2015-12-02 15:02:00

Rozzano, la secolarizzazione dietro i no ai simboli del Natale


Il caso dell’Istituto di Rozzano, nel milanese, il cui dirigente avrebbe deciso di annullare il concerto scolastico di Natale per non offendere gli allievi musulmani, notizia in parte rettificata, ha riaperto in questi giorni dibattiti e polemiche sulle tradizioni cristiane in Italia a confronto con una società sempre più multireligiosa. Sulla questione è intervenuto anche il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, che ha difeso i simboli natalizi purché non creino divisioni e ha richiamato ai veri valori portati da Gesù. Ma a chi dà fastidio il presepe o un canto sulla Natività? Adriana Masotti lo ha chiesto al sociologo Mario Pollo:

R. – Io mi stupisco che ci si possa fare la domanda: “A chi può dare fastidio il presepe?”, perché mi sembra veramente che si sia al di fuori di qualsiasi logica. Il Presepe, proprio per la sua struttura, è un segno di amore: è il segno dell’incarnazione di un Dio sulla terra, che entra nella storia. E quindi non capisco a chi possa dare fastidio. E in più, negli anni, è diventato in qualche modo il simbolo di una festa che è universale. Anche in Italia, infatti, il Natale è festeggiato anche da chi non è credente.

D. – Eppure, è successo che qualche preside o dirigente abbia preso delle decisioni per non offendere i non cristiani, ad esempio i musulmani…

R. – Io credo che in questo caso la tolleranza, il non offendere gli altri ecc., siano semplicemente una scusa che maschera invece la propria voglia di eliminare completamente dalla vita sociale ogni residuo sacrale. Uno dei grandi obiettivi della modernità era eliminare completamente il sacro dalla vita della società. E credo che le persone utilizzino come paravento – come, direi, un alibi – questa ragione del non offendere che è inesistente. Quando un musulmano celebra il Ramadan io non mi offendo, anzi, cerco di capire il significato che quel periodo ha per la sua vita. Quindi, il motivo della divisività è un falso motivo.

D. – Ma non c’è una contraddizione tra il nostro sbandierare la libertà a tutti i costi e poi l’autocensurarsi: impedire che questa libertà di espressione avvenga?

R. – Ma, quando entra in ballo l’ideologia, questa offusca anche la razionalità, la capacità di pensare anche in modo laico. Di fatto, le persone non si rendono conto che, assumendo quegli atteggiamenti, negano per esempio il concetto stesso di libertà di espressione che è connaturato al nostro vivere civile.

D. – Il fatto che anche degli esponenti politici entrino in questi dibattiti…

R. – Spesso, questi politici intervengono in questi dibattiti alla caccia di consenso: per loro è quindi un intervenire spesso strumentale e non legato all’oggetto in sé. Per noi, che comunque abbiamo una storia collettiva alle spalle, quello che la politica dovrebbe fare è tutelare le condizioni perché le persone possano ancora riconoscersi nella propria storia senza che tale riconoscimento produca l’esclusione degli altri. Far convivere da un lato l’identità storico-culturale delle persone, con la necessità di apertura al nuovo, al diverso, ma senza rinunciare alle proprie radici. Questo sarebbe un grosso tema politico: come sarebbe pensabile un tipo di convivenza...

D. – Mi viene da dire che in una società, sempre più multiculturale e multireligiosa, bisognerebbe aggiungere qualcosa nelle nostre società, più che togliere, cancellando ad esempio il Natale…

R. – Esattamente. E anche dietro al termine “multiculturale” c’è una grossa confusione. Una società che abbia semplicemente varie culture, una accanto all’altra, è una società che non regge. Una società ha bisogno di riconoscere sì le differenze, ma intorno a un centro unificatore. Se manca questo, la società non esiste: diventa semplicemente uno stare insieme così, accostati l’uno all’altro, ma senza qualcosa che unisce.

D. – Centro che potrebbero essere rappresentato da valori come la solidarietà, i diritti…

R. – Valori come la solidarietà, la diversità come ricchezza, la giustizia, la fede nella dignità di ogni essere umano. Tutti questi sono elementi che dovrebbero essere parte del nucleo fondante che tutti condividono e che tiene insieme una comunità.








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