2015-12-02 13:46:00

Gli Usa annunciano forze speciali contro l'Is


Si rafforza l’impegno internazionale contro il sedicente Stato islamico in Siria e Iraq. Gli Stati Uniti hanno annunciato l’invio di forze speciali per condurre operazioni in Siria e per supportare i militari e i peshmerga in Iraq. La Camera inglese dei Comuni vota oggi l’autorizzazione a raid in Siria, mentre venerdì il parlamento tedesco voterà l’invio di 1.200 uomini. Francia e Germania hanno chiesto alla Turchia di poter utilizzare la base di Incirlik per operazioni e militari. Elvira Ragosta ne ha parlato con il vicepresidente di Archivio Disarmo, Maurizio Simoncelli:

R. – Fino adesso, abbiamo avuto dei bombardamenti aerei o forme di addestramento, forniture di armi e così via. Questo è un coinvolgimento diretto delle Forze armate statunitensi, seppur limitato alle forze speciali, che però cambia anche l’atteggiamento dell’amministrazione Obama, che negli anni passati aveva cercato anzi di ritirare il più possibile le proprie truppe da quello scenario, cercando soluzioni diverse rispetto a quelle di un intervento diretto.

D. – C’è però il premier iracheno, al Abadi, che in un comunicato ha chiarito di non volere ingerenze né da parte degli Stati Uniti né da parte della Russia sul territorio iracheno…

R. – Questo è l’altro problema della questione. Inevitabilmente, la presenza di truppe straniere in quel territorio martoriato da 20 anni di guerre non può che essere sentita come, effettivamente, un’ingerenza.

D. – Nel frattempo, si rafforza anche l’impegno europeo da parte dei singoli Stati alla lotta al terrorismo jihadista. La Gran Bretagna vota oggi in parlamento i raid sulla Siria; la Germania, venerdì, voterà l’invio di 1.200 militari, di sei Tornado e di una nave da guerra. E’ la risposta alla strage di Bataclan?

R. – Sicuramente. Ricordiamoci, infatti, che ci sono sempre morti di "serie A" e di "serie B". I dati che inoi abbiamo dal "Global Terrorism Index" ci dicono che l’80 e il 90% delle vittime non sono europee, ma dei Paesi del Medio Oriente o dell’Africa. Quello che appare, però, ancora più sorprendente è che le Forze armate del cosiddetto Califfato si stima che si aggirino attorno ai 30-40 mila uomini, ma non le si riesce a fermare e non si riescono a fermare i finanziamenti che provengono dal commercio clandestino del petrolio, dalla vendita sul mercato nero dei reperti archeologici e anche dal commercio di droga. Le forniture di armi che arrivano a questo Califfato non riescono a essere bloccate. Sembra molto strano tutto questo. Una piccola enclave come quella del Califfato islamico non riesce a essere bloccata dai Paesi vicini che, sulla carta, sarebbero molto più organizzati, forti, molto più capaci di un intervento di tipo militare. Sappiamo, per esempio, che il confine turco è un confine estremamente permeabile e addirittura ha portato negli ultimi giorni a dure accuse reciproche tra Putin ed Erdogan, al punto tale che il leader russo ha accusato la Turchia di complicità con il Califfato.  

D. – Ecco, appunto, qui si inserisce anche la tensione fra Turchia e Russia. Da parte del presidente degli Stati Uniti, Obama, c’è stato un invito ad alleggerire questa tensione, a lavorare tutti insieme per il nemico comune jihadista. L’impressione, però, è che, come diceva lei, ci siano tanti Stati che combattono tante guerre contro tanti nemici nello stesso territorio…

R. – Esattamente. Potremmo dire veramente che siamo di fronte a un caso esemplare di geopolitica del caos, in cui i vari attori svolgono ognuno una propria battaglia, una propria politica diversa gli uni dagli altri. Per cui, se noi ci mettessimo teoricamente a sommare le forze armate degli Stati Uniti, della Russia, dell’Unione Europea, della Turchia, dell’Arabia Saudita, dell’Iran, i più grossi Paesi coinvolti in tutta la vicenda, avremmo qualcosa come 5 milioni di uomini armati sulla carta, grosso modo. Le Forze armate, ripeto, le poche decine di migliaia del Califfato, a questo punto, teoricamente sono già sconfitte in partenza. Eppure, come vediamo, regna effettivamente  il caos da questo punto di vista.








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