2015-11-21 14:12:00

Mali: caccia ai terroristi. Mons. Zerbo: dare lavoro ai giovani


È caccia all’uomo in Mali all’indomani dell’attacco al Radisson Blu Hotel di Bamako, in cui hanno perso la vita 21 persone, tra cui 19 ostaggi di diverse nazionalità. L'azione è stata rivendicata dai gruppi terroristici al-Mourabitoun e al-Qaeda nel Maghreb islamico. Nel Paese sono stati proclamati 10 giorni di stato d'emergenza. Il servizio di Marco Guerra:

Sarebbero almeno 3 i terroristi in fuga che hanno preso parte all’assalto all’Hotel Radisson di Bamako, dove ieri sono state prese in ostaggio 170 persone, 140 ospiti della struttura e 30 membri dello staff. Il bilancio finale, dopo il lungo blitz della polizia, è di 2 miliziani 19 civili uccisi. L'attacco è avvenuto al settimo piano della struttura dove, secondo il quotidiano francese Liberation, si trovano le camere utilizzate dal personale dell'Air France. Tuttavia non ci sono francesi tra le vittime, mentre si contano sei russi, dipendenti della compagnia aerea Volga-Dnepr; tre cinesi, dirigenti di una ditta di costruzioni; un israeliano; un belga e una cittadina americana di origine indiana. Dietro l'attacco potrebbe esserci Mokhtar Belmokhtar, ex comandante di Al Qaida in Maghreb, il gruppo terroristico che lo scorso 29 ottobre diffuse un messaggio audio che lanciava un appello ad attaccare "gli interessi francesi in Mali" e invitava a "respingere l'accordo di pace e riconciliazione" nel Paese africano. Ai nostri microfoni l’arcivescovo di Bamako, mons. Jan Zerbo, ha confermato l’infiltrazione di gruppi jihadisti in territorio maliano, spiegando che il loro reclutamento fra la popolazione locale fa leva sulla povertà e la mancanza di prospettive di molti giovani:

R. – Ci sono manifestazioni di questo radicalismo islamista. Da due anni ci troviamo in questa situazione. Il vento che tira in Africa è lo stesso che c’è nel mondo. La Nigeria, il Niger, il Ciad sono zone dove la popolazione è composta soprattutto da giovani. Il problema è trovare lavoro per tutte queste persone che diventano una preda facile del fondamentalismo che offre soldi e fa promesse.

D.  – I fatti di ieri arrivano ad una settimana dagli attacchi di Parigi. C’è un collegamento?

R. – Sì, questa è la verità. Credo ci sia una relazione. Dicono che la Francia ha fatto la guerra agli islamisti e noi stiamo uscendo da questo pericolo. È proprio per questa ragione che questi gruppi fanno del male non solo al nostro Paese ma anche alla Francia, perché siamo un Paese amico. Il Mali è stato molto aiutato dalla Francia in questi anni.

D. – Ma c’è un collegamento anche con il sedicente Stato islamico? Ci sono cellule jihadiste che sono arrivate in Africa? C’è qualcuno che sta cercando di imporre un califfato anche in Africa?

R. – E' chiaro no? Non da oggi ma da diverso tempo, hanno trovato accoglienza da parte della gente che ha accettato di prendere soldi da loro in un Paese dove c’è tanta povertà.

D. - Cosa può fare la comunità internazionale? Dovrebbe intervenire in Mali in maniera più decisa?

R. - Credo che la comunità internazionale debba aiutarci soprattutto per l’educazione dei giovani, per trovare una soluzione al problema occupazione. I giovani che vanno via sono preda di queste persone perché cercano da vivere e lo fanno vendendo il loro Paese, lasciando fuori tutti i valori fondamentali di convivenza e il rispetto degli altri. Devono aiutarci a trovare lavoro per i giovani.

D. - Lei si è accorto, ha visto, è stato testimone del radicalismo islamico? Si vede che la situazione è cambiata? Ci sono dei segni in Mali? è cresciuta l’intolleranza verso i cristiani?

R. - Nel linguaggio, si vede talvolta in alcune prediche. Ma noi siamo in comunione profonda con i responsabili della comunità islamica. Abbiamo creato un’alleanza sacra tra musulmani, protestanti e cattolici per pregare insieme e per intervenire contro questa forza tutti insieme per cercare di fare capire che l’integralismo non è il bene del nostro Paese.








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