2015-11-13 15:47:00

Bagnasco: da Firenze una Chiesa "in uscita"


Non lasceremo cadere l’invito di Papa Francesco a prendere il largo con coraggio e a innovare con creatività: è quanto ha detto il cardinale presidente della Cei  Angelo Bagnasco, concludendo a  Firenze il quinto Convegno Nazionale della Chiesa italiana. “Lo stile sinodale – ha aggiunto - non è certamente una centralizzazione” ma “un convenire nel confronto e nel discernimento per individuare alcuni obiettivi che si ritengono più adatti da raggiungere" a livello nazionale, regionale e diocesano. Per il cardinale Bagnasco, il maggiore pericolo per la Chiesa è la "tiepidezza spirituale". A Firenze, la Chiesa italiana ha scelto di mettersi in gioco, in un impegno di conversione finalizzato a individuare le parole più efficaci, le categorie più consone e i gesti più autentici attraverso i quali portare il Vangelo nel nostro tempo agli uomini di oggi”. Ma non si parte da zero, perché c’è una continuità. Ascoltiamo il cardinale Angelo Bagnasco, al microfono del nostro inviato Luca Collodi:

R. – C’è una duplice continuità: la prima, il percorso dei Convegni ecclesiali o, se vogliamo, dei decenni dopo il Concilio per cui i vescovi italiani hanno deciso che per ogni decennio si davano una meta pastorale unitaria, scandita poi dai Convegni di metà decennio: questo è un cammino di sinodalità che la Chiesa in Italia, nel camminare insieme, ha avviato dal Concilio in poi. In questo senso c’è una continuità di metodo, di approccio … I contenuti, certo, cambiano di volta in volta. Il Santo Padre, in questo caso, ci ha molto spinto sulla via della missionarietà, che vuol dire “Chiesa in uscita”, della missionarietà, dell’annuncio del Vangelo e dell’attenzione alle molte indigenze o ferite o problematiche di questo nostro tempo che, rispetto a 50 anni fa, veramente ha fatto un veloce percorso, non sempre: a volte in meglio, a volte no … E quindi, sotto questo profilo c’è una continuità. C’è una continuità per cui non cominciamo da zero, perché il nostro popolo – al di là di tutti i cambiamenti, le difficoltà a livello diffuso, a livello mediatico eccetera, però nelle nostre parrocchie, nelle visite pastorali che i vescovi fanno, a contatto  con i nostri parroci, la gente, il nostro popolo semplice, vive una vita sana. Che vuol dire: con grandi difficoltà – spesso purtroppo di carattere economico-lavorativo oppure esistenziale: persone anziane, bambini malati e via discorrendo – però con grande dignità. E di questo, però, non emerge mai nulla! Ma la stragrande maggioranza del popolo italiano vive con questi sentimenti e con questa dignità interiore.

D. – Dal Convegno emerge anche un percorso di sinodalità: che cosa significa, questo, secondo lei? Che la Chiesa italiana potrà andare verso un Sinodo o altro?

R. – Sinodo – ci ha detto il Papa – vuol dire “camminare insieme” e quindi nel dialogo, nella vicinanza reciproca, pastori e popoli di Dio, e da questo stile sinodale che comporta degli atteggiamenti, un metodo, degli obiettivi ma anche delle verifiche, in questo stile sinodale può nascere qualunque cosa.

D. – La presenza della Chiesa italiana nel pubblico, resta invariata?

R. – Dev’essere sempre una presenza secondo le responsabilità di ciascuno. Il che non vuol dire ingerenza in niente, ma neppure ostracismo non appena la Chiesa, la voce dei pastori o dei laici, dice una cosa diversa da quello che l’opinione pubblica ritiene.

D. – Questo è un convegno che non si chiude qua, ma andrà verso il Giubileo?

R. – Certamente: andiamo verso il Giubileo attraverso le nostre diocesi, le nostre comunità che hanno anche un compito a casa che nasce proprio da questo convegno.

D. – Sulla vicenda di Montecassino lei che riflessione fa?

R. - Che la vicenda è tristissima, ma che non deve assolutamente oscurare la luce di tantissimi sacerdoti, pastori, religiosi e religiose che si dedicano per tutta la vita con dignità, con onore, con le loro fatiche personali al bene del popolo di Dio: non deve, questa luce, essere oscurata.








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