2015-11-11 13:35:00

Prato, Cisl: lavoriamo perché aziende cinesi si regolarizzino


Nel corso della sua tappa a Prato, Papa Francesco ha ricordato la tragedia che nel dicembre del 2013 provocò la morte di sette operai cinesi nell’incendio della fabbrica in cui lavoravano e dormivano. Il Pontefice ha parlato di tragedia dello sfruttamento e di lavoro indegno. A distanza di quasi due anni da quell’episodio cosa è cambiato nel distretto del tessile per i lavoratori cinesi? Elvira Ragosta lo ha chiesto a Stefano Bellandi, segretario della Cisl di Prato:

R. – Sono cambiati i controlli presso le aziende cinesi. La Regione ha fatto un investimento notevole in ispettori del lavoro, soprattutto della Asl, che hanno cominciato a controllare a tappeto le oltre cinquemila aziende cinesi presenti sul territorio: sta dando qualche piccolo risultato. Il lavoro degli ispettori, infatti, è veramente enorme.

D. – Quali sono i numeri delle imprese con titolari cinesi e delle società a conduzione mista italiana e straniera sul territorio? Che incidenza hanno sull’economia del settore?

R. – Sono oltre cinquemila le aziende a titolarità completamente cinese o anche mista. L’impatto è circa un 10-15% delle imprese sul territorio tessile.

D. – Cosa c’è ancora da fare nel comparto, per garantire condizioni ottimali di lavoro?

R. – Noi auspichiamo che la straordinarietà della messa in campo delle risorse fatta dalla Regione si stabilizzi, perché il distretto industriale pratese è un distretto molto ampio. Senza un adeguato numero di ispettori del lavoro e di controlli sulle imprese, difficilmente potremo arginare un fenomeno così microdiffuso. Stiamo vedendo che pure le imprese cinesi, specialmente quelle nuove che si stanno insediando, cominciano a pensare anche all’alloggio per i loro lavoratori, anche se il tasso di sindacalizzazione è ancora molto basso: solo a Prato la cifra è di circa 12 mila iscritti e i cinesi sono solo 17. Ovviamente, più le aziende cinesi stanno nell’ombra, se vogliono evadere, e più hanno margine di guadagno. Noi speriamo che le nuove generazioni possano installarsi in pianta stabile a Prato, quindi regolarizzarsi pian piano, rispetto alle imprese che aprono e chiudono nel giro di pochi mesi.

D. – Papa Francesco, ricordando quanto avvenuto a Prato nel dicembre 2013, ha parlato di tragedia dello sfruttamento e di condizioni inumane che non garantiscono un lavoro degno. Che effetto hanno avuto queste parole sulla città?

R. – Le parole del Papa hanno scosso sicuramente le coscienze. Il Pontefice ha dato una ventata di voglia di fare, di voglia di mettersi insieme per cooperare, per poter arginare e legalizzare le numerose aziende cinesi presenti sul territorio. Alcuni, infatti, lo stanno facendo e ci sono anche associazioni di categoria, come la Cna, che sta facendo proprio una politica di affiliazione di aziende cinesi. Noi dobbiamo andare in quel solco lì.

D. – A proposito del ruolo delle associazioni, dopo la tragedia c’è stato un patto tra Regione, associazioni di categoria, cui hanno preso parte appunto anche alcuni imprenditori cinesi. Qual è il passo ulteriore da fare per garantire migliori condizioni a tutti i lavoratori?

R. – Il patto è ai primi passi: dobbiamo convincere, parlare alle aziende cinesi, specialmente con aziende cinesi che si sono già regolarizzate, per far capire loro che è conveniente mettersi in regola: è conveniente se si vuole stare sul territorio, stare a determinate condizioni.

D. – Voi, come Cisl, come vi state muovendo e che tipo di difficoltà incontrate?

R. – Noi ci siamo mossi fin dai primi anni Novanta con i cinesi. Abbiamo fatto il primo tg multietnico in lingua cinese d’Italia. Abbiamo avuto risultati altalenanti: una prima fase in cui molti cinesi si rivolgevano ai nostri uffici per pratiche soprattutto legate a permessi di soggiorno e quant’altro, dopo di che sono scomparsi quasi completamente dalle sedi sindacali, perché si sono auto-organizzati. Quindi, la nostra azione è quella di cercare di stimolare le persone che incontriamo, rendendole edotte su quali siano i loro diritti. Ci sono anche delle convenienze a essere in regola. Dopo la tragedia, qualcuno nel primo periodo è venuto anche a denunciare alcuni abusi subiti. Molti, però, sono ricattati e quindi è molto difficile cercare di scardinare il meccanismo perverso che regna ancora in molte aziende cinesi.








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