2015-12-25 10:30:00

Centrafrica. Rettore Cattedrale Bangui: è un Natale di speranza


In Centrafrica il Natale viene vissuto con sentimenti di particolare speranza. E’ ancora viva la gioia nei cuori per la recente visita del Papa e per l’apertura della Porta Santa del Giubileo della Misericordia, la prima in tutto il mondo. Il 30 dicembre si svolgeranno le elezioni presidenziali, tappa cruciale per capire se la pace si sta consolidando dopo anni di violenze. Sul Natale di quest’anno, ascoltiamo il rettore della Cattedrale di Bangui, don Mathieu Bondobo, al microfono di Sergio Centofanti:

R. – E’ un Natale diverso. Diverso nel senso che abbiamo vissuto delle cose veramente particolari in Centrafrica: la visita del Santo Padre, la Porta Santa e poi le elezioni presidenziali. E quindi, l’insieme di tutto questo ti fa capire che la grazia del Signore che scende, che è scesa su di noi tramite la Porta Santa, tramite l’Anno giubilare iniziato prima in Centrafrica, questa grazia si sta diffondendo nel nostro Paese per una pace vera, per la misericordia. Quindi, viviamo un Natale di pace, di misericordia. La venuta di Dio tra noi sta dando frutti di pace e di misericordia: è una grazia dell’abbondanza.

D. – Com’è il rapporto oggi tra la comunità cristiana e quella musulmana?

R. – Il rapporto tra queste due comunità – cristiana e musulmana – sta andando sempre nel senso positivo. Perché – voi lo sapete – è da tanti anni che questo Paese è ferito da una guerra civile che a volte è assimilata a un conflitto interreligioso, anche se noi della Chiesa abbiamo sempre detto che questo conflitto non ha niente a che vedere con la religione. La visita del Santo Padre ha portato qualcosa di nuovo in questo rapporto. Il quartiere musulmano del "Km5" non è più una zona chiusa: questa zona è frequentata. E anche i giovani di là, che avevano paura di uscire, hanno incominciato a uscire e tra cristiani e musulmani è iniziato un rapporto vero, di pace e – direi – di fratellanza. Perché il Papa l’ha detto e ripetuto: “Siamo fratelli, tra cristiani e musulmani!”. Siamo fratelli e quindi non c’è separazione, non c’è guerra, non c’è conflitto tra di noi. E questo abbiamo iniziato a viverlo, nel senso vero e proprio del termine, dopo la visita del Santo Padre.

D. – Come vivono i musulmani del Centrafrica questo Natale?

R. – Questo Natale, anche i musulmani lo vivono in modo particolare. Perché vedete, in tutta la città, Natale ha anche l’aspetto – lo sappiamo – commerciale, si vendono giochi per i bambini e così via. Quindi, l’atmosfera è quella della festa. Ma accanto a questo, c’è anche una serenità nelle famiglie, perché le persone possono incontrarsi in famiglia, mangiare in pace: questa è una cosa molto importante, che ci sia serenità e ci sia pace, che siamo tutti riuniti e che non c’è più questo conflitto e questa paura, perché in passato era questo prima di tutto. Si viveva la festa in un contesto di paura, di conflitto. Questa volta, questo aspetto di conflitto e di paura non esiste più. Quindi, un Natale di pace, di serenità anche nelle famiglie, e nelle famiglie musulmane soprattutto.

D. – Qual è la situazione umanitaria, oggi, in Centrafrica?

R. – La situazione umanitaria … se dico che tutto è risolto non è vero. Ma si tende a un miglioramento. E l’augurio è che con le elezioni presidenziali si arrivi a una situazione positiva, perché ci sono ancora tanti campi profughi, campi di fortuna, di persone che sono scappate di casa e che non sanno dove andare, e che ancora vivono lì. Il Papa ha visitato uno di questi campi, ma ce ne sono ancora, in questo Paese. E quello ci fa capire che c’è ancora molto da fare. E accanto a questo aspetto, c’è anche la situazione degli ospedali: una persona malata che va all’ospedale non può curarsi come si deve. Lì c’è ancora molto da lavorare. Anche la scuola, nell’ambito educativo: oggi si va a scuola, domani no … non c’è ancora una stabilità definitiva e continua. Ma si spera. Si spera perché c’è una convinzione dentro, che quella situazione nella quale siamo rimasti per troppo tempo, sta cambiando e quindi la speranza non è più una questione solo del futuro, ma è una cosa di cui già si incomincia a vedere il seme.








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