2015-11-25 17:28:00

Il saluto al Papa in Kenya dai villaggi rurali e poveri dell'equatore


LA PERIFERIA DEL KENYA

C’è un ospedale che non solo cura e salva migliaia di persone, ma è diventato una piccola “città della gioia”, fonte di amore, di speranza e anche di lavoro per tanti. C’è un medico italiano che da diciotto anni, giorno dopo giorno, spesso di notte, dedica tutto se stesso al servizio dei suoi ammalati in ciascuno dei quali ravvisa il volto di Cristo. Questa regione del Kenya è prossima all’Equatore, l’ospedale è quello di Chaaria, Chaaria Hospital Kenya, quattrocento chilometri a nord di Nairobi. Il medico è fratel Beppe Gaido della comunità dei Fratelli di San Giuseppe Cottolengo. 

 

CHAARIA

“Il bisogno della gente, il loro grido di aiuto, sono diventati un salutare pugno nello stomaco ed un continuo stimolo all’azione: ci siamo impegnati, spiega fratel Gaido, abbiamo studiato, ci siamo formati ed attrezzati in modo da dare risposte sempre più qualificate  a chi si rivolgeva a noi. La morte, i bisogni disattesi, la richiesta di aiuto si sono trasformati in energia positiva che ha dato vita all’ospedale. Impegno che ogni giorno  mi rigenera  e mi apre alla speranza di un  futuro sempre di più al servizio degli ultimi. La nostra lotta per la vita è il saluto e la preghiera che da Chaaria vuole arrivare al Papa".

L'OSPEDALE DA CAMPO

Il microcosmo di Chaaria, è per il medico italiano Beppe Gaido “un’ epopea  degli ultimi”, dei “senza voce”, dei dimenticati, che lottano ogni giorno per la sopravvivenza. Accanto a loro Fratel Beppe combatte con pochi mezzi e poche medicine contro malattie impossibili, ma che fino all’ultimo cerca di affrontare in una drammatica sfida; lotta  in una solitudine  spesso pesante, contro il tempo, sempre troppo poco per un ospedale, che agli inizi era un piccolo ambulatorio, ora ha centosessanta  letti ed è diventato i riferimento di una intera popolazione. 

IL LIBRO 'POLVERE ROSSA'

Nel libro "Polvere rossa" (edizioni San Paolo), scritto con Mariapia Bonanate, Fratel Beppe racconta della gente che è diventata la sua grande famiglia: gli ammalati, i poveri, gli abbandonati da tutti. Tutto e tutti sono avvolti da una “polvere rossa” che quasi non lascia respirare, a volte, diventa una nebbia fittissima. Arriva dalla terra, dai campi, dove i contadini lottano per strappare alla siccità i raccolti che garantiscono la sopravvivenza. Parla delle lunghe giornate che trascorre con loro, in sala operatoria del Chaaria Hospital Kenya, nei reparti sempre affollati con anche due persone per letto, negli ambulatori dove arrivano da tutta la regione, e oltre, migliaia di persone.  In primo piano le donne africane che portano sulle spalle tutto il peso delle loro famiglie, i bambini che "nella loro freschezza ed innocenza creano un legame privilegiato  con il cielo", sia  quelli che "salvo, ma anche quelli che non ce l’hanno fatta e sono diventati i miei angeli  custodi”. Affiorano i grandi problemi dell’Africa, da quello della guerra e della violenza a quello della fame, della povertà estrema, delle epidemie come Ebola  e la malaria, l’Aids. Ma dal racconto di Fratel Beppe Gaido, emerge anche la forza vitale, "la solidarietà, i valori umani e religiosi, la voglia di futuro di un popolo giovane dal quale l’Europa e il nostro Paese possono trarre vigore e fantasia". 

 








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