che altrimenti verrebbero solo dimenticate.

D. – Tutelare, servire, difendere i diritti dei rifugiati sono da sempre i principi con i quali il Jesuit Refugee Service opera attraverso progetti in ben 45 Paesi. Quali gli obiettivi concreti che vi prefiggete di raggiungere con le vostre missioni in Siria, Afghanistan, Repubblica centrafricana e Repubblica democratica del Congo?

R. – Tra gli obiettivi principali c'è quello di farsi compagni di strada di queste persone, ma nell’ottica del servizio. Al centro c’è sempre la persona con i suoi bisogni e il Jrs, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati nel mondo da ormai 35 anni cerca in modo particolare di puntare l’attenzione sull’educazione di queste persone, sul restituire a queste persone la loro dignità. Quindi, partendo dai bisogni primari, ma poi guardando anche lontano, educando queste persone affinché possano diventare cittadini riconciliati nella loro storia.

D. – Il Santo Padre lo scorso novembre, nel celebrare i 35 anni della fondazione del Jrs, ha elogiato i progetti di sostegno scolastico per 100 mila giovani rifugiati. In che cosa consiste l’iniziativa “Educazione globale”, lanciata con il motto “Mettiamo in moto la misericordia”?

R. - E’ la campagna che il Servizio dei Gesuiti a livello internazionale vuole portare avanti, cioè rendere accessibile l’educazione a 100 mila giovani nel mondo. Perché siamo convinti che una delle chiavi per costruire una società in pace sia quella di formare le giovani generazioni, soprattutto quelle ferite, aiutandole alla riconciliazione, nei Paesi nei quali si trovano così come nei campi profughi nei quali sono costrette a vivere.








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