2015-11-30 13:53:00

Parigi, aperta Cop21. Obiettivo: ridurre i gas inquinanti


Si è aperta oggi a Le Bourget, nel nord Parigi Cop21, la Conferenza Onu sul clima. Centocinquanta tra capi di Stato e di governo saranno impegnati in due settimane di negoziati, con l’obiettivo giungere a un accordo vincolante sulle emissioni inquinanti, di fissare dei vincoli sui combustibili fossili e determinare le regole attraverso cui i Paesi più ricchi dovranno sostenere, con 100 miliardi di dollari, gli sforzi dei Paesi in via di sviluppo. Da Parigi, il servizio di Francesca Pierantozzi:

Lasciare alle generazioni future un pianeta libero dal terrore e preservato dalle catastrofi naturali. In una Parigi a lutto per le stragi del terrorismo, si è aperta la 21.ma Conferenza sul clima delle Nazioni Unite. Questa mattina il presidente francese Hollande, accanto al segretario Genarle dell’Onu, Ban Ki-moon, ha accolto i 150 capi di Stato. E’ stato Hollande ad aprire i lavori; le sue prime parole sono state un ringraziamento per il sostegno ricevuto dopo gli attacchi del 13 novembre e poi un monito a raggiungere un accordo che sia il più ambizioso possibile. Dopo il presidente francese, è toccato a Ban Ki-moon ricordare l’obiettivo da raggiungere, ovvero contenere sotto i due gradi l’aumento delle temperature del pianeta. "Un accordo sul clima - ha detto il segretario dell’Onu -servirà anche a garantire la pace e la sicurezza internazionale. Il futuro nel mondo - ha concluso rivolgendosi ai leader del pianeta - è nelle vostre mani". Il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, che presiede la Conferenza di Parigi, ha invitato a puntare a un accordo universale e ambizioso, ma soprattutto giuridicamente vincolante. Poi, è toccato a Barack Obama. Il presidente statunitense ha riconosciuto la responsabilità degli Stati Uniti come Paese inquinatore. Obama ha riaffermato l’obiettivo degli Usa: ridurre l’emissione dei gas a effetto serra del 26-28% entro i prossimi dieci anni. Ha citato Martin Luther King: "Non è mai troppo tardi", ha detto, precisando che per quel che riguarda i cambiamenti climatici è quasi troppo tardi, ma forse siamo ancora in tempo per invertire la tendenza.

Sulle sfide di Cop21, Elvira Ragosta ha intervistato Carlo Andrea Bollino, docente di Economia dell’energia alla Luiss di Roma:

R. – Noi economisti siamo scettici sulla possibilità di raggiungere un accordo forte e importante, perché le posizioni rimangono distanti. Noi Paesi industrializzati abbiamo una visione di protezione del clima dalla nostra posizione di comodità e di benessere. I Paesi emergenti desiderano continuare svilupparsi e per il loro sviluppo c’è bisogno di consumare energia e quindi di entrare in conflitto con le problematiche di protezione ambientali. Queste due posizioni sono ancora distanti, occorre dirlo.

D. – I Paesi si sono già impegnati nella riduzione delle emissioni ma nello specifico cosa si deciderà a Parigi?

R. – Si dovrebbe decidere finalmente di arrivare a un accordo vincolante. Così fu il protocollo di Kyoto. Tuttavia, la nuova politica europea per il 2030 ha diluito la forza dell’impegno vincolante che devono prendere i Paesi europei e siccome i Paesi europei sono comunque – anche se solo il 10% delle emissioni mondiali – un gruppo importante non vorrei che dessero il cattivo esempio: cioè di parlare e parlare di un accordo globale senza darne gli specifici dettagli, quelli che poi rendono operativa la politica.

D. – I cambiamenti climatici producono anche disastri ecologici. Quanto pesano questi sui Paesi più poveri, sull’economia dei Paesi più poveri?

R. – Dal punto di vista morale moltissimo, perché lì ci sono popolazioni che aspirano a dignità, a essere tratte fuori dalla povertà. Del resto, l’ha detto anche il Santo Padre, tutti siamo stati colpiti dalle sue parole. Ma se dovessi fare ancora una volta l’economista scettico direi che quanto è più povero un Paese, tanto meno ha da perdere. Quindi, purtroppo la sensibilità mondiale verso le problematiche di questi Paesi è limitata.

D. – Quanto peserà sulla Conferenza Onu sul clima di Parigi l’Enciclica "Laudato si’" che Papa Francesco ha dedicato all’ambiente?

R.  – Da cristiano spero moltissimo, perché ha scosso le coscienze: dal punto di vista della "real politik", cioè della capacità dei capi di Stato di tenerne conto, ci sarà sicuramente un impatto. Il punto fondamentale è il messaggio etico: cioè, non è possibile non tenere conto del fatto che l’ambiente è il mondo in cui viviamo e questo dobbiamo rispettare. A questo penso che qualsiasi politico dovrà inchinarsi e questo sarà un merito di Papa Francesco per l’umanità.

D. – Quali sono i Paesi più inquinanti al mondo oggi?

R.  – In termini di dimensioni, Cina e Stati Uniti sono le due grandi potenze industriali che hanno la maggiore quantità di emissioni.

D. – Poi, c’è il tema dei combustibili fossili che gli esperti vorrebbero restassero sotto terra per evitare appunto di andare oltre il tetto di emissione. Che cosa si prevede sulle decisioni che si prenderanno in questa conferenza?

R. – Ci sono due modi per limitare l’apporto nocivo all’ambiente derivante dalle emissioni dei fossili. Uno è di sostituirli con fonti rinnovabili. L’altro è quello di effettuare risparmio energetico e innovazione tecnologica in maniera tale di utilizzarne di meno per soddisfare più bisogni. Noi in Europa abbiamo già fatto la nostra parte, dando il segnale con l’energia eolica e l’energia fotovoltaica. Penso che una partita importante la potranno giocare alcuni Paesi emergenti, penso alla Cina e all’India, e paradossalmente anche alcuni dei Paesi produttori di petrolio. Già in Arabia Saudita si studia l’apporto delle fonti rinnovabili, nel loro caso per avere più petrolio da esportare, ma è comunque un beneficio perché significa avere maggiore produzione di energia rinnovabile anche sul suolo e territorio dei Paesi produttori di petrolio e questa non può che essere una diversificazione tecnologia interessante per il mondo intero.








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