2015-12-18 13:52:00

Rwanda: referendum su terzo mandato presidente Kagame


Elezioni oggi in Rwanda per un referendum costituzionale che potrebbe garantire al presidente in carica, Paul Kagame, di candidarsi per un terzo mandato consecutivo. L’esito sembra scontato in favore dell’abolizione del limite dei due mandati, considerato l’alto gradimento di Kagame e il fatto che l’unico partito mobilitato contro il referendum ha rinunciato a fare campagna elettorale. Troppo pochi infatti i dieci giorni trascorsi tra l’annuncio della consultazione e il voto. Marco Guerra ne ha parlato con Massimo Alberizzi, direttore di Africa ExPress:

R. – Il risultato credo che sia scontato, nel senso che di solito chi ha potere riesce in qualche modo a vincere, perché i risultati sono un po’ manipolati dall’opinione pubblica, dalla paura di eventuali ritorsioni, quindi non sono così chiari e trasparenti come dovrebbero essere. A parte questo, i presidenti africani non sanno applicare la regola dei due mandati, nonostante siano stati ammoniti anche proprio da Barack Obama. Lui ha detto, a un certo punto: “Io ho fatto due mandati, anche se la mia presidenza ha fatto cose importanti, faccio due mandati perché la mia Costituzione prevede così. Ma perché voi volete sempre cambiare le leggi?”. E’ vero. E la stessa cosa si può dire di Paul Kagame: in Rwanda sicuramente non si parla di democrazia scandinava, però il Paese è avanzato e quindi anche le classi meno abbienti sono state avvantaggiate dalla politica di Paul Kagame. E’ un Paese che risente molto della colonizzazione tedesca di ormai un secolo fa, perché non c’è una carta per terra, ci sono le luci sulle strade, tutto è ben organizzato, la polizia non è corrotta e quindi l’organizzazione del Paese sicuramente ha aiutato Paul Kagame nella ricostruzione dopo il terribile genocidio del 1994.

D. – Quindi, Kagame gode di una certo favore tra la gente …

R. – Sì, gode di un certo favore. Avendo lui raggiunto dei risultati economici un po’ per tutta la gente, gode di buoni favori, anche se l’élite Hutu è piuttosto seccata dei comportamenti che sono appunto filo-Tutsi.

D. – Una vittoria del “sì” autorizzerebbe Kagame a candidarsi per un terzo settennato, e poi per altri due mandati da cinque anni: perché, cosa prevede questo referendum?

R. – Non è solamente un terzo mandato: prevede anche una modifica della Costituzione, non solo sul mandato ma anche sul modo di candidarsi, sulla possibilità di candidarsi, la riduzione da sette a cinque anni dei mandati presidenziali … E’ una cosa anche abbastanza complicata, quindi possiamo immaginare i risultati di un simile referendum sulla popolazione che, invece, sicuramente non è a livello di capire esattamente quali siano tutti i meccanismi di questo referendum, e che cosa comporta alla fine. Anche per questo io credo che comunque Paul Kagame vincerà e continuerà a restare al potere.

D. – Di fatto, quindi, Kagame è il presidente, è l’uomo forte del Rwanda dalla fine del genocidio. Che Paese è, dopo oltre vent’anni da quella pagina drammatica?

R. – E’ un Paese in grande sviluppo: le strade sono state rifatte, il Paese lo stavano cablando … voglio dire, sicuramente avanzato. Appunto è – lasciatemi passare il paragone – un po’ tedesco, come ho detto prima; fatto sta che lo sviluppo c’è ed è per questo che con lo sviluppo economico c’è stato anche un aumento del benessere della popolazione; la povertà è diminuita. Quindi, è uno dei Paesi emergenti che per questo trova anche un certo “rispetto” tra i Paesi Occidentali, nonostante le critiche che vengono rivolte perché sicuramente non è un Paese democraticissimo.








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