2015-12-11 14:37:00

Onu: accolto impegno Santa Sede contro discriminazioni razziali


Accolti “con favore” gli sforzi della Santa Sede per promuovere nel mondo gli obiettivi della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, di cui la Santa Sede stessa è una dei 177 firmatari. È uno dei passaggi delle Osservazioni conclusive del Comitato Onu per l'eliminazione della discriminazione razziale, rese note oggi a Ginevra. In particolare, sottolineata l’“enfasi” data da Papa Francesco all’“importanza della lotta alla povertà”, evidenziando come “i poveri siano spesso persone emarginate provenienti da gruppi razziali o etnici nella società”. Il documento prevede anche una serie di raccomandazioni riguardo misure per prevenire tali rischi. Giada Aquilino ne ha parlato con l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede agli uffici Onu di Ginevra, che nelle scorse settimane ha incontrato i rappresentanti delle Nazioni Unite:

R. – Quello che mi ha colpito è stata, in particolare, l’enfasi con cui i membri della Commissione hanno sottolineato il ruolo positivo di Papa Francesco in questo momento particolare, attraverso la chiarezza con cui affronta la questione della discriminazione e parla dell’inclusione di tutti nella vita della società e nel rispetto di ogni persona. Questa dimensione di universalità del suo insegnamento è stata sottolineata con molta forza, in particolare per quanto riguarda la tolleranza, la riconciliazione e il rispetto delle persone di razza diversa, ricordando gli appelli che il Pontefice ha levato per l’accoglienza dei rifugiati che vengono da regioni martoriate di questo globo, specialmente dal Medio Oriente verso l’Europa e dall’America Centrale e dall’America Latina verso gli Stati Uniti. Un altro aspetto positivo è stato il riconoscimento della nuova legislazione che il Vaticano, come Stato, ha introdotto: punisce appunto crimini di discriminazione razziale e prende in seria considerazione le esigenze della Convenzione. Poi, il Comitato è passato a fare delle raccomandazioni, in un tono costruttivo e positivo.

D. – In quale ambito si muovono queste raccomandazioni?

R. – Alcune delle raccomandazioni chiedono che vengano rafforzate le misure legali dello Stato rendendole più inclusive, in modo che atti di discriminazione razziale siano debitamente puniti. Viene proposto, per esempio, che le persone che soffrono discriminazione a causa della loro razza o del loro credo religioso - ma soprattutto per questioni di razza - vengano compensate. E poi, un aspetto abbastanza curioso ma anche interessante, è la domanda da parte della Commissione di avere dei dati più specifici di come le strutture organizzative di leadership nella Chiesa rappresentino anche minoranze razziali e gruppi.

D. – A mo’, quindi, di rappresentanza di tutto il mondo?

R. – Esattamente: sottolineare l’universalità della presenza della famiglia umana in tutte le sue forme e colori nelle strutture della Chiesa. Non è stato inoltre sottovalutato il fatto che, attraverso le sue istituzioni, la Santa Sede – ma soprattutto la Chiesa cattolica, di cui la Santa Sede è il governo centrale – educa e forma le persone in modo che non ci siano discriminazioni. Basti pensare che più di 64 milioni di giovani vengono educati nelle scuole cattoliche nel mondo e la maggioranza di questi studenti non è cattolica. E lo stesso si deve dire per la sanità: negli oltre 5.000 ospedali della Chiesa cattolica ci sono milioni di persone che vengono assistite e non si domanda mai il passaporto e non si fa mai considerazione di appartenenza etnica o razziale.

D. – Sono stati sollevati dei presunti casi di discriminazione razziale da parte di esponenti della Chiesa cattolica?

R. – E’ stato fatto un riferimento al genocidio del Rwanda, con un invito a fare il possibile per individuare anche persone del clero che avessero partecipato a tale genocidio, affinché siano consegnate alla giustizia, in modo che non ci possano essere scappatoie per le persone che vengano giuridicamente riconosciute come responsabili di questi crimini.

D. – Negli incontri e poi nel documento del Comitato Onu, il concetto di “gender” ad esempio al centro del dibattito in molti Paesi è stato evocato?

R. – La questione della non-discriminazione verso persone di orientamento sessuale diverso non ha costituito un tema principale, perché la Convenzione è diretta a eliminare violazioni strettamente legate alla razza e basate sull’appartenenza etnica. Però, il Comitato ha fatto anche notare che è parte della sua responsabilità fare in modo che la discriminazione non si applichi a nuove situazioni che mano a mano evolvono nella società. E su questo siamo d’accordo: che non si debba discriminare le persone, ma che si debba rispettare qualsiasi persona, pur tenendo conto che abbiamo tradizioni e principi che a volte non sono compatibili con quelli promossi dalla comunità internazionale.








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