2015-12-21 13:30:00

Spagna. Finisce bipartitismo: vincono i Popolari, ma serve coalizione


Le elezioni in Spagna hanno fatto emergere uno scenario politico non più bipolare. Sono infatti quattro i partiti chiamati ad una complessa fase di consultazioni per formare il governo. Il Partito Popolare si conferma il più votato, ma con un numero di seggi ben al di sotto dei 176 necessari per ottenere la maggioranza assoluta. Alta l’affluenza alle urne che si attesta attorno al 73%. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Dopo quasi quarant’anni di bipartitismo con l’alternanza tra popolari e socialisti saranno determinanti in Spagna, per la formazione del governo, anche altre forze politiche. Il partito popolare del premier Mariano Rajoy si conferma, infatti, prima forza politica del Paese ma ottiene solo il 28,7% dei consensi e non conquista la maggioranza assoluta. Al secondo posto, il Partito socialista guidato da Pedro Sanchez con il 22% dei voti. Risultato oltre le aspettative per il partito di sinistra Podemos che, conquistando più del 20% dei voti, diventa il terzo partito a livello nazionale e il primo in Catalogna. Ottengono invece meno del 14% dei consensi i moderati di Ciudadanos. Hanno votato oltre il 73% degli elettori. Si è registrato, rispetto al 2011, un incremento nell'affluenza di 5 punti.

Partito Popolare: inizia una tappa non facile
Il primo ministro ha dichiarato che tenterà di formare" un governo stabile" aggiungendo che inizia per il Paese "una tappa non facile". "Sara' necessario - ha spiegato - parlare molto e raggiungere accordi".

Socialisti: la Spagna vuole una svolta a sinistra
Il leader socialista Pedro Sanchez ha dichiarato che spetta ora al premier Mariano Rajoy tentare di formare il nuovo esecutivo. “La Spagna vuole una svolta a sinistra”. Il partito socialista è pronto per i negoziati.

Podemos: nato un nuovo Paese
"E' nata una nuova Spagna" e il Paese - ha detto il leader di Podemos, Pablo Iglesias - ha optato per "un cambio di sistema". Podemos - ha sottolineato - è la prima forza politica nei paesi Baschi e in Catalogna.

Ciudadanos: riforme necessarie 
Il leader di Ciudadanos, Alberto Rivera, ha affermato che milioni di spagnoli si sono espressi per il cambiamento. In questo nuovo contesto - ha aggiunto - le priorità sono il dialogo e le riforme.

Spagna scossa da crisi e proteste
L'unica soluzione che matematicamente garantirebbe i 176 seggi è una grande coalizione fra popolari e socialisti. Il premier Rajoy venerdì scorso, per la prima volta, non ha escluso in modo categorico questa ipotesi. A far irrompere sulla scena politica i due nuovi movimenti Podemos e Ciudadanos sono stati, secondo diversi osservatori, la crisi economica e le proteste di piazza. Restano inoltre molto alti i livelli di disoccupazione. 

Cruciale il ruolo del re Felipe VI
Per governare è dunque necessaria una coalizione. Può rivelarsi determinate nelle trattative  l’opera di mediazione del re Felipe VI. L'articolo 56 della Costituzione stabilisce, in particolare, che il re "arbitra e modera il funzionamento regolare delle istituzioni". 

Per un commento sul voto Giancarlo la Vella ha sentito il prof. Alfonso Botti, ispanista dell’Università di Modena e Reggio Emilia:

R. – Era in gran parte un risultato previsto, perché tutti i sondaggi dicevano che i due partiti tradizionali - socialisti e popolari -  non avrebbero raggiunto la maggioranza assoluta dei 176 seggi necessari per governare; d’altra parte tutti i sondaggi davano come fortemente in crescita le due nuove forze politiche “Podemos” e “Ciudadanos”. Le urne hanno confermato queste previsioni e hanno presentato un volto nuovo della Spagna: la Spagna ha voltato pagina. E’ finito il periodo del bipartitismo ed inizia ora una situazione più complicata per quello che riguarda le formazioni delle maggioranze: non a caso un articolo de “El País” titola oggi “Bienvenidos a Italia” (Benvenuti in Italia), benvenuti cioè in una situazione politica nella quale è necessario mediare, fare alleanze e fare coalizione. Cosa, questa, che non è avvenuta mai nella storia spagnola degli ultimi 30 anni.

D. – Ci troveremo di fronte ad un governo inedito tra Popolari e Socialisti o addirittura ad un esecutivo di ancora più ampie intese?

R. – Questo è difficilissimo dirlo ora. La Costituzione spagnola, all’art. 49, dice che nella seconda votazione per l'investitura è sufficiente una maggioranza semplice. Io credo che Rajoy, cui tocca il compito di formare il governo, proverà a sondare e negoziare con le forze politiche, ma soprattutto con le forze politiche nazionaliste, che continuano e che continueranno ad avere un ruolo nel quadro politico spagnolo per ottenere questa astensione che gli potrebbe consentire l’investitura e quindi la conferma alla presidenza del governo. Ma lo stesso percorso – dovesse fallire Rajoy – sarà quello che farà Pedro Sanchez. In ogni caso se uscirà un governo, qualunque esso sia, sarà un governo profondamente diverso da quelli precedenti, perché dovrà basarsi appunto su alleanze e su coalizioni, su intese e su negoziati, che in passato sono stati molto ridotti e molto limitati. Se non dovesse riuscire, la Costituzione prevede due mesi di tempo dal primo voto di investitura per tornare nuovamente alle elezioni.

D. – Qual è stata la vera novità di queste elezioni?

R. – Io ne vedo due di novità. Da una parte il crollo del Partito Popolare, che ha preso sì più voti degli altri, ma non ha vinto; rispetto alle elezioni del 2011 ha perso quasi 16 punti percentuali, ha perso 63 seggi, ha perso tre milioni e mezzo di voti. Quindi è vero che ha preso più voti degli altri, ma li ha presi con un risultato estremamente negativo. Lo stesso – anche se in proporzioni ridotte e minori – è avvenuto per il Partito Socialista. Questo, quindi, da un lato. Dall’altro, io credo che il dato nuovo sia la straordinaria vittoria di “Podemos”, che in un anno è riuscito a conquistare quasi 5 milioni di elettori e 69 seggi.

D. – “Podemos”, tra l’altro, è il primo partito in Catalogna: questo vuol dire che l’effetto indipendentismo ha avuto la meglio…

R. – Da un certo punto di vista, perché “Podemos” in Catalogna è arrivato a fatica a riconoscere la necessità della celebrazione di un referendum, ad essere d’accordo su un referendum… Quindi bisogna fare molta attenzione, perché in Italia questo spesso si confonde. Ci sono tanti catalani e catalanisti che vogliono fare il referendum, ma che non sono d’accordo sull’indipendenza: rivendicano semplicemente un diritto a decidere. “Podemos” si è schierato su questa posizione, ma sono tantissimi quelli che all’interno di “Podemos” non sono indipendentisti. D’altra parte una delle forze più indipendentiste della Catalogna, “Convergència i Unió”, che si presentava con un’altra sigla con un coalizione e che è sempre stata il primo partito, è diventata il quarto partito…

D. – Come analizzare questo voto in chiave europea?

R. – Esce rafforzata, con la vittoria di “Podemos” e il risultato degli altri partiti, una adesione all’Europa che non sia sulle posizioni dell’austerità, ma che sia invece sulle posizioni dello sviluppo. Non bisogna dimenticare che tutte le forze politiche spagnole – tutte, sia le grandi che le piccole, quelle diffuse su tutto il territorio dello Stato e quelle nazionaliste – sono europeiste e di contro in Spagna non si è presentata e non ha alcuno spazio una forza politica antieuropeista.








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