2015-11-25 11:18:00

Violenza sulle donne, Istat: una su tre subisce abusi


Sono quasi sette milioni le donne che subiscono violenze fisiche e pisicologiche in Italia. Praticamente una donna su tre nella fascia tra i 16 e i 70 anni. Il dato viene ricordato dall’Istat nella Giornata internazionale che richiama l'attenzione sui vari tipi di abusi patiti dalle donne, in massima parte tra le mura domestiche, nel 42% dei casi durante la gravidanza, due volte su tre in presenza dei figli, che in un caso su 4 sono coinvolti direttamente, con tracce che restano indelebili nella loro vita. Ma il 90% delle donne non denuncia  le violenze subite. 117 le donne uccise lo scorso anno in ambito familiare. 74 quelle assassinate nei primi sei mesi del 2015 da uomini con cui avevano legami familiari o affettivi.  Veronica Di Benedetto Montaccini ne ha parlato con Alessia Sorgato, avvocato penalista del "Soccorso Rosa" e autrice del libro “Giù le mani dalle donne”:

R. – La difficoltà a fare emergere le donne che ancora non denunciano le violenze, quello che si chiama “numero sommerso” o “numero oscuro”, che confermo essere ancora molto molto alto, sta in una serie di retaggi culturali e paure che le donne ancora provano e che nascono anche dall’ignoranza di tanti diritti e di tanti strumenti che la legge italiana riconosce e mette in azione nel momento in cui queste donne vengono a conoscenza della possibilità di attivarli. Mi spiego meglio: una delle paure più ricorrenti che le donne che poi raccontano è quella di vedersi portar via i figli, che è un ricatto sia contro le denunce sia soprattutto contro le separazioni. Molte non sanno che per legge il bambino viene quasi sempre affidato alla madre, al massimo con l'affiancamento di uno psicologo dopo la violenza subita. 

D. – Lei ha scritto il libro “Giù le mani dalle donne”. Cosa può fare la vittima stessa per riscattarsi?

R. – Nel libro, vengono elencati svariati rimedi circostanziati e contestualizzati a seconda del problema. Si passa dai maltrattamenti, allo stalking, agli atti persecutori, i reati attraverso Internet con queste nuove fattispecie del “cyber stalking” e del “revenge porn” e poi via via fino alle lesioni e, chiamiamolo per quello che è, all’omicidio. Il rimedio principale secondo me è chiedere aiuto, a chi lo sappia dare in maniera competente, esperta, professionale: i centri antiviolenza, gli sportelli anti-stalking, i presidi ospedalieri o ancora due nuove fattispecie che si chiamano “Stanza rosa” e “Codice rosa”.

D. – Secondo l'Istat, le donne starniere sonole più esposte alle violenze. In base alla sua esperienza qual è l’estrazione sociale ed etnica delle vittime e anche delle persone che commettono violenza sulle donne?

R. – In questi sei anni di specializzazione – nei quali ho affrontato molti casi perché sono stata il legale di riferimento sia di sportelli anti-stalking che di un presidio anti violenza ospedaliero – il bacino di utenza che arrivava da questi presidi era molto variegato. All’inizio, registravamo soprattutto una categoria medio-bassa e con una prevalenza di straniere dislocate soprattutto nell’America Latina e nelle Filippine. In questi anni, ho registrato modifiche e trasformazioni: ci sono molte più professioniste, ci sono molte più italiane che chiedono aiuto. Anche il livello culturale e sociale si è elevato. L'incidenza in questo momento del fenomeno in famiglie borghesi e alto-borghesi è assolutamente in rialzo. Questo, secondo me, dipende non tanto e non solo dal fatto che il fenomeno purtroppo è a sua volta in aumento, ma soprattutto dalla circostanza che è in aumento la possibilità – e per noi è un successo – di poter affermare che ci sono più donne che escono allo scoperto, che chiedono aiuto e che magari scelgono anche la via della denuncia.








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