Il dramma dei profughi che arrivano in Europa e il richiamo ad una Chiesa che sia missionaria e non un sistema chiuso sono stati i temi forti del discorso di Papa Francesco ai vescovi tedeschi ricevuti in visita ad Limina. Dal Pontefice anche l’incoraggiamento a non lasciarsi paralizzare dai “bei tempi andati” girando sempre intorno alle stesse domande e interrogativi. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Accogliere i bisognosi che sfuggono da guerre e persecuzioni. All’inizio del suo intervento, consegnato ai vescovi della Germania, Papa Francesco sottolinea che le “Chiese cristiane e molti singoli cittadini” tedeschi “prestano un enorme aiuto per accogliere queste persone dando loro assistenza e vicinanza umana”. E incoraggia i cristiani a “continuare ad affrontare” questa sfida in un tempo che definisce “eccezionale”.
No ad una Chiesa paralizzata, ferma sui “bei
tempi andati”
Francesco rivolge dunque l’attenzione alla situazione
della Chiesa cattolica in Germania, con un sguardo che va al di là dei confini del
Paese. Il Pontefice rileva che sono sempre meno le persone che ricevono la Cresima
o contraggono il matrimonio cattolico e oggi, constata, meno di un fedele su dieci
in Germania va a Messa la domenica. Cosa possiamo fare, si chiede il Papa? Innanzitutto,
è la sua risposta, “bisogna superare la rassegnazione che paralizza”. Certamente,
avverte, “non è possibile ricostruire dai relitti dei bei tempi andati quello che fu ieri”. Possiamo
però ispirarci alla vita dei primi cristiani che annunciarono il Vangelo traendo forza
dalla Parola di Dio.
Evitare inaugurazione di nuove strutture se poi
mancano i fedeli
Il Pontefice segnala il rischio di una “crescente
istituzionalizzazione”. E avverte: “Vengono inaugurate strutture sempre nuove, per
le quali alla fine mancano i fedeli”. Si tratta, afferma, di “una sorta di nuovo pelagianesimo
che ci porta a riporre la fiducia nelle strutture amministrative, nelle organizzazioni
perfette”. “Un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare – soggiunge – complica
la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria”. La Chiesa, riprende, “non è un
sistema chiuso che gira sempre intorno alle stesse domande e interrogativi”. La Chiesa,
sottolinea Francesco, “è viva, si presenta agli uomini nella loro realtà, sa inquietare,
sa animare” ed ha un “volto non rigido”, ha un corpo: “il corpo di Gesù”.
Chiesa diventi più missionaria, contrastare la
mondanità
“L’imperativo attuale – esorta Francesco – è la conversione
pastorale, cioè fare in modo che le strutture della Chiesa diventino tutte più missionarie”
e ancora una volta chiede che gli “agenti pastorali” vivano un “costante atteggiamento
di uscita”. Il Papa ribadisce così la denuncia della mondanità che, dice, “deforma
le anime, soffoca la coscienza della realtà”. Una persona mondana, ammonisce, “vive
in un mondo artificiale che lei stessa si costruisce. Si circonda come di vetri oscurati
per non vedere fuori. E’ difficile raggiungerla”. Per vincere questo rischio, il Papa
chiede ai pastori di “stare tra la gente con l’ardore di quelli che hanno accolto
il Vangelo per primi”. In questo modo, soggiunge, “si possono aprire nuove vie e forme
di catechesi per aiutare i giovani e le famiglie ad una riscoperta autentica”.
Chiesa non si stanchi mai di essere avvocata
della vita
Francesco esorta quindi i vescovi ad essere maestri
della fede. In particolare si sofferma sulle Facoltà teologiche, rilevando che “la
fedeltà alla Chiesa e al magistero non contraddice la libertà accademica, ma esige
un umile atteggiamento di servizio ai doni di Dio”. Ancora, si augura che nell’Anno
giubilare della Misericordia, la Confessione e l’Eucaristia siano riscoperti da tanti
fedeli. Quindi, rivolge un accorato appello affinché la Chiesa non si stanchi mai
“di essere l’avvocata della vita” e non faccia mai “passi indietro nell’annuncio che
la vita umana sia da proteggere incondizionatamente dal momento del concepimento fino
alla morte naturale”. “Quanto grandi – avverte – sono le ferite che la nostra società
deve subire per lo scarto dei più deboli e più indifesi”, “tutti noi alla fine ne
porteremo le conseguenze dolorose”.
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