2015-12-09 13:12:00

Siria, Save the Children: mente bambini devastata da guerra


Tra i 4,2 milioni di rifugiati dovuti alla guerra in Siria, più della metà sono bambini e un quarto di loro sviluppa disturbi mentali legati alla situazione di conflitto. Lo rivela Save the Children nell’ultimo rapporto “Infanzia all’ombra della guerra”: un campanello d’allarme sul recupero psicologico e sociale di questi minori che in fuga in Libano, Iraq e zone interne della Siria non riceveranno mai un’istruzione. Veronica Di Benedetto Montaccini ne ha parlato con Marco Guadagnino di Save the Children Italia:

R. – Siamo ormai al quinto anno di una guerra che ha avuto degli effetti devastanti per milioni di persone. Ovviamente chi ha sofferto e sta soffrendo di più in questa situazione sono i bambini. Si sviluppano moltissimi danni psicologici legati ai traumi della guerra. Le ripercussioni sulla salute mentale di un’intera generazione di bambini siriani sono catastrofiche.

D. – Di quali patologie si tratta? E quali risvolti sociali ci sono?

R. – Nei bambini ci sono stati di ansia e attacchi di panico dovuti alla separazione dalle famiglie e dagli amici. Un fattore molto forte è la discriminazione quotidiana che questi bambini vivono nelle comunità dove si sono trasferiti e dove sono rifugiati, che li rende insicuri e fragili. Ci sono bambini che non dormono la notte, che fanno la pipì a letto anche di giorno. Nei maschi abbiamo riscontrato un aumento considerevole della violenza; ci sono addirittura situazioni in cui bambini al di sotto degli 8 anni hanno iniziato ad utilizzare alcool. Le bambine invece si chiudono per interi mesi in un silenzio che talvolta porta alla depressione. Oltre alle patologie psichiche ci sono dei comportamenti sociali negativi, per esempio tra i maschi è in aumento il lavoro minorile. Tra le bambine c’è un aumento molto importante di matrimoni precoci: soltanto in Giordania quasi il 32% delle spose sono minorenni. Questo perché cercano di ricreare una situazione familiare che non hanno mai conosciuto.

D. – Uno dei fattori più negativi è la mancanza d’istruzione. Quanti bambini non vanno a scuola e cosa significa questo?

R. – Si calcola che ci sono circa 700mila bambini siriani nei Paesi confinanti con la Siria che non vanno a scuola. Questo significa una cosa enorme. Significa privarli della possibilità di avere un futuro diverso, migliore. Perché un bambino che ritorna a scuola riprende la normalità, riprende a sognare, riprende a vivere. A volte c’è proprio una mancanza fisica di luoghi dove potersi recare. C’è la difficoltà materiale di raggiungere le scuole; c’è – nel caso dei bambini che vivono in Siria – il pericolo quotidiano che la scuola venga individuata come bersaglio per una bomba o un attacco. Tutto questo sulla pelle dei bambini diventa un problema serio.

D. – Solo il 3% dei fondi per gli aiuti umanitari viene riservato ai bambini. Perché?

R. – Perché si sottostima l’importanza dell’intervento di protezione psicologia e sociale nei confronti di minori che hanno vissuto i traumi della guerra. È importante fornire cibo e interventi di prima necessità, ma dal nostro punto di vista il supporto psicologico e sociale in termini di protezione di questi bambini ha la stessa identica importanza. È un intervento che può essere salvavita.








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