2015-11-26 07:20:00

Jet russo: prove di dialogo tra Mosca e Ankara


Mosca e Ankara cercano di fare un passo indietro per abbassare la tensione dopo l'abbattimento di un caccia russo da parte della Turchia. Di fatto, però, restano sulle loro posizioni. Il servizio di Giada Aquilino:

Se succedessero altri incidenti, dovremmo “reagire”. Il presidente Putin torna sul jet russo abbattuto dall’aviazione di Ankara al confine tra Siria e Turchia, annunciando che Mosca continuerà i raid nella zona e rivedendo il dispositivo tattico: avvicinato un incrociatore alla costa siriana e pronti al dispiegamento razzi anti aerei nella base di Latakia, dove nel frattempo è stato portato il secondo pilota, tratto in salvo dall'esercito siriano. Il militare ha assicurato che non ci sono stati né sconfinamenti né avvertimenti dai turchi, proprio mentre Ankara diffondeva alcune registrazioni audio come presunta prova degli appelli lanciati al velivolo russo. A Mosca intanto un gruppo di manifestanti ha lanciato sassi e bruciato i vetri dell’ambasciata turca. Da Ankara, il presidente Recep Tayyip Erdogan ha provato ad abbassare i toni, come auspicato dalla Casa Bianca, assicurando di non avere “intenzione di provocare un'escalation dopo questa vicenda” e il suo ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu ha telefonato all’omologo russo Serghiei Lavrov, che ha comunque assicurato come Mosca non farà “la guerra alla Turchia”. I due potrebbero vedersi la prossima settimana a Belgrado. Secondo l'ambasciatore russo a Parigi, Alexandre Orlov, il Cremlino sarebbe addirittura pronto a costituire uno “stato maggiore comune” nella lotta al sedicente Stato islamico, con Francia, Usa e Turchia. Aldo Ferrari, responsabile ricerche su Russia, Caucaso e Asia centrale dell’Ispi di Milano:

R. - La Russia è comunque una potenza prudente in politica estera, anche se spesso non ne approviamo i passi. La Turchia fa parte della Nato: un conflitto sarebbe impensabile. Tanto più che i due Paesi hanno importanti collaborazioni soprattutto nella sfera economica. Naturalmente ci saranno delle difficoltà, ma non interpreterei in maniera drammatica questa affermazione.

D. - Negli ultimi anni Turchia e Russia, pur rimanendo su posizioni differenti, si erano proprio avvicinate dal punto di vista per esempio commerciale: perché allora abbattere un jet di un Paese comunque non nemico, al di là delle ragioni degli sconfinamenti aerei?

R. – Credo che questo ordine di abbattimento vada inserito nella politica estera muscolare della Turchia degli ultimi anni. Per molti decenni, la Turchia ha potuto godere della sua vantaggiosa posizione geopolitica come baluardo in epoca bipolare contro l’Unione Sovietica, adesso come baluardo - reale o supposto - contro il radicalismo islamico. Questo molto spesso le ha consentito di portare avanti politiche che per altri Paesi sarebbero state facilmente condannabili. Purtroppo la Turchia è uno dei Paesi responsabili, tra i più responsabili, dell’aggravamento della crisi siriana: senza la Turchia non sarebbe stato possibile il passaggio di uomini, rifornimenti, al sedicente Stato Islamico. Probabilmente la Russia esagera nel dire che questo abbattimento conferma un’alleanza tra Turchia e Is: non c’è un’alleanza ma sicuramente un sostegno informale e indiretto. Ed Erdogan in questa maniera si è preso un grosso rischio: è riuscito almeno in parte a impedire quel riavvicinamento tra la Russia e l’Occidente che stava un po’ cambiando la situazione - non solo militare - in Siria, ma anche a livello globale l’isolamento della Russia dopo la crisi ucraina stava venendo meno e questa difficoltà con la Nato, accorsa a sostenere le ragioni dell’alleato turco, evidentemente pregiudica l’evoluzione della situazione.

D. – L’Alleanza atlantica ha invitato a una “de-escalation” delle tensioni. La crisi ucraina può essere una chiave di lettura di quanto sta avvenendo?

R. – Potrebbe e dovrebbe esserlo. Il problema è che la crisi ucraina è stata a mio giudizio gestita malissimo in primo luogo dagli europei e dagli occidentali, che hanno addossato alla Russia tutte le responsabilità di quanto avvenuto, nascondendo le proprie, e escludendo la Russia dai processi decisionali globali, cosa che l’Occidente e in generale lo scenario internazionale non possono permettersi. Ci sono naturalmente differenze, divergenze reali, ma non è possibile escludere questo Paese.

D. – Gli incontri di Vienna hanno fatto nascere la speranza che possa scattare una qualche transizione a Damasco. Quanto accaduto al jet russo può minare i passi verso tale transizione?

R. – Purtroppo sì perché è un episodio gravissimo che ha visualizzato il contrasto che già si conosceva fra la Russia e la Turchia, ma anche tra la Russia e l’Occidente. E’ chiaro che le potenze coinvolte in Siria - Russia, Turchia, Stati Uniti, Francia, Inghilterra - hanno obiettivi e visioni molto differenti tra loro. Trovare un equilibrio, trovare anche un comando militare comune è davvero difficile alla luce delle divisioni che esistevano e che la crisi di ieri ha ulteriormente aggravato.








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