2015-11-27 14:46:00

I giovani del Kenya: Papa Francesco ci ha portato la speranza


Grande festa allo Stadio Kasarani di Nairobi, per l'incontro di Papa Francesco con i giovani del Kenya. Adriana Masotti ha raccolto il commento di Jenifer Mpunza, una studentessa della capitale:

R. – E’ stato commovente vedere come il Papa, quanto il Papa vuole bene ai giovani e come vorrebbe aiutare i giovani a saper fare le loro scelte. I giovani hanno fatto tante domande e la risposta che mi ha toccato di più è stata quella che parlava del tribalismo, che qui è molto forte. Quando incontri qualcuno, la prima domanda è: “Di dove sei? Di che tribù sei?”, ti senti un po’ a disagio. Però, quel gesto che il Papa ha fatto oggi è stato un gesto forte. Dopo aver detto: “Siete tutti figli di Dio, siete una Nazione!”, come segno – ha detto ancora – “alziamoci tutti in piedi e ci teniamo per mano, è un segno che noi siamo ‘un’ popolo!”. E’ stato forte, fortissimo! E ha detto anche questo: che noi siamo ‘uno’. Questo, per me, è stato un richiamo: che adesso in poi, quando incontro qualcuno, devo dare questa testimonianza, che siamo “una” famiglia, che siamo “un” popolo.

D. – Questo è venuto tanto in rilievo anche nell’incontro che il Papa ha avuto con i rappresentanti delle altre Chiese e anche delle altre religioni: anche il rappresentante dell’islam ha parlato, ha salutato il Papa …

R. – Quando c’è stato questo gesto del Papa, hanno inquadrato il presidente e accanto al presidente c’era un musulmano, che ha tenuto così le mani … Ma aveva un viso così … come uno che dicesse: “Finalmente! Finalmente …”, perché si sente che c’è questa sete di vivere una famiglia. Però, questa differenza è forte. Ma oggi credo che sia avvenuta una grazia. E ci credo e lo sento.

D. – I giovani sono stati al centro dei pensieri del Papa fin dall’inizio: per capire meglio, ci dici un po’ chi sono i giovani? Quali sono i loro principali problemi e le loro speranze?

R. – La grande sfida per i nostri giovani è il lavoro. Anche lo studio è una sfida. Non tutti riescono a studiare fino all’università; quando ci riescono, poi non trovano lavoro. Quindi, è una grande sfida che poi spinge i giovani a inserirsi in gruppi che prendono la droga o che rubano o che fanno brutte cose … che, poi, loro sono consapevoli di fare questo perché non hanno alternative, non hanno di che mangiare, non hanno nulla da fare … Però, le parole del Papa hanno portato speranza, anche perché c’erano anche le autorità: c’era il presidente e anche altre autorità. Quindi, mi sembra che ci sia un inizio. Il Papa, poi, a noi giovani ha lasciato da scegliere tra due cose: se vogliamo prendere i problemi come motivo di disperazione, cosa che ci rende impossibile fare qualsiasi cosa, o se vogliamo accogliere queste sfide come un trampolino di lancio, come un punto di partenza, come un’opportunità per vedere come affrontare queste sfide e come risolverle. Allora, subito io ho sentito che la cosa intelligente è raccogliere le sfide come un trampolino di lancio, per chiedermi: “Cosa voglio adesso? Cosa posso fare?”, e non farlo da sola. Perché c’è tanta solidarietà anche qua: per esempio, nella mia università, il mese scorso abbiamo fatto – per i giovani che non hanno la possibilità di studiare – una cosa che si chiama “harrambee”. “Harrambee” è una raccolta di soldi, di oggetti, di qualsiasi cosa per aiutare gli studenti che non hanno i soldi per pagare la scuola: quindi, la solidarietà c’è. Però, ci vuole un sostegno dagli adulti. Quando qualcuno ci dà le idee, vorremmo fare grandi cose, però non sappiamo da dove incominciare. Però, adesso, con questo incoraggiamento, con questa parola forte del Papa, ho visto – dall’esplosione dei giovani – che siamo partiti!








All the contents on this site are copyrighted ©.