2015-12-12 13:17:00

Al Festival Courmayeur “Il ponte delle spie” di Spielberg


In programma questa sera fuori concorso al Noir in Festival di Courmayeur “Il ponte delle spie” di Steven Spielberg, ambientato negli anni della Guerra Fredda. Un tempo che ci sembra lontano ma che proietta non pochi riflessi sui nostri giorni. Il film, dopo questa anteprima, sarà nei cinema italiani dal 16 dicembre. Il servizio di Luca Pellegrini:

Non ci furono campi di battaglia, armi schierate, eserciti in movimento, stragi di soldati ed esodi di civili. Ma fu pur sempre una Guerra, anche se fredda, che milioni di famiglie americane, assai più che quelle sovietiche tenute all’oscuro di tutto, vissero negli anni ’50 tra le mura domestiche, negli uffici e nei pub dove si scambiavano pareri, paure e invettive per l’odiato nemico comunista. Steven Spielberg, appassionato di storia contemporanea, dalla quale ha attinto alcuni importanti capitoli per formidabili soggetti e indimenticabili film, ha vissuto in prima persona, da ragazzino, il periodo di massima tensione tra Stati Uniti e Unione Sovietica, con tutte le tese dinamiche sociali e politiche che questa drammatica contrapposizione riuscì ad alimentare e diffondere. Quei ricordi non l’hanno più abbandonato e “Il ponte delle spie” vi torna con tutto il gusto narrativo tipico del regista americano. Come se intuisse che, in fondo, quelle paure non ci hanno mai del tutto abbandonato, mentre anche oggi la reciprocità dei rapporti tra le due grandi potenze è minata dai sospetti e dall’incapacità di dialogare, cosa che sarebbe necessaria. Il film è la storia, realmente accaduta, di James Donovan, interpretato da Tom Hanks, bravissimo, avvocato assicurativo che si trova catapultato nei territori infidi della Guerra Fredda, dovendo difendere la spia sovietica Rudolf Abel prima e organizzandone lo scambio con due prigionieri americani poi, in una Berlino nella quale un muro si alza, le spie dilagano e i civili soffrono. Il cinema di Spielberg è ancorato ai valori della democrazia, alla tutela dei diritti della persona e al riconoscimento della sua indelebile dignità. Donovan incarna questo spirito alto e nobile, nella sua semplicità che confina con l’ingenuità: per questo combatte l’ipocrisia e la diffidenza che lo circondano, cercando di imporre un processo equo alla spia, diritto tutelato dalla Costituzione: “La chiamano così – afferma chiarendo i suoi principi – ed è ciò che ci rende americani”. E Spielberg s’immedesima perfettamente nel suo protagonista. Nel segmento narrativo berlinese Donovan diviene anche un abile prestigiatore, districandosi in trattative sempre fragili e ingannevoli, assumendo la statura dell’eroe ignoto e quotidiano che salva due vite e forse molto di più. Di questi eroi nascosti, che si muovono anche nei nostri tempi così difficili, ne verremo a conoscere molti. Se la storia ce lo permetterà.








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